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Nel 2018, secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, i dipendenti ministeriali che hanno avuto problemi con la giustizia sono 970, prevalentemente per reati come corruzione, concussione e peculato, per legge tutti costoro devono essere sottoposti a procedimento disciplinare. Il dicastero con il maggior numero di indagati è quello della Difesa.
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La lotta alla corruzione nei ministeri si fa nelle forme più svariate, c’è chi si attrezza con sistemi informatici per garantire l’anonimato del segnalante, come il Ministero dello Sviluppo Economico e quelli che si affidano alla classica lettera cartacea o al massimo ad una mail, come il Ministero della Giustizia. C’è chi usa software di ultima generazione che acquisiscono direttamente i certificati antimafia, come il dicastero della Infrastrutture, e c’è chi invece stenta a verificare se i propri dipendenti che hanno affidato appalti pubblici poi vanno a lavorare per le società che se li sono aggiudicati, come il Ministero della Difesa.
Nel 2018, secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, i dipendenti ministeriali che hanno avuto problemi con la giustizia sono 970, prevalentemente per reati come corruzione, concussione e peculato, per legge tutti costoro devono essere sottoposti a procedimento disciplinare. Il dicastero con il maggior numero di indagati è quello della Difesa con 562 dipendenti finiti sotto la lente degli investigatori, seguito da quello dell’Interno con 187 indagati, tra i quali spiccano per importanza del ruolo ricoperto, 4 unità di personale della carriera Prefettizia. Al terzo posto dei ministeri con più indagati, c’è quello della Giustizia con 138 lavoratori finiti nel mirino della magistratura. Seguono quello delle Infrastrutture con 44, lo Sviluppo economico con 19, gli Esteri con 14, l’Economia con 3, la Salute con 2, il Lavoro con 1, mentre la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha indagati.
Ma c’è anche chi questi dati non li rende disponibili nei tempi previsti dalla legge, visto che la disciplina in materia di lotta alla corruzione prevede che i ministeri debbano pubblicare la relazione del responsabile della trasparenza relativa all’anno 2018 entro il 31 gennaio del 2019, obbligo a cui si sono attenuti tutti i dicasteri ad eccezione di: Beni Culturali e Agricoltura. Mentre la presidenza del Consiglio, nella cui competenza ricade il Dipartimento della Protezione Civile, non ha pubblicato i dati di questa struttura visto che la legge di bilancio appena approvata, ha prorogato fino al 31 dicembre 2019, la sospensione dell’obbligo di divulgazione di tali informazione per la struttura guidata da Angelo Borrelli.
Nella lotta al malaffare ci sono ministeri che sono decisamente più impreparati di altri, come quello della Difesa che ammette “difficolta di attuazione dei controlli sul rispetto di alcune misure (svolgimento incarichi extra-istituzionali, obbligo di astensione, pantuoflage, revolving doors), per carenza di idonei strumenti interni di verifica”. Il ministero della Giustizia dice di non aver potuto fare verifiche sulla veridicità delle dichiarazioni rese dai suoi dipendenti in ordine all’insussistenza di cause di inconferibilità degli incarichi dirigenziali, perché il Dipartimenti per l’Organizzazione Giudiziaria non ha l’accesso diretto al Casellario Giudiziale (la banca dati del Ministero).
(http://www.lanotiziagiornale.it/report-sulla-corruzione-nei-ministeri-97...)