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C’era un volta l’Italia in cui fare il poliziotto significava salari miseri e tanti sacrifici. Un’Italia in cui per fare il poliziotto bastava terminare il servizio militare, non essere comunista, non avere precedenti e firmare la domanda. Un’Italia in pieno boom economico in cui il mestiere del poliziotto era poco appetibile e le forze di polizia reclutavamo “braccia fedeli” più che teste responsabili e pensanti ed erano, di fatto, considerate un ammortizzatore sociale.
Poi arrivarono gli anni settanta, i moti giovanili, il terrorismo, gli anni di piombo. Il paese si rese conto che l’apparato di sicurezza era inefficace: isolato, reazionario e culturalmente inadeguato. Ci fu la riforma del 1981: polizie più aperte, culturalmente più attrezzate, più dialoganti e ovviamente meglio pagate per attrarre i nuovi profili richiesti. Era il tentativo di trasformare le Forze dell’ordine da “polizie del sovrano” a “polizie del cittadino”.
Quella legge ha funzionato solo a metà. Gli stipendi, i diritti e le condizioni di impiego del personale delle forze dell’ordine sono stati adeguati, cultura e organizzazione no! Anzi dagli anni novanta in poi si è assistito ad una pericolosa inversione di quel processo. Basterebbe dare un’occhiata ai fatti di cronaca, alle manifestazioni ed ai “social”.Basterebbe guardare un po’ più da dentro il mondo delle forze dell’ordine per capire che dietro il retorico termine di “specificità” si si è spesso nascosta l’intenzione di tornare indietro.
Una democrazia moderna, matura e consapevole pretende forze dell’ordine preparate, responsabili e indipendenti e non solo reattive, soprattutto nel settore della sicurezza economico-finanziaria. Servono braccia, uomini e mezzi, ma serve anche gente con la testa sulle spalle, senso civico, senso del dovere ed una cultura adeguata.
E’ da lì che bisogna ripartire per riformare le forze di polizia. Da quel lato della Legge 121/1981 che doveva rappresentare il “cuore” della riforma che è stato progressivamente abbandonato. Teniamo sempre presente che negli anni settanta, la tematica della sicurezza democratica appassionava il fior fiore di intellettuali, accademici, politici, poliziotti e sindacalisti. Tematiche di cui oggi, purtroppo, nessuno parla più!
Proprio in questi giorni, il 2 novembre, ricorre l’anniversario dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini che, in modo assolutamente controcorrente, si schierò apertamente con i poliziotti negli scontri di Valle Giulia.
Anche questo Governo, come i precedenti, sta affrontando l’argomento sicurezza solo dal punto di vista finanziario, senza tener conto di tutto il resto. In questo senso, la delega Madia parla chiaro: risparmi, razionalizzazioni, carriere appiattite basate su fedeltà ed anzianità e militarizzazione del Corpo Forestale. Quest’ultima operazione è la dimostrazione plastica della contro riforma delle forze di polizia. Stabilire senza alcuna remora che una forza di polizia possa essere tranquillamente rimilitarizzata, dimostra una assoluta indifferenza rispetto alle questioni sopra richiamate.
Occorre capovolgere questo approccio. Qualsiasi “riordino” delle FF.PP. deve mettere al primo posto la tutela del cittadino.
Vincenzo Vacca - Segretario Nazionale Ficiesse