Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Il sottosegretario ALFANO alla Difesa Alfano risponde all'interrogazione n. 3-01954, a firma del senatore Marton ed altri, e relativa alle disposizioni in materia di congedi parentali per il personale militare, rilevando che la Direzione generale per il personale militare, a conclusione di approfondite valutazioni, ha impartito, il 22 luglio 2015, le direttive per rendere effettiva anche l'applicazione del principio espresso dall'articolo 40, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 151 del 2001.

            In tal senso, conformemente all'orientamento consolidato nella giurisprudenza, il diritto ai riposi giornalieri compete al militare padre anche in tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente in capo alla madre: quindi non solo nel caso della madre che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche in quello della madre che non svolga alcuna attività lavorativa o che, comunque, svolga un'attività non retribuita da terzi (come il caso della casalinga)....Di seguito il testo dell'Interrogazione e la Risposta del governo:

 

Atto n. 3-01954 (in Commissione) 

Pubblicato il 3 giugno 2015, nella seduta n. 458
Svolto nella seduta n. 145 della 4ª Commissione (16/09/2015)

MARTON , SANTANGELO , CRIMI - Al Ministro della difesa. -

Premesso che:

il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternitàà, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53", all'articolo 39 (Riposi giornalieri della madre) ha disposto: "1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. 3. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa», mentre all'articolo 40 (riposi giornalieri del padre) ha disposto: «I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre";

il Ministero della difesa, Direzione generale per il personale militare, tramite circolare, prot. n. M_D GMIL 0080676 del 12 febbraio 2015, ha trasmesso il "Compendio delle disposizioni in materia di tutela della maternità e paternità e congedi per eventi e cause particolari" che, al paragrafo 7 (Riposi orari giornalieri dei genitori) dispone: "mentre il diritto della madre è sempre invocabile dalla stessa, il militare padre può fruire del beneficio in argomento nei seguenti casi: qualora il bambino sia affidato al solo padre; in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non si avvalga di tale diritto; qualora la madre non sia lavoratrice dipendente (e, cioé, quando la madre sia una lavoratrice ma non abbia la qualifica di dipendente, vale a dire sia una lavoratrice autonoma, libera professionista, ecc..); in caso di morte o di grave infermità della madre";

il Consiglio di Stato, sezione terza, nella sentenza n. 4618/2014 del 19 giugno 2014, ritiene "non equivoca la formulazione letterale della norma, secondo la quale il beneficio spetta al padre, "nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente". Tale formulazione, secondo il significato proprio delle parole, include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: dunque quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o comunque svolga un'attività non retribuita da terzi (se a quest'ultimo caso si vuol ricondurre la figura della casalinga),

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga urgente intervenire presso la Direzione generale del personale militare per rendere effettiva l'applicazione del principio disposto dalla norma citata alla lettera c), nonché affermato anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato.

 

La risposta del sottegretario Alfano

 

Il sottosegretario ALFANO risponde all'interrogazione n. 3-01954, a firma del senatore Marton ed altri, e relativa alle disposizioni in materia di congedi parentali per il personale militare, rilevando che la Direzione generale per il personale militare, a conclusione di approfondite valutazioni (a seguito di sollecitazioni del vertice politico), ha impartito, il 22 luglio 2015, le direttive per rendere effettiva anche l'applicazione del principio espresso dall'articolo 40, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 151 del 2001.

            In tal senso, conformemente all'orientamento consolidato nella giurisprudenza, il diritto ai riposi giornalieri compete al militare padre anche in tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente in capo alla madre: quindi non solo nel caso della madre che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche in quello della madre che non svolga alcuna attività lavorativa o che, comunque, svolga un'attività non retribuita da terzi (come il caso della casalinga).

            Ciò premesso, osserva che, per una migliore comprensione della questione, può essere utile richiamare quanto prescritto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità),il quale garantisce le lavoratrici madri durante il primo anno di vita del bambino (articolo 39), e riconosce diritti in capo al padre lavoratore in quattro casi (articolo 40): quando i figli sono affidati al solo padre; quando la madre lavoratrice dipendente non si avvale dei riposi; nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente e  nel caso di morte o di grave infermità della madre.

            Nel dettaglio, in relazione alla terza ipotesi richiamata dal citato articolo 40, la circolare oggetto dell'interrogazione aveva specificato che il militare padre potesse usufruire del riposo giornaliero qualora la madre non fosse lavoratrice dipendente (cioè quando la madre risultasse lavoratrice ma non avesse la qualifica di dipendente, vale a dire fosse una lavoratrice autonoma, libera professionista). Il predetto atto, inoltre, aggiungeva esplicitamente che il diritto non competeva al militare padre nel caso in cui la madre non svolgesse alcuna attività lavorativa.

            Sulla materia, nel tempo, sono peraltro intervenute alcune decisioni del Consiglio di Stato, a partire dalla  n. 4293 del 6 giugno 2008, nella quale l'organo di giustizia amministrativa si era espresso favorevolmente sull'ammissibilità del riposo giornaliero del padre lavoratore nell'ipotesi in cui la madre fosse casalinga. Inoltre con altra decisione (n. 4618 del 19 giugno 2014), la terza sezione del Consiglio di Stato aveva confermato quanto enunciato nella sentenza del 2008, precisando, inoltre, che la formulazione letterale della norma era sufficientemente chiara includendo tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente.

            Sulla base di quanto espresso nelle decisioni citate risulta pertanto possibile affermare che la posizione assunta dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale circa la fruizione dei permessi del padre nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente sia consolidata stabilendo, quindi, per assimilazione a tale categoria, anche la lavoratrice casalinga.

            Di diverso avviso quanto espresso in sede consultiva dal medesimo Consiglio di Stato nel parere della Sezione I, n. 2732 del 2009 richiamato, tra l'altro, anche nella sopra citata decisione n. 4618 del 2014. Tale parere (secondo cui la ratiodell'istituto è quella di attendere a tutti i compiti connessi con l'assistenza del bambino nel primo anno di vita, con il centro dell'attenzione della tutela legislativa attestata, quindi, sul minore) aveva infatti suggerito che non potesse essere compresa tra le attività lavorative autonome anche quella della casalinga, atteso che proprio la casalinga dedica il suo impegno alle cure della vita familiare.

            L'oratore rileva infine che sulla materia è di recente intervenuto anche il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 recante misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro (in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183). Tale provvedimento è stato concepito con una logica di tipo espansivo verso il sostegno alla genitorialità e la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e, pur non incidendo direttamente sull'istituto del riposo giornaliero, disciplina in senso migliorativo numerosi altri istituti quali, tra gli altri, il congedo obbligatorio (esteso al caso di parto prematuro) e la corresponsione dell'indennità dimaternità (estesa al padre libero professionista, in alternativa alla madre e alle libere professioniste anche nel caso di adozione o affidamento di minore che abbia superato i sei anni di età).

 

 

Argomento: 
Circolari