Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

I due istituti che disciplinano la possibilità per un dipendente pubblico di assentarsi dal lavoro qualora vi siano ragioni personali o familiari che impediscano la prestazione per un arco temporale brevissimo, come nel caso dei permessi, o per un periodo significativo, allorquando si richiede l’aspettativa.

Entrambe le tipologie di assenza trovano espressa trattazione nell’ultimo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Funzioni Centrali 2016-2018, sottoscritto il 12 febbraio 2018, e segnatamente nei seguenti articoli:

  • 32 Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari;

  • 40 Aspettativa per motivi familiari e personali.

Analoga disciplina è possibile rinvenire in altri contratti inerenti Comparti diversi: si fa riferimento, ad esempio, al CCNL – Funzioni Locali 2016-2018, sottoscritto il 21 febbraio 2018, ove i due istituti innanzi citati vengono definiti con le medesime disposizioni agli articoli 32 (Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari) e 39 (Aspettativa per motivi familiari e personali).

Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari

Riguardo ai permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari va subito detto che, rispetto alla precedente disciplina contrattuale, che contemplava tali assenze nell’articolo 18, unitamente ad altre caratterizzate da motivazioni e durata diversa (partecipazione a concorsi, testimonianze, lutti, ecc.), l’ultimo contratto ha riservato un apposito articolo alla tipologia di assenza per motivi personali o familiari, prevedendone le peculiarità e le tipicità.

Il primo comma dell’art. 32 del CCNL – Funzioni Centrali dispone che “A ciascun dipendente possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con le esigenze di servizio, 18 ore di permesso retribuito nell’anno, per particolari motivi personali e familiari.”

Le 18 ore di permesso, riconosciute al lavoratore senza alcuna decurtazione stipendiale (spetta l’intera retribuzione, ivi compresa l’indennità di posizione organizzativa) e senza alcuna incidenza sulle ferie e sull’anzianità di servizio, possono essere fruite nell’arco dell’anno solare in più momenti, computando anche le frazioni di ore.

Permessi per frazioni di ore

Riguardo ai permessi per frazioni di ore, nel comma 2 dell’art. 32 del nuovo CCNL è detto che “i permessi non sono fruibili per frazioni di ore”, cosicché sembrerebbe che vi sia una netta preclusione a tale modalità di utilizzo, ma l’ ARAN, opportunamente chiamata a fare chiarezza sul punto, ha precisato, con nota prot. n. 12389 dell’11 giugno 2018, che la previsione contrattuale è finalizzata ad evitare una eccessiva frammentazione dei permessi e una difficoltà gestionale degli stessi, pertanto, l’espressione “non sono fruibili per frazione di ore”, può essere interpretata nel senso che i permessi non sono fruibili per un arco temporale inferiore ad una sola ora. Conseguentemente, secondo l’ARAN, “il dipendente non potrà fruirne, ad esempio, per 20 o 50 minuti (dovendo in questo caso comunque contabilizzare un’intera ora), mentre si ritiene possibile….l’utilizzo per periodi composti da un’ora o da un numero intero di ore, seguiti da frazioni di ore (ad esempio, un’ora e quindici minuti, un’ora e trenta, due ore e venti, ecc.)”.

Per quanto innanzi, in caso di utilizzo superiore ad un’ora, la contabilizzazione deve essere effettuata per il tempo effettivamente usufruito, senza arrotondamenti.

Sempre in tema di fruibilità ad ore si fa rilevare che i permessi possono essere utilizzati cumulativamente anche per la durata dell’intera giornata lavorativa. In tale ipotesi, come precisato dal 2° comma , lett. e), dell’art. 32 del CCNL, “l’incidenza dell’assenza sul monte ore a disposizione del dipendente è convenzionalmente pari a sei ore”, conseguentemente se trattasi di una giornata con orario lavorativo superiore (ad esempio nove ore) o inferiore (ad esempio cinque ore) saranno computate sempre sei ore di permesso.

Presentazione domanda con ragionevole anticipo

Altre questioni meritevoli di approfondimento riguardano le modalità di presentazione dell’istanza di permesso, le motivazioni addotte, la loro giustificazione e, infine, la valutazione spettante all’amministrazione prima della concessione del permesso.

Riguardo alla modalità di presentazione dell’istanza di permesso, nulla è stato definito in sede negoziale e l’art. 32 non ne fa cenno, ma è evidente che il tutto è rimesso all’organizzazione interna di ciascuna struttura operativa. Certamente la richiesta dovrà essere formulata per iscritto (ogni ufficio verosimilmente avrà predisposto una specifica modulistica) e con un ragionevole anticipo rispetto al momento in cui avrà inizio il permesso, al fine di consentire, a chi dovrà autorizzare, un’attenta valutazione sull’impatto che potrà derivare dall’assenza del dipendente. E’ evidente che nella locuzione “ragionevole anticipo” concorrono numerosi elementi che ne possono modificare la chiave di lettura; cosicché se le motivazioni per la richiesta di permesso di cui fruire sono già note al dipendente, la relativa istanza potrà essere presentata con un congruo anticipo, che potrebbe essere di almeno due giorni.

Analogo ragionamento non può farsi qualora trattasi di un permesso la cui esigenza sia sorta all’improvviso, senza possibilità di previsione. Ebbene, in tal caso, l’istanza potrà essere prodotta anche pochissimo tempo prima della fruizione del permesso e chiaramente l’amministrazione valuterà i motivi addotti, ma non potrà ritenerla presentata in ritardo.

Volendo, in conclusione, esprimersi sulla tempestività della domanda, si devono formulare opportune considerazioni sui due soggetti protagonisti: il lavoratore e il datore di lavoro, entrambi chiamati ad esplicitare prove di saggezza e a coniugare le esigenze personali con quelle organizzative del lavoro; pertanto, il dipendente deve essere consapevole del disagio che potrà determinare e offrire la massima collaborazione evitando, qualora possibile, ritardi nella presentazione della domanda. Il responsabile preposto alla concessione dei permessi dovrà valutare la tempestività della richiesta, le motivazioni addotte e anche le difficoltà che potranno conseguire alla temporanea assenza, considerando, altresì, che il dipendente non può vantare un diritto soggettivo, ma solo una legittima aspettativa.

Occorre motivare la richiesta di permesso

A tal proposito, così come suggerito anche dall’ ARAN nell’Orientamento Applicativo CFL27 del 30 ottobre 2018, il dipendente deve offrire all’Amministrazione elementi di valutazione della sua istanza, indicando i motivi per i quali viene richiesto il permesso, anche nella considerazione che quanto più la domanda sarà motivata e giustificata, tanto più sarà agevole la comparazione degli interessi contrapposti e la concessione del permesso. Il dipendente deve avere consapevolezza che la sua istanza non deve essere necessariamente accolta (non vanta un diritto soggettivo perfetto) e, in presenza di ragioni organizzative e di servizio ritenute prevalenti sul suo interesse, può essere rigettata.

Sempre riguardo alle motivazioni va detto che l’art. 32 fa riferimento unicamente alla concessione di permessi per “motivi personali o familiari”, senza alcuna casistica per la loro fruizione, cosicché si devono vagliare alcuni principi di carattere generale che portano all’esclusione di futili motivi che possono riguardare la vita familiare o personale del dipendente, ma nel contempo devono essere presi in debita considerazione quei motivi personali o familiari che possono condizionare la vita del lavoratore precludendone la possibilità di rendere la prestazione lavorativa.

Anche qui, come già detto innanzi, assume notevole spessore il ruolo dei due soggetti protagonisti (lavoratore e datore di lavoro) che devono dar prova di saggezza evitando – da parte del dipendente – richieste di permessi assurde o improponibili, mentre il soggetto preposto alla concessione del permesso, pur consapevole che trattasi di una istanza con modesta tutela giuridica perché non configura un diritto soggettivo perfetto, deve valutare le motivazioni e pronunciarsi sulla loro validità, tenendo conto della circostanza che ha interessato la sfera personale o familiare del lavoratore.

Non è più prevista la necessità di documentare la richiesta di permesso

Riguardo alla documentazione da allegare all’istanza di permesso, va fatto rilevare che la formulazione dell’art. 32 del CCNL non prevede più la necessità di documentare i motivi e le ragioni per le quali viene chiesto il permesso, anche se, come precisato dall’ARAN nella nota prot. 12389, dell’11 giugno 2018, la motivazione “va comunque indicata nella richiesta avanzata dal dipendente, in quanto la stessa resta il presupposto legittimante per la concessione del permesso”.

Per una più puntuale e completa trattazione della materia dei permessi va anche fatto rilevare un collegamento esistente nello stesso CCNL tra l’articolo 32, riguardante i permessi per particolari motivi personali o familiari e l’articolo 35, che disciplina le assenze per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici.

Con questa correlazione si è data la possibilità al dipendente di fruire dei permessi di cui all’art. 32 anche per assenze riconducibili alle esigenze di salute tutelate dall’art. 35, giacchè, il lavoratore non è obbligato ­ qualora trattasi di assenze per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici – ad utilizzare il monte ore di cui all’art. 35 (anche in questo caso 18 ore all’anno), ma in alternativa può fruire di permessi per altre causali di assenza, da richiedere e giustificare secondo le rispettive previsioni.

In buona sostanza, così come precisato dall’ ARAN nell’Orientamento applicativo CFC26, del 5 giugno 2019, ferme restando le “valutazioni di compatibilità con le esigenze di servizio …è possibile accordare permessi ex art. 32 anche per assenze riconducibili alle esigenze di salute tutelate dall’art. 35.” Quanto appena detto trova espressa disciplina anche nel comma 15 dello stesso art. 35.

Nella stessa giornata è possibile effettuare anche lavoro straordinario

Altra questione meritevole di approfondimento riguarda la compatibilità tra permessi ex art. 32 e la prestazione del lavoro straordinario nella stessa giornata, disciplinata al comma 3 dell’art. 32, ove è detto che “durante i permessi orari al dipendente spetta l’intera retribuzione..esclusi i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario”.

Su questo punto alcune incertezze di modesta rilevanza hanno indotto a ritenere che nei giorni in cui si sia fruito di un permesso ai sensi dell’art. 32 non sia possibile effettuare lavoro straordinario, ma l’ARAN, con l’Orientamento Applicativo CFC23, dell’8 maggio 2019, ha chiarito che non vi è incompatibilità tra lo svolgimento di lavoro straordinario e l’utilizzo, nel corso della medesima giornata, di un permesso retribuito ex art. 32, in quanto la precisazione contenuta al comma 3 dello stesso art. 32 vale solo ad escludere la corresponsione di compensi per lavoro straordinario durante le ore di assenza coperte da permesso retribuito.

Degna di riflessione è anche la preclusione di cui al comma 2 dell’art. 32, laddove è detto che i permessi per particolari motivi personali e familiari “non possono essere fruiti nella stessa giornata congiuntamente ad altre tipologie di permessi fruibili ad ore, previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, nonché con i riposi compensativi di maggiori prestazioni lavorative fruiti ad ore”.

Questo divieto, come è stato anche ben chiarito dall’ ARAN nell’ Orientamento Applicativo CFC2, del 15 giugno 2018, è finalizzato ad evitare che, attraverso la fruizione, nell’arco della stessa giornata, dei permessi per motivi personali e familiari, insieme ad altre tipologie di permessi, l’assenza del dipendente si protragga per l’intera giornata o buona parte di essa, con probabili conseguenze negative sul funzionamento della struttura ove è assegnato.

L’ ARAN, con il medesimo Orientamento Applicativo appena citato, ha, però, fatto rilevare che è possibile nella stessa giornata fruire di più di un permesso per motivi personali e familiari, perché il limite previsto dalla norma contrattuale riguarda solo altre tipologie di permessi fruibili ad ore e, quindi, non anche i permessi della medesima tipologia.

Dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale

Il 4° e ultimo comma dell’art. 32 stabilisce che, qualora il dipendente abbia un rapporto di lavoro a tempo parziale (orizzontale, verticale), le 18 ore di permesso spettanti devono essere riproporzionate e, a tal fine, si dovrà tener conto della tipologia di part-time.

Se trattasi di rapporto di lavoro a tempo parziale verticale, il riproporzionamento sarà fatto tenendo conto dei giorni di presenza settimanali del dipendente interessato e di quelli previsti per il tempo pieno (ad esempio 4 giorni di presenza su 5 lavorativi consentiranno di fruire di 14 ore e 24 minuti, che sarebbero l’equivalente dei 4/5 di 18).

Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale il riproporzionamento sarà fatto tenendo conto della percentuale di part-time (ad esempio se trattasi part-time al 52,80%, si dovrà calcolare il 52,80 di 18 ore e, quindi, spetteranno 9 ore e 50 minuti).

Aspettativa per motivi familiari e personali

Tale esigenza trova espressa disciplina nell’istituto dell’aspettativa di cui agli articoli 40 e 43 dello stesso CCNL – Funzioni Centrali 2016-2018, sottoscritto il 12 febbraio 2018, tenendo, però, in debita considerazione le condizioni poste in sede di negoziazione, trattandosi di una lunga assenza che non potrà essere retribuita e soprattutto dovrà risultare compatibile con le esigenze organizzative e di servizio della struttura ove opera il lavoratore richiedente.

L’aspettativa si caratterizza preliminarmente per la sospensione, per tutta la durata dell’assenza, delle obbligazioni esistenti nel rapporto di lavoro: il dipendente non rende la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non corrisponde la retribuzione e non considera valido tale periodo ai fini della decorrenza dell’anzianità di servizio.

L’assenza del lavoratore può avere una durata complessiva di dodici mesi in un triennio, può essere fruita anche frazionatamente in più periodi e, ai fini del calcolo del triennio, si applicano le medesime regole previste per le assenze per malattia, considerando tre anni di calendario a ritroso.

Tra due periodi di aspettativa occorre un servizio attivo di almeno 4 mesi

Il dipendente rientrato in servizio non può usufruire continuativamente di due periodi di aspettativa, anche se richiesti per motivi diversi, ma occorre che tra di essi intercorrano almeno quattro mesi di servizio attivo, vale a dire di effettiva attività lavorativa: pertanto, ad esempio, la malattia non può essere considerata “servizio attivo ” come espressamente richiesto dalla norma contrattuale di cui all’art. 43, comma 1, CCNL 2016-2018.

Questa preclusione non si applica nei casi di aspettative per cariche pubbliche elettive, per cariche sindacali, per volontariato, per assenze di cui al d. lgs. 151/2001 o anche quando trattasi di collocamento in aspettativa espressamente disposto dalle disposizioni legislative vigenti.

Se durante il periodo di aspettativa dovessero venire meno i motivi che avevano giustificato la concessione, l’Amministrazione, con preavviso di dieci giorni, così come previsto all’art. 43, comma 2, del CCNL – Funzioni Centrali 2016-2018, invita il dipendente a riprendere servizio, ma lo stesso dipendente è tenuto a farlo di propria iniziativa, sempre entro dieci giorni dal momento in cui sono cessate le motivazioni che giustificavano l’assenza.

Qualora il lavoratore non dovesse riprendere servizio, il rapporto di lavoro è risolto applicando le disposizioni disciplinari previste per tali fattispecie.

E’ possibile riprendere servizio prima della conclusione dell’aspettativa

Tra le ipotesi in esame deve essere contemplata anche quella che può verificarsi allorché il dipendente, durante il periodo di aspettativa, decida di sua iniziativa, a seguito di una autonoma valutazione dei propri interessi, di riprendere servizio; in tal caso sarà necessaria, nel rispetto dei principi generali, darne comunicazione anticipata all’amministrazione di appartenenza e attendere l’emanazione del relativo provvedimento che consente la ripresa dell’attività lavorativa.

Altra questione può riguardare la malattia del dipendente insorta durante il periodo di aspettativa; in tal caso è possibile rientrare in servizio, ma non sospendere l’aspettativa per poi continuarla alla cessazione della malattia, anche se trattasi di ricovero. In effetti non è possibile interrompere l’aspettativa in godimento in presenza di particolari eventi e riprenderla quando cessa la causa interruttiva.

Per beneficiare dell’aspettativa occorrono delle motivazioni riconducibili alle esigenze personali o familiari del lavoratore, che devono essere sottoposte all’amministrazione di appartenenza per la prescritta autorizzazione.

A tal riguardo sono state sollevate alcune questioni che hanno trovato contributi e soluzioni in Orientamenti Applicativi dell’ ARAN o in determinazioni della Corte dei conti, inerenti alle motivazioni che possono giustificare la richiesta, considerando che non deve necessariamente trattarsi, come precisato nell’Orientamento Applicativo dell’ARAN (RAL 1454),di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’ente di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.”

Anche la Corte dei conti si è occupata della questione già da tantissimo tempo (Corte conti – Sez. Contr. , 3 febbraio 1984, n. 1415) e ha stabilito che “ per motivi personali e familiari si intendono tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola”.

La richiesta di aspettativa non può configurarsi come un diritto soggettivo

La richiesta dell’aspettativa, però, non può configurarsi come un diritto soggettivo del lavoratore, in quanto la sua concessione è sottoposta ad una valutazione dell’amministrazione sugli effetti che possono derivarne sotto il profilo della durata e della sostenibilità da parte della struttura ove opera il dipendente; pertanto, anche se non dovranno sussistere motivi o eventi gravi e anche se non c’è retribuzione, è possibile legittimamente rigettare l’istanza, ovvero concedere l’aspettativa per un periodo limitato rispetto alla richiesta, o anche differirne nel tempo l’accoglimento.

Come detto innanzi, durante l’aspettativa per motivi di famiglia non viene corrisposta alcuna retribuzione, ma, secondo il disposto del comma 4 dell’art. 40, qualora essa sia richiesta per l’educazione e l’assistenza dei figli fino al sesto anno di età, tali periodi, pur non essendo utili ai fini della retribuzione e dell’anzianità, valgono ai fini degli accrediti figurativi per il trattamento pensionistico, ai sensi dell’art. 1, comma 40, lettera a) e b), della legge 335/1995 e successive modificazioni ed integrazioni, nei limiti previsti.

E’ possibile riscattare il periodo di aspettativa

Per evitare, comunque, che il dipendente perda del tutto, nel computo della sua vita lavorativa, i periodi di allontanamento dal servizio per aspettativa, è possibile chiederne il riscatto ai fini pensionistici, pagando i relativi oneri, secondo la vigente disciplina legislativa.

Da ultimo va anche precisato che il dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale, sia esso orizzontale, verticale o misto, può comunque beneficiare dell’aspettativa per motivi di famiglia o personali, al pari di tutti i lavoratori a tempo pieno. In tal caso occorrerà riproporzionare la durata dell’aspettativa in relazione alle giornate lavorative prestate nell’anno.

Per una sintesi di quanto contenuto nel presente scritto si riporta, di seguito, un prospetto di immediata lettura.

Permessi retribuiti per particolari motivi personali o familiari

Normativa di riferimento

Art. 32 CCNL – Funzioni Centrali 2016-2018, sottoscritto il 12 febbraio 2018.

Numero di ore fruibili

Spettano 18 ore di permesso per ogni anno solare.

 

Retribuzione

 

 

Spetta l’intera retribuzione per tutte le 18 ore di permesso, ivi compresa l’indennità di posizione organizzativa.

Questo permesso non incide sulle ferie, né sull’anzianità di servizio.

Richiesta di permesso

 

 

 

L’istanza di permesso deve essere prodotta con congruo anticipo e devono essere specificati i motivi per i quali viene richiesto il permesso. Il dipendente deve avere consapevolezza che la sua istanza non deve essere necessariamente accolta (non vanta un diritto soggettivo) e, in presenza di ragioni organizzative e di servizio ritenute prevalenti al suo interesse, può essere rigettata.

Documentazione domanda

Non è più necessario documentare i motivi per i quali viene chiesto il permesso.

 

 

I permessi non sono fruibili per frazioni di ore

L’espressione i permessi “non sono fruibili per frazioni di ore”, riportata nel comma 2, lett. b), dell’art. 32, va interpretata nel senso che i permessi non sono fruibili per un arco temporale inferiore ad una sola ora, ad esempio 20 o 50 minuti (dovendo in questo caso comunque contabilizzare un’ora), mentre si ritiene possibile l’utilizzo per periodi composti da un’ora o da un numero intero di ore, seguiti da frazioni di ore, ad esempio, un’ora e quindici minuti, un’ora e trenta, due ore e venti, ecc.

 

Compatibilità tra

permesso e lavoro straordinario

Nella giornata in cui si fruisce di permessi per motivi personali o familiari è possibile effettuare lavoro straordinario. La precisazione contenuta al comma 3 dell’art. 32, vale solo ad escludere la corresponsione di compensi per lavoro straordinario durante le ore di assenza coperte da permesso retribuito.

Collegamento tra art. 32 (permesso per particolari motivi personali o familiari) e art. 35 (assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici)

 

 

Il dipendente può fruire di permessi di cui all’art. 32 anche per assenze riconducibili alle esigenze di salute tutelate dall’art. 35.

Permessi per dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale

Le 18 ore di permessi spettanti devono essere riproporzionate tenendo conto della tipologia di part-time (orizzontale, verticale o misto) di cui fruisce il dipendente.

 

Aspettativa per motivi familiari e personali

Normativa di riferimento

Art. 40 e 43 CCNL – Funzioni Centrali, sottoscritto il 12 febbraio 2018.

Periodi spettanti

Spettano 12 mesi in un triennio e possono essere fruiti anche frazionatamente in più periodi, purchè intervallati da servizio attivo di almeno 4 mesi.

Retribuzione

Senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità di servizio.

Istanza di aspettativa

La richiesta deve contenere delle motivazioni riconducibili alle esigenze personali o familiari del dipendente e non può configurarsi come un diritto soggettivo del lavoratore, in quanto la sua concessione è sottoposta ad una valutazione dell’amministrazione sugli effetti che possono derivarne. L’istanza può essere accolta anche per un periodo inferiore a quello desiderato o può essere differita nel tempo.

Possibilità di utilizzo parziale dei periodi di aspettativa

Durante il periodo di aspettativa il dipendente può chiedere di anticipare il rientro in servizio. Analoga possibilità è riconosciuta all’amministrazione, che, qualora vengano meno i motivi che hanno giustificato la concessione, deve invitare il dipendente a riprendere servizio con un preavviso di 10 giorni.

Aspettativa per i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale

Il dipendente in part-time può comunque beneficiare dell’aspettativa al pari di tutti i lavoratori a tempo pieno. In tal caso occorrerà riproporzionare la durata dell’aspettativa in relazione alle giornate lavorative prestate nell’anno.

 

di Silvestro Pezzuto FONTE: DIRITTO.IT

Argomento: 
Approfondimenti