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di Daniele Tissone - Segretario generale sindacato di polizia Silp Cgil -
I poliziotti italiani di oggi non sono poi così diversi da come Pasolini e Di Vittorio li descrivevano anni orsono. "Lavoratori come gli altri, figli dei poveri, delle periferie urbane e contadine, in gran parte del sud, servitori dello Stato eppure cittadini di serie B". Due grandi protagonisti della vita culturale, politica e sindacale del '900 avevano compreso e cercato di far comprendere agli italiani cosa c'era dietro quelle divise logore che per molti, specialmente negli anni della contestazione, rappresentavano il nemico.
Oggi i poliziotti non provengono solo dal sud e non sono più figli dei poveri, ma rischiano di diventare i nuovi poveri se è vero, come è vero, che da 7 anni non è stato rinnovato loro il contratto di lavoro e che, in molti casi, devono mantenere una famiglia, pagare un mutuo e sopravvivere al caro vita delle grandi città con 1.200/1.400 euro al mese, soggetti anche a doveri e obblighi non riscontrabili presso le altre categorie di lavoratori. Problemi che li accomunano agli operai, agli impiegati e alla gran parte del mondo del lavoro che vive oggi, per via della crisi economica che continua a mordere, una situazione difficile e complessa.
Chi, come noi del Silp Cgil, rappresenta i poliziotti democratici è ben consapevole che le difficoltà della nostra professione aumentano se il benessere complessivo della società risulta in diminuzione, se ci sono persone che soffrono per la perdita di un posto di lavoro o perché non hanno diritti, per non parlare dei profughi e dei migranti. Inoltre, per i lavoratori in divisa, aumentano, soprattutto, i carichi di lavoro con una sempre più pervicace burocrazia negli uffici, con sempre meno ore di straordinario a disposizione, con impieghi continui e stressanti dovuti alle tante, troppe emergenze da affrontare con i pochi mezzi esistenti, le criticità vecchie e nuove sul fronte della criminalità organizzata e non solo, senza parlare del contrasto all'imprevedibile quanto temibile terrorismo internazionale.
Tanti lavoratori in divisa, come il povero collega Diego Turra sono costretti a 52 anni a lavorare ancora nei reparti mobili della polizia, a svolgere servizi di ordine pubblico, sulle volanti, nelle autostradale o presso gli scali ferroviari come a bordo treno, nei difficili settori investigativi o nell'immigrazione, sottoposti a sempre più gravosi impieghi e a turni stressanti che possono avere conseguenze terribili. Proprio come è accaduto a Diego, stroncato da un infarto durante un delicato servizio di ordine pubblico a Ventimiglia dove, ancora una volta, a fronteggiarsi, per colpa delle mancate risposte della politica europea, c'erano disperati in fuga da guerre e miseria contro lavoratori in divisa che faticano ad arrivare alla fine del mese.
L'ultimo governo Berlusconi, in maniera scellerata e nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ha tradito anche chi lo ha votato tagliando 3 miliardi di euro al comparto sicurezza e soprattutto portando il turn over per le forze dell'ordine al 20 per cento: 1 solo poliziotto o carabiniere assunto ogni 5 pensionamenti. Va da sé che nel giro di pochi anni l'età media è aumentata sensibilmente, arrivando a 47 anni. Oggi, dopo una vita spesa in volante o in ordine pubblico, è ben difficile poter aspirare a compiti diversi quando mancano i ricambi con le annesse prospettive di miglioramento e quando, al personale, non viene più data l'opportunità di lasciare il servizio com'era un tempo costringendo le persone a permanere al lavoro fino a 60 anni e oltre.
Le 5.000 assunzioni previste dal governo renzi nel biennio 2015/2016, che non partiranno subito a causa dei lunghi tempi della burocrazia, sono una boccata di ossigeno, ma non possono sanare una situazione gravissima che si protrae da anni e per la quale servono risposte strutturali urgenti risolvibili solamente con l'immissione di ventenni dalla vita civile attraverso concorsi pubblici, come andiamo ripetendo, ormai, da fin troppo tempo.
Non si può morire di infarto a 52 anni per un servizio di polizia. Diego Turra era entrato in polizia come il padre, collega con il quale ho lavorato trent'anni orsono e venuto a mancare qualche anno fa. Un uomo buono, socievole, ben voluto dai suoi colleghi di reparto. I suoi colleghi mi hanno confermato che Diego aveva un'umanità fuori dall'ordinario, tratto comune di molti nostri poliziotti, e per questo mai e poi mai avrebbe voluto, come è avvenuto, che la sua morte venisse strumentalizzata dalla politica, da certa politica aggiungiamo noi, o divenisse un mezzo per giustificare sentimenti razzisti. Perché Diego era sempre dalla parte dei più deboli, interpretando al meglio lo spirito dei veri poliziotti che servono, tra mille difficoltà, il Paese, consapevoli della professione di aiuto che essi svolgono.
A nostro avviso, oggi più che mai diventa quindi prioritario mettere in campo, negli impieghi più gravosi e stressanti, personale più giovane che purtroppo, allo stato, rappresenta appena il 12 per cento della forza disponibile di tutti i corpi di polizia, garantendo stipendi adeguati e dignitosi a coloro che hanno svolto per anni questo impegnativo lavoro e che lo continuano a svolgere tuttora.
L'esecutivo Renzi è pertanto chiamato a una sfida importante alla ripresa dei lavori a settembre e deve dare risposte concrete alle domande di tutto il personale. Quello che registriamo purtroppo oggi è la mancanza , ancora una volta, di una strategia e di un disegno complessivo sul versante dei temi che riguardano la sicurezza del Paese e soprattutto rispetto al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle donne e degli uomini che vestono una divisa. Nella prossima legge di stabilità devono necessariamente essere allocate risorse congrue per il comparto sicurezza, in ragione di una emergenza terrorismo che non potrà che acutizzarsi e di un periodo di gravi tensioni sociali che vedrà ancora una volta in prima linea le lavoratrici e i lavoratori di polizia. In ragione di un contratto di lavoro e di un riordino interno delle carriere attesi da troppo tempo. In ragione, soprattutto, di un ripristino strutturale del turn over al 100 per 100, dopo i disastri degli esecutivi delle destre, perché non si può morire a 50 anni per un infarto causato da un servizio di ordine pubblico stressante e pericoloso. Una situazione,questa, che chi ha oggi responsabilità politiche e di governo deve affrontare senza ulteriori indugi e con risposte risolutive.