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Anche il secondo tentativo di fare cassa con le pensioni è stato bocciato. È del 17 febbraio scorso la notizia che la Corte dei conti ha rinviato alla Corte costituzionale, per sospetta illegittimità, il «contributo di solidarietà» introdotto dal governo di Enrico Letta sulle pensioni superiori a 90 mila euro lordi l'anno. Il provvedimento, introdotto nella legge di Stabilità 2014, faceva seguito alla bocciatura (per incostituzionalità) di un provvedimento analogo, varato dall'ultimo governo di Silvio Berlusconi e perfezionato da quello di Mario Monti. Con alcune astuzie procedurali, Letta aveva cercato di evitare una nuova bocciatura. Ma il ricorso di un gruppo di pensionati pubblici (magistrati, militari, docenti, dirigenti) ha convinto la Corte dei conti che, colpendo soltanto i pensionati con il cosiddetto «contributo di solidarietà», si violano due articoli della Costituzione, il 3 (tutti i cittadini «sono eguali davanti alla legge») e il 53 (le imposte vanno commisurate alla «capacità contributiva»).

La posta in gioco è modesta sul piano finanziario (93 milioni di euro, somma di scarso peso sul bilancio statale), ma rilevante sul piano politico. In pratica, un macigno sul progetto di fare cassa con le pensioni sopra i 3 mila euro lordi al mese, come aveva proposto l'economista Tito Boeri prima di diventare presidente dell'Inps. Recentemente  la Repubblica ha rispolverato il progetto Boeri, spiegando che un taglio del 10% sugli assegni sopra i 3 mila euro farebbe risparmiare allo Stato 4 miliardi l'anno. Un'idea condivisa da Yoram Gutgeld, consigliere economico di Matteo Renzi, che però ha lasciato finora piuttosto freddo lo stesso premier.

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Attualità e Politica