Tu sei qui
Ritorno dell'assegno a importo pieno per le pensioni di reversibilità che sono state decurtate per effetto della norma “anti-badanti” introdotta per contrastare i matrimoni di comodo. E corresponsione degli arretrati per gli assegni pagati dal 2012 in poi. Questa la decisione comunicata dall'Inps (circolare 178/2016 del 21 settembre) che prende atto della pronuncia di illegittimità pronunciata dalla Corte costituzionale nella sentenza 174/2016 depositata il 14 luglio in riferimento alla norma che ha introdotto la “tagliola”. Nel 2011, con effetto dall'anno successivo, è stato deciso di introdurre un deterrente, almeno sul fronte previdenziale, al crescente fenomeno di anziani (o anziane) pensionati che convolano a nozze con persone molto più giovani, con la conseguenza che quest'ultime, in caso di morte del congiunto, possono beneficiare della pensione di reversibilità per (probabilmente) molti anni, con un conseguente onere superiore al previsto per le casse pubbliche.
Quindi con il decreto legge 98/2011 si è stabilito che a fronte di un matrimonio tra un ultrasettantenne e una persona con almeno vent'anni di differenza, le pensioni di reversibilità liquidate dal 2012 in poi avrebbero potuto essere inferiori a quanto previsto normalmente, cioè il 60% dell'assegno del defunto. In particolare, a fronte della differenza di età ultraventennale e di un matrimonio che è durato meno di dieci anni, alle pensioni liquidate dal 2012 a oggi si è applicato un taglio del 10% per ogni anno mancante ai 10.
Per esempio, a fronte di un assegno di partenza di 1.000 euro, la reversibilità sarebbe dovuta essere di 600 euro. Ma con un matrimonio di 7 anni è scattato il taglio del 30% su 600 euro e quindi si è scesi a 420 euro. Se l'unione è durata solo 2 anni, il taglio è stato dell'80% e quindi l'assegno è stato ridotto a 120 euro. Gli effetti della norma di certo si sono fatti sentire sui diretti interessati, ma a livello macroeconomico le conseguenze sono state limitate. Secondo la relazione tecnica alla legge di conversione del decreto legge 98/2011, avrebbe riguardato circa 8.000 assegni l'anno, meno del 4% delle pensioni ai superstiti.
Per esempio, a fronte di un assegno di partenza di 1.000 euro, la reversibilità sarebbe dovuta essere di 600 euro. Ma con un matrimonio di 7 anni è scattato il taglio del 30% su 600 euro e quindi si è scesi a 420 euro. Se l'unione è durata solo 2 anni, il taglio è stato dell'80% e quindi l'assegno è stato ridotto a 120 euro. Gli effetti della norma di certo si sono fatti sentire sui diretti interessati, ma a livello macroeconomico le conseguenze sono state limitate. Secondo la relazione tecnica alla legge di conversione del decreto legge 98/2011, avrebbe riguardato circa 8.000 assegni l'anno, meno del 4% delle pensioni ai superstiti.
Comunque, per i giudici della Corte costituzionale la norma è illegittima perché legare la pensione di reversibilità alla differenza di età e alla durata del matrimonio è incoerente con la funzione di solidarietà che caratterizza questa prestazione previdenziale. Inoltre si deve tener conto dell'aumento dell'aspettativa di vita e dell'evoluzione del costume sociale e quindi non si può ipotizzare che tutti i matrimoni in tarda età siano dettati da ragioni economiche.
Dunque bocciatura senza appello per la norma “anti-badanti”. E d'ora in poi, come ufficializzato dall'Inps, non scatterà più la tagliola in caso di matrimonio inferiore ai 10 anni mentre per le pensioni liquidate dal 2012 a oggi si provvederà d'ufficio a ripristinare l'importo intero e a rimborsare la differenza sulle mensilità arretrate.
Il Sole 24 Ore