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La Sanità Militare ha il diritto ed il dovere di avere i migliori professionisti al proprio interno al fine di garantire ai propri uomini e donne con le stellette la migliore assistenza sanitaria possibile, soprattutto nei Teatri Operativi all’estero dove vengono impiegati e dove non c’è la possibilità di scegliere il sanitario a cui rivolgersi.
Stiamo vivendo un momento storico di grande fermento per la Sanità Militare dell’Esercito Italiano, diventata nell’ultimo periodo elemento di attenzione sia della componente politica che indirizza le FF. AA. sia dei massimi vertici che la dirigono. Un periodo di fermento e di attività che ha investito e sta interessando tutti il personale del Comparto: Infermieri, Medici, Aiutanti di Sanità, OTA, ecc
Recenti provvedimenti per personale Sanità
Il Capo di Stato Maggiore (SME) dell’E.I., nella premessa alla Direttiva “provvedimenti urgenti inerenti al personale della Sanità Militare dell’Esercito” del 18 dicembre c. a. ha specificato l’intenzione di voler apportare importanti miglioramenti per l’organizzazione e per il personale nel breve-medio periodo senza far ricorso a varianti normative. Tuttavia, l’auspicio è quello di lavorare a un più ampio disegno per giungere ad una riforma organica della Sanità Militare, attesa oramai da troppo tempo. C’è speranza da parte del personale sanitario.
Aiutanti di Sanità (A.Sa.) militari e civili
Tale figura è stata ricoperta da tanti validi militari sin dai tempi della leva i quali hanno contribuito ad assicurare la continuità operativa agli Enti militari sia ospedalieri che territoriali. Un ruolo talvolta ambiguo in quanto, con il progredire della Società, la figura è diventata obsoleta e superata da altre figure nate dalla necessità di adeguare l’offerta assistenziale ai differenti bisogni dell’utente. Per garantire un’assistenza sanitaria di qualità la Società ha provveduto ad istituire specifici percorsi di studi e di addestramento; si è investito e si investe nella formazione di tutte le figure che a vario titolo prendono in carico il paziente. Gli A.Sa. sono stati spesso impiegati impropriamente svolgendo mansioni spesso superiori al proprio profilo. Recentemente il Ministro della Difesa ha diramato una direttiva con la quale è stata azzerata la figura per il chiaro rischio di criticità sul fronte giudiziario. Ciò ha creato problemi di ordine organizzativo venendo a mancare un punto di riferimento all’interno dei Reparti che garantiva una certa continuità operativa, senza aver previsto nel contempo un numero adeguato di Operatori Socio Sanitari (OSS), l’unica figura in grado di assolvere alle mansioni necessarie. Problemi ci sono stati anche per il conseguente impatto sulla morale del personale interessato che si è visto all’improvviso spogliato del proprio ruolo, svolto magari da decine di anni, e ritrovatosi con il cambio di incarico in operatore informatico.
Alla luce della vicenda, il rischio che si sta correndo è che alla questione A.Sa. si dia una soluzione che potrebbe essere peggiore. Il tentativo che si sta perpretando è quello di riconoscere agli ex A.Sa. un cambio di denominazione in Operatore Tecnico Logistico Sanitario (OTLS) e di attribuirgli mansioni con cui gli vengono riconosciute capacità operative in tema di Igiene e Sicurezza, Assistenza e Cura, Organizzazione del Lavoro e Logistica, Supporto Sanitario, il tutto senza alcuna formazione complementare. Come chiarito dai Delegati COIR Com. Log. (organo di rappresentanza militare), che hanno predisposto un documento di proposta in cui si precisa che: “l’OTLS … una risorsa in grado di svolgere mansioni meramente infermieristiche e più puramente amministrative. Insomma, una figura a tutto tondo”. L’errore che si rischia è duplice in quanto, oltre al riconoscimento di competenze che solo l’Infermiere e il medico possono svolgere come la somministrazione di farmaci, posizionamenti terapeutici, ecc., si prevede che l’OTLS, per assolvere al compito proposto, non abbia bisogno di alcuna formazione poiché “… risulta già formato ed in possesso dell’expertise necessaria per espletare le mansioni rispondenti alle esigenze degli Enti”.
Il rischio è che, in questo momento di vorticosa attività consultiva tra il centro e la base per cercare di migliorare il comparto, anche questa assurda proposta possa essere presa in considerazione; tant’è che nella Direttiva del CSME del 18 dicembre, al par. 4.2 – Sottufficiali e Graduati di Truppa -, trattando la questione degli A.Sa., si specifica che “è allo studio una configurazione che vicari l’abolita figura professionale”.
È chiara la necessità da parte dell’Amministrazione Difesa di trovare un rimedio al problema, sia per far fronte al vuoto di organico venutosi a creare, sia per dare risposte alle richieste di tutela del personale da parte degli interessati. A tal riguardo, considerando la necessità da parte degli Enti non ospedalieri di poter continuare le attività addestrative di istituto (poligoni, lanci con il paracadute, voli, ecc.) in cui è prevista l’assistenza sanitaria con ambulanza e team di emergenza sanitaria, si potrebbe formare il personale ex A.Sa. con i corsi già previsti dalle Regioni per i volontari del soccorso. Con poche decine di ore, si permetterebbe a questa nuova figura che potremmo chiamare Soccorritore Militare in Emergenza di poter intervenire opportunamente avendo le capacità necessarie ad applicare le regole PTC di base; di mobilizzare, immobilizzare e trasportare il paziente; di gestire i presidi sanitari e di collaborare adeguatamente con il personale sanitario. Il tutto nel rispetto delle norme e soprattutto con una formazione adeguata allo scopo. Tali corsi potrebbero essere svolti nei luoghi di assegnazione degli interessati partecipando agli eventi per i soccorritori o autisti/soccorritori organizzati dalle tante associazioni di volontariato distribuiti su tutto il territorio nazionale. Contemporaneamente la Forza Armata potrebbe fare in modo che tali figure da qualificare come OSS frequentino i relativi corsi presso gli Enti sanitari militari o presso Enti civili vicini agli interessati, riconoscendo crediti formativi sia per la qualifica di A.Sa (già previsto) che per la qualifica di Soccorritore in Emergenza Sanitaria.
Per quel che riguarda le esigenze degli Enti militari di ricovero e cura, la necessità di garantire la continuità assistenziale potrebbe giustificare il ricorso ad incarichi esterni a tempo determinato, in attesa che gli ex A.Sa ivi impiegati conseguino la qualifica di OSS frequentando i corsi previsti dalla normativa.
Questa è solo un’idea di una soluzione del problema; l’Esercito ha la possibilità di trovare quella più adeguata alle proprie esigenze. Quello che occorre evitare è di elargire qualifiche improprie e senza la dovuta formazione teorica e pratica altrimenti può accadere che la toppa si dimostri peggio del buco che si vuole riparare. Il rischio e che, a fronte di normative nazionali che specificano le figure abilitate a svolgere mansioni nell’ambito sanitario, si creino figure monstre che mettono a rischio la salute dell’utente e che creino difficoltà operative sia al personale che tali mansioni improprie deve svolgere, sia ai medici e agli infermieri a cui tali operatori devono necessariamente far riferimento. Lo stesso Codice dell’Ordinamento Militare (D. Lgs. 66 del 2010) al comma 2 dell’art. 208 stabilisce che “l’attività sanitaria è consentita al personale in possesso dei titoli per l’esercizio delle professioni sanitarie e alle figure di supporto sanitario, riconosciute dal Ministero della salute, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 213 per i soccorritori militari”. Gli stessi medici ed infermieri che sovrintendono all’operato di figure non riconosciute rischiano di incorrere nel reato di concorso nell’esercizio abusivo della professione come stabilito dall’art. 348 del C. P. Il pronunciamento della Cass. Pen. n. 17893/2009 così si è espressa al riguardo: “risponde, a titolo di concorso, del delitto di esercizio abusivo di una professione, chiunque consenta o agevoli lo svolgimento da parte di una persona non autorizzata di una’attività professionale, per la quale sia richiesta una speciale abilitazione dello Stato
Se l’obiettivo finale di tutto il fermento che stiamo vivendo intorno la Sanità Militare dell’Esercito è quello di valorizzare il personale e di aumentare le capacità professionali di chi vi opera, questo deve essere fatto, per quel che riguarda l’assistenza sanitaria sul territorio nazionale, con uno scambio continuo con la Sanità civile ed adeguandosi ad essa, attraverso i collaudati percorsi formativi di base ed avanzati esistenti; fermo restando le prerogative peculiari che si hanno negli impieghi Fuori Area. Con una formazione adeguata il personale trae maggiore soddisfazione dal proprio lavoro ed è pienamente riconosciuto dagli altri componenti del team.
La Sanità Militare ha il diritto ed il dovere di avere i migliori professionisti al proprio interno al fine di garantire ai propri uomini e donne con le stellette la migliore assistenza sanitaria possibile, soprattutto nei Teatri Operativi all’estero dove vengono impiegati e dove non c’è la possibilità di scegliere il sanitario a cui rivolgersi.
Antonio Gentile