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"Come CGIL riteniamo urgente e necessario realizzare la riforma della rappresentanza militare consentendo ai militari la piena libertà di associazione sindacale..." lo ha ribadito Gianna Fracassi, segretaria Confederale della CGIL in occasione del Presidum dell'Euromil che si svolge a Roma oggi e domani.
Riportiamo il testo integrale dell'intervento.
"Prima di tutto, vorrei ringraziare Euromil e il suo signor Jacob e Assodipro e il suo presidente, il signor Ammiraglia per l'invito. Benvenuti in Italia a tutti i partecipanti a questo incontro.
Non è un buon momento per l'Italia, come sapete, non è un buon momento per l'Europa. Nel nostro paese ci sono grandi problemi economici, disoccupazione elevata. Mentre siamo qui, non molto lontano da Roma, in una piccola città, chiamata Terni si sta svolgendo una manifestazione e lo sciopero generale perché un grande stabilimento siderurgico rischia di chiudere. Se questa società chiude molti lavoratori saranno licenziati e l'Italia perderà un importantissimo insediamento produttivo. E la prossima settimana il sabato 25 ottobre ci sarà una grande manifestazione per il diritto ad essere reintegrati in caso di licenziamento illegittimo e per l'estensione dei diritti a tutti i lavoratori, compresi i lavoratori precari. Ieri è stata presentata la legge di Stabilità 2015 che comprende tagli pesanti per la sanità e lo stato sociale.
Questi alcuni elementi di contesto per capire cosa sta accadendo qui.
E' molto importante il tema che mi è stato affidato in questa giornata: il diritto di associazione in Italia.
E devo dire che è molto importante anche alla luce di quanto sta accadendo in questo paese in generale rispetto alle libertà sindacali e dire più in generale alle relazioni sindacali.
Nel nostro ordinamento la carta costituzionale all'articolo 52 della nostra Costituzione recita testualmente :
“ La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro né l'esercizio dei diritti politici. L'ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”
Quando questo articolo è stato scritto il nostro esercito era costituito attraverso il “ reclutamento della leva obbligatoria” con la quale, in via del tutto naturale, si è potuto realizzare quel collegamento importantissimo fra l'istituzione militare e la società civile.
Questo collegamento rappresenta nelle società democratiche un bene essenziale, uno strumento necessario per mantenere livelli di trasparenza e di controllo sull'operato di istituzioni che hanno per legge il monopolio dell'uso delle armi e della forza. Ma sappiamo tuttavia che neppure questo è sufficiente a garantire l'applicazione dei principi democratici indicati dalla costituzione.
A questa condizione ne va aggiunta un'altra altrettanto fondamentale: un ordinamento militare fortemente incardinato, nel suo funzionamento e nelle sue regole interne, sui principi democratici che regolano la società civile.
Proprio questo ultimo elemento, l'ordinamento della istituzione militare, ha presentato nel nostro paese elementi di scarsa trasparenza e di arretratezza dal punto di vista del riconoscimento delle libertà associative e individuali.
Eppure è facilmente intuibile che proprio dopo dopo la sospensione in Italia della leva obbligatoria ed il passaggio ad un esercito professionale l'attuazione dell'articolo 52 della Costituzione diventa ancora più importante.
Invece siamo di fronte al paradosso che quei diritti che in Europa sono da tempo ampiamente riconosciuti ancora non trovano in Italia alcuna legittimazione.
Di cosa sto parlando?
Il diritto alla libertà di pensiero e di espressione
Il diritto di riunirsi in associazione
Il diritto ad un equo processo anche in termini di disciplina militare
Il diritto a tutelare la dignità e la salute e la sicurezza sul lavoro
Il diritto ad una retribuzione dignitosa
È a noi del tutto chiaro che limitare il diritto di manifestazione del proprio pensiero ed ostacolare il diritto ad avere una associazione democratica impedisce di fatto ogni possibilità di realizzare pienamente quei diritti riconosciuti oltretutto costituzionalmente.
Eppure è questo che avviene concretamente nel nostro paese.
Avviene infatti ad esempio che in relazione alla richiesta di partecipazione di alcuni militari alla semplice presentazione di un libro o alla partecipazione ad un convegno sulla evasione fiscale, lo Stato Maggiore di un' Arma risponda formalmente ai richiedenti nel modo seguente:
“ In relazione alle richieste avanzate si comunica che, in conformità alle già note e consolidate indicazioni impartite dallo Stato Maggiore Difesa....l'eventuale partecipazione all'evento in oggetto deve avvenire:
-a titolo personale ( da intendersi a titolo privato- senza oneri a carico dell'amministarzione)
-in abiti civili
-esprimendo opinioni personali senza divulgare programmi e decisioni.....”
Avviene in un paese dove quanto previsto dall’articolo 39 della Costituzione, e cioè il diritto per ogni cittadino italiano, a prescindere dal suo status sociale, di organizzarsi liberamente per la tutela dei propri interessi nel lavoro, diritto di libertà, si dovrebbe applicare anche ai cittadini in uniforme, se non fosse che invece, il Codice dell'ordinamento militare impedisce ai militari italiani di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o addirittura aderire ad altre associazioni sindacali, nonché esercitare il diritto di sciopero.
Su questo, senza far riferimento alla diatriba giuridica che ha visto anche la nostra Corte costituzionale nel 1999 stabilire da una parte che ai militari devono essere garantiti gli stessi diritti a tutti gli altri cittadini italiani e che una compressione avrebbe dovuto tener conto del fatto che ai sensi dell’art. 52 della Costituzione l’ordinamento militare si deve conformare allo spirito democratico, di cui il diritto sindacale è uno dei cardini fondamentali. Purtroppo però la sentenza finale è andata esattamente in modo opposto.
E' il tema politico che mi interessa affrontare oggi.
In questi mesi è in discussione una riforma della rappresentanza militare. Vi sono state durante l'estate numerose audizioni presso la V° Commissione Difesa della Camera dei Deputati e alcune prese di posizione molto nette delle rappresentanze audite che indicano nella libertà di associazione sindacale il percorso da seguire. Ritengo che quel dibattito potrebbe essere l'occasione che dare al nostro paese un ordinamento al passo con i tempi. Come CGIL riteniamo urgente e necessario realizzare la riforma della rappresentanza militare consentendo ai militari la piena libertà di associazione sindacale.
Dico anche che purtroppo potrebbe diventare un occasione perduta.
Mi sembra però che il governo dia segnali diversi, segnali regressivi su questo terreno. E questo è il paradosso di un governo che invece agita il cambiamento e l'innovazione, almeno a parole, quale l'elemento di novità e di rottura rispetto al passato.
Qualche giorno fa la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con una sentenza importante ha stabilito il principio secondo il quale le restrizioni legislative al diritto di aderire o formare associazioni a carattere sindacale per i militari, devono limitarsi solo alla regolamentazione “dell’esercizio” del diritto in questione, e non devono mettere in pericolo l’essenza stessa del diritto di organizzarsi.
La Corte non accetta le limitazioni che interessano gli elementi essenziali della libertà di associazione in quanto il diritto di formare un sindacato e di aderirvi è uno degli elementi essenziali della libertà sancita dall’art.11 Cedu.
Faccio riferimento a questa sentenza perchè spero che, anche rispetto al dibattito parlamentare sulla rappresentanza, segni un elemento di cambiamento della discussione. Deve segnare un elemento di cambiamento.
Lo dic perchè l'Italia ha assunto responsabilità della Presidenza europea e si presenta purtroppo anche su questo terreno in grave ritardo rispetto ai processi di modernizzazione e di trasparenza che caratterizzano la vita delle Forze Armate e il loro rapporto con lo Stato nei paesi più avanzati del nostro continente.
Crediamo che anche in virtù di questa responsabilità che l'Italia ha assunto, il Presidente del Consiglio potrebbe cogliere questa sentenza per colmare queste irragionevoli e anacronistiche distanze accogliendo le giuste e sacrosante istanze che da tempo i nostri militari pongono alla attenzione della politica.
Auspichiamo che finalmente si comprenda come il processo di democratizzazione possa rappresentare una risorsa per il paese e parte integrante del processo più generale di riforma delle forze armate. Processo di riforma che sappia coniugare diritti, tutele economiche e crescita professionale dei militari, razionalizzazione della spesa ed efficienza operativa.
Non posso fare a meno di ricordare che a proposito del diritto ad avere una retribuzione dignitosa è per noi inconcepibile l'atteggiamento di una amministrazione dello stato che ormai da anni mantiene il blocco della contrattazione e degli stipendi insieme ad una sistematica riduzione del personale.
La lotta per sbloccare gli stipendi, con una dura protesta delle rappresentanze delle forze militari e della polizia, ha prodotto un risultato e ha evidenziato ancora di più la necessità di cambiare e di garantire piene libertà di associazione.
E mentre aspettiamo di verificare che nella legge di stabilità, siano confermate le promesse del Presidenze del Consiglio, non possiamo fare a meno di segnalare che però quella stessa legge contiene una riduzione numerica sia delle rappresentanze nazionali delle forze armate, delle risorse per farle funzionare oltre che la cancellazione di alcune agibilità sindacali per le Forze di polizia.
Infine i campi sui quali come Cgil è urgente e necessario agire:
- Promuovere una maggiore trasparenza nelle informazioni relative alle scelte e alla attività delle forze armate.
- Avviare un processo di riforma dello strumento militare operando sulla via della razionalizzazione della sua organizzazione, delle competenze, della integrazione e una razionalizzazione della spesa in armamenti ( Esempi di fenomeni di corruzione, di tangenti ecc.)
- Garantire un processo di democratizzazione delle Forze Armate. La limitazione delle libertà hanno generato e generano tutt'ora, guasti morali, economici e democratici.
Dobbiamo iniziare da una seria riforma della rappresentanza militare in modo da garantire a questa il pieno esercizio di parte sociale e il pieno diritto associativo e perseguire una maggiore trasparenza riconsegnando al Parlamento la piena titolarità delle decisioni e dell'orientamento nelle scelte strategiche nell'ambito della difesa del nostro paese.