Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Riflessioni sul libro intervista di Luigi Notari dal titolo “Al di sotto della legge”. L’Autore sottolinea che la riforma della Polizia è stata possibile grazie al fatto che tutti coloro che  erano  promotori di un cambiamento avevano progressivamente ottenuta la solidarietà fattiva non solo di altre categorie di lavoratori  ma anche di Partiti politici, di associazioni varie, nonché di intellettuali, insomma si andava esercitando una vera e propria elaborazione collettiva sulle tematiche della sicurezza democratica. 

 

Di Vincenzo Vacca

 

Abbiamo avuto modo di leggere l’interessante libro intervista di Luigi Notari dal titolo “al di sotto della legge”.

E’ stata davvero una illuminante lettura, in quanto il libro tenta, riuscendoci, di fare una ricostruzione storica del vasto movimento di opinione pubblica, del quale i cosidetti “poliziotti carbonari” ne costituivano il principale cardine, che riuscì ad ottenere la riforma di un pezzo importantissimo degli apparati di sicurezza dello Stato democratico.

Tale riforma fu ottenuta nonostante che erano anni caratterizzati drammaticamente dalla violenza politica di cui il terrorismo rosso e lo stragismo neofascista erano gli  aspetti più eclatanti e funebri che generarono, tra l’altro, tanta paura e ansia collettiva. Come dice Notari, “non era una situazione facile. C’era chi lo utilizzava strumentalmente per impedire i cambiamenti, ma ormai lo spirito riformista non poteva essere fermato”. Più avanti aggiunge “tra i  corpi armati, la polizia era quello più permeabile ai cambiamenti della società. Sul finire degli anni settanta ci fu, inoltre, una saldatura sociale inedita tra cittadinanza e polizia. Oltre alla situazione storica, ci fu anche il riconoscimento reciproco di essere tutti lavoratori… smilitarizzare il corpo per combattere la separatezza dalla cittadinanza, questo l’importante obiettivo… anche negli altri corpi armati qualcosa si stava muovendo. In quel decennio, nell’esercito c’erano i Proletari in divisa (vicini a Lotta Continua), nella Guardia di finanza i Finanzieri democratici, che erano molto forti. Ma il vento del cambiamento non portò, per loro, una vera riforma… per la Polizia, invece, il 1981 era dietro  l’angolo con grandi novità in serbo. Sarebbe passato alla storia per l’approvazione della riforma, la legge 121, che riorganizzava lo status e la struttura della polizia di Stato.””” Notari, dopo aver indicato in modo efficace le varie tappe legislative, ammette che “presto si è perso lo spirito e con il passare dei mesi si è tornati indietro. Il risultato è che l’attuale polizia  è solo formalmente civile. Successivamente, Notari rispondendo a una specifica domanda dell’intervistatore – Mauro Ravarino – e cioè cosa interruppe lo spirito riformatore, risponde “anzitutto la paura di contaminazione da parte degli altri corpi. L’Arma dei Carabinieri, per esempio, o la guardia di finanza che, nonostante un forte movimento democratico, non è riuscita a  smilitarizzarsi e tuttora rimane, probabilmente,  l’unico corpo di polizia tributaria militare in Europa”.

Su questo specifico punto, occorre, noi crediamo, fare delle riflessioni critiche. Come è stato già fatto emergere, l’Autore sottolinea che la riforma della Polizia è stata possibile grazie al fatto che tutti coloro che  erano  promotori di un cambiamento avevano progressivamente ottenuta la solidarietà fattiva non solo di altre categorie di lavoratori (basti ricordare che la CGIL, CISL e UIL indirono un’ora di sciopero generale nazionale per chiedere al Legislatore la riforma della Polizia) ma anche di Partiti politici, di associazioni varie, nonché di intellettuali, insomma si andava esercitando una vera e propria elaborazione collettiva sulle tematiche della sicurezza democratica. Questo vasto e sinergico movimento di opinione pubblica ha avuto non solo il merito storico di ottenere la riforma di cui stiamo parlando mettendola al centro del dibattito pubblico e politico. Ha evidenziato, anche e soprattutto, la necessità che il servizio sicurezza non rimanesse solo confinato in un dibattito tra addetti ai lavori ma diventasse, come di fatto avvenne ( purtroppo per poco tempo) un fondamentale volano di approfondimento e di maturazione democratica di tutti i protagonisti, costituendo così un importante fattore di coesione sociale. E’ chiaro che quella felice esperienza democratica si inseriva perfettamente in una stagione politica e culturale molto feconda che ha prodotto una serie di riforme in vari e diversi ambiti del nostro Paese (la legge Basaglia, la riforma della famiglia, lo Statuto dei lavoratori, la legge che riconosceva il divorzio etc.), nonostante i gravissimi fatti di sangue sopra ricordati. 

Gli iniziali promotori di queste riforma avrebbero ottenuto poco o nulla, se non ci fosse stata  questa corale mobilitazione che abbiamo sopra sottolineato.

Come noto, la situazione del Paese è cambiata completamente. Si è consumata definitivamente quella che Pasolini aveva definito il cambiamento antropologico degli italiani e questo ha avuto riflessi in tutti i campi e, quindi, anche in quello della ulteriore democratizzazione degli apparati dello Stato con forti ricadute anche nella stessa riformata Polizia. Infatti lo stesso Notari racconta nel libro tutta una serie di episodi che facevano a pugni con l’originario spirito riformatore.

Conseguenzialmente, gli appartenenti agli altri Corpi di polizia non ancora riformati che provavano a proseguire il processo democratico in argomento sono rimasti isolati nell’indifferenza generale. Non hanno avuto la solidarietà necessaria sia da parte dell’opinione pubblica, sia da parte di quelle stesse Forze politiche e sindacali che pure tanto avevano fatto per rinnovare la Polizia e, quindi, tutto  si è bloccato con nocumento non solo dei Corpi di Polizia a ordinamento militare ma anche, inevitabilmente, della Polizia di Stato.

In una fase storica nella quale veniva colpita la centralità del lavoro, avveniva una forte caduta corporativa di tutte le categorie dei lavoratori, nessuna esclusa.

Certo, l’onda lunga di quella stagione degli ’70 ha avuto dei riflessi positivi nella mentalità e nella vita interna dei Corpi militari, ma sicuramente insufficienti. C’è stata la creazione del Comparto Sicurezza, ma ha una valenza solo nella contrattazione stipendiale e normativa e anche con tutta una serie di contraddizioni, basti pensare che mette insieme soggetti collettivi certamente simili, ma con ordinamenti interni completamenti diversi. Indubbiamente non rappresenta efficacemente, pur provandoci, un polo di irradiazione per l’intero mondo del lavoro di valori  di solidarietà e di approfondimento vero delle tematiche connesse alla Sicurezza  democratica e alla legalità fiscale.

Le stesse annunciate riforme del Governo afferenti i Corpi di Polizia, indipendentemente dal giudizio che se ne dà, costituiscono un tipico esempio di riformismo dall’alto, senza un qualsiasi approfondimento.

Emerge, pertanto, la necessità di una svolta nella direzione indicata dai “poliziotti carbonari”, facendo tesoro delle luci e delle ombre che si sono manifestate in questi decenni.

Concludiamo, invitando tutte e tutti a leggere il libro di Notari che è sicuramente  prezioso per chi voglia sapere qualcosa in più sia delle tappe del processo storico/politico che ha partorito la legge 121, sia delle questioni di fondo attinenti a questa importante legge.

 

Vincenzo Vacca

Segretario nazionale Ficiesse

Argomento: 
Polizia di Stato