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Come previsto, superato con mille difficoltà lo scoglio della riduzione dei comparti, i sindacati rilanciano al governo la palla sul rinnovo dei contratti pubblici e arriva la prima evocazione ufficiale dello sciopero. A breve, quindi, anche se dal governo si lavora all'ipotesi di un incontro con i sindacati per avviare le trattative sia sul contratto sia sul testo unico del pubblico impiego, atteso entro l'estate.
Dopo l'accordo sui comparti
Gli ingredienti della tempesta perfetta, del resto, ci sono tutti. L'accordo che riduce da 11 a 4 i comparti .L'accordo chhe riduce da 11 a 4 i comparti (vedi allegato) è stato accettato dai sindacati per uscire dall'angolo, dopo le tante dichiarazioni governative che attribuivano proprio alla mancata intesa il ritardo nella ripartenza della macchina contrattuale. Ora che l'accordo è stato firmato, e segue l'iter per il via libera finale, emergono però tutti gli altri problemi, a partire dalla dotazione di 300 milioni di euro (più i fondi "autonomi" di regioni ed enti locali) a disposizione per il rinnovo, cifra che i sindacati in coro hanno già più volte giudicato «insufficiente».
Non solo. Oltre ai comparti, tra le norme della legge Brunetta che entrano in vigore con la ripresa della contrattazione ci sono le famose tre fasce di merito, che dovrebbero concentrare sui dipendenti giudicati più efficienti le risorse per la produttività, tagliando i premi a chi ottiene i giudizi meno brillanti. Con i mini-aumenti in programma, però, la conseguenza sarebbe di fatto una riduzione di stipendio per una parte degli statali, quelli caratterizzati dalle pagelle più opache in base a sistemi di valutazione ancora tutti da costruire, in una prospettiva sicuramente indigesta per i sindacati. Nel domino della questione statali, però, entra anche la riforma Madia: a Palazzo Vidoni si lavora infatti al nuovo testo unico del pubblico impiego, annunciato per le prossime settimane, e sarebbe difficile iniziare ad attuare la riforma Brunetta alla vigilia di una nuova riscrittura delle regole. Il cerchio, però, si chiude con i problemi di calendario: la sentenza n. 178/2015 della Corte Costituzionale che ha imposto di superare il blocco è stata pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 29 luglio, e i tribunali hanno cominciato a dichiarare l'illegittimità del mancato rinnovo dal 30 luglio, e non dal 1° gennaio 2016 come nei programmi governativi. Il rebus, insomma, è completo.
Fonte Il Sole 24 ore