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Altra pronuncia del Tribunale contro il blocco della contrattazione nel pubblico impiego. Il sindacato Confsal Unsa, infatti, fa sapere che il Tribunale di Parma, con sentenza depositata il 17 marzo, ha riconosciuto "l'illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva a partire dal 30 luglio 2015 nei limiti e nei termini della sentenza della Corte Costituzionale".
Il giudice "condanna il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento dei compensi di lite, liquidati in 885,00 euro per la fase di studio, 740,00 euro per la fase introduttiva e 1.925,00 euro per la fase decisoria, oltre rimborso forfettario, Iva e Cpa".Come si ricorderà con la sentenza n. 178/2015 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di un ulteriore congelamento dei rinnovi, affermando che i dipendenti pubblici hanno diritto al rinnovo contrattuale dal 30 luglio 2015, cioè dal giorno successivo alla pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» .
Cominciano a moltiplicarsi le pronunce dei tribunali che ribadiscono questo principio, in contrasto con i calcoli governativi che invece puntano al rinnovo dal 1° gennaio 2016. Questa volta è il Tribunale di Parma, che con una recente sentenza che pubblichiamo in allegato per gli abbonati, dichiara «l'illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva a partire dal 30 luglio 2015», ritornando su un principio già espresso dai giudici di Reggio Emilia . Con questi presupposti, che portano alla condanna del pagamento delle spese processuali a carico del datore di lavoro pubblico, si pongono le premesse anche per un possibile riconoscimento del danno da mancato rinnovo nel periodo "aperto" dalla Consulta.
Lo schema seguito a Reggio Emilia e Parma, con il ricorso presentato da un gruppo di dipendenti dello stesso tribunale seguiti dalla Confsal-Unsa, ripropone il meccanismo che a suo tempo ha spinto la questione alla Consulta, e che ha portato quindi alla dichiarazione di illegittimità di un nuovo blocco contrattuale.
Fin qui i prinicipi di diritto, anche se naturalmente passare ai fatti non è facile. La convocazione all'Aran del tavolo finale per la definizione dei comparti, annunciata nelle scorse settimane, è tornata nell'ombra, e la riduzione da 11 a 4 delle aree del pubblico impiego è la premessa indispensabile per far ripartire i rinnovi. Superato questo ostacolo, ci sarà poi da affrontare il tema spinoso delle risorse: questione che diventa ancora più ostica se gli effetti in busta paga devono partire dal 30 luglio 2015 e non dal 1° gennaio 2016.