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Come è noto sono in discussione in Parlamento alcuni progetti di legge relativi alla riforma dello strumento di tutela professionale del personale e sul riconoscimento della libertà di associazione nell'ambito delle forze armate; materia su cui sono intervenute recentemente due importanti sentenze della Corte di Strasburgo, con cui è stata sanzionata la legislazione francese (Matelly vs France (no. 10609/10) e Adefdromil vs France (no. 32191/09)), per il divieto imposto ai militari francesi di costituire associazioni professionali.
La Commissione Difesa della Camera ha deliberato di istituire un comitato ristretto per il seguito dell’iter della varie proposte di legge, in sede referente e, alla luce delle recenti sentenze della della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), in considerazione del fatto che queste presentano profili assai delicati e rilevanti anche per l'Italia, ha convenuto, di audire informalmente docenti universitari ed esperti. Tra i primi esperti è stato audito il prof. Giuseppe Cataldi, Ordinario di diritto internazionale all'Università degli studi di Napoli "L'Orientale", a cui abbiamo chiesto di divulgare il suo parere che - trattandosi purtroppo di audizioni informali - non è pubblicato negli atti parlamentari.
Resta l'interrogativo del perchè, su una materia così importante e dato il livello degli esperti, non si sia proceduto a rendere pubbliche le audizioni.
Nella sua relazione, argomentando i riflessi delle sentenze Cedu per gli Stati membri UE, il Prof. Cataldi conclude affermando che: "
"""" La formulazione dell’art. 1475 del Codice dell’ordinamento militare, affermando senza possibilità di equivoci, al secondo comma, che “I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali” appare pienamente conforme all’analoga previsione del codice della Difesa francese dichiarato incompatibile con l’art. 11 CEDU dalla Corte di Strasburgo nella sentenza Matelly c. Francia. E’ infatti il divieto assoluto ad essere stato censurato, pur concedendo la Corte la possibilità agli Stati di procedere, “per la specificità delle missioni che incombono alle forze armate”, ad un “adattamento dell’attività sindacale”. Le restrizioni eventuali “non devono tuttavia privare i militari ed i loro sindacati del diritto di associazione per la difesa dei loro interessi professionali e morali” (par. 56 – 58 e 71 della sentenza). Come si è avuto occasione di ricordare, la Corte ha precisato che le iniziative dello Stato francese a favore dei militari, con assunzione di responsabilità in merito alle preoccupazioni morali e materiali di tali suoi dipendenti, pur commendevoli, non possono considerarsi come attuazione dell’art. 11 e quindi sostituirsi validamente al diritto ivi garantito. Ne consegue che, ad avviso di chi scrive, anche gli art. 1476 e seguenti del codice dell’ordinamento militare italiano non hanno questa idoneità, non bastano cioè a ritenere soddisfatte, nella specie, le esigenze dell’art. 11 CEDU. Ne deriva l’obbligo anche per lo Stato italiano di trarre dalla sentenza in esame tutte le conseguenze al fine di conformare l’ordinamento italiano alle esigenze della CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo, in tal modo conformandosi all’art. 1 della Convenzione stessa, nonché alla giurisprudenza costituzionale citata..."""
Ringraziamo il Prog. Cataldi - per la sua cortese disponibilità.
in allegato il parere.