Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Come chiedere ed avere il risarcimento danni per il ritardo nella risposta dell'amministrazione militare di appartenenza sulla domanda di assegnazione temporanea ex art. 42 bis d. lgs. n. 151/01

 

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 La disposizione di cui parliamo (art. 42 bis d. lgs. n. 151/01) è stata voluta dal legislatore per proteggere quel nucleo di diritti ed interessi chiave relativi alla famiglia e ai figli minori: si tratta di diritti fondamentali che riguardano la vasta platea di tutti gli appartenenti al pubblico impiego, incluse Forze Armate e di Polizia.

Fine dell'istituto è armonizzare le esigenze della famiglia con quelle dell'amministrazione, nell'ambito di una specifica forma di assegnazione temporanea ad altra sede di servizio.

Ora, capita di frequente che i militari interessati alla presentazione dell'istanza di assegnazione temporanea per il ricongiungimento a al proprio nucleo familiare e per la protezione dei figli fino a tre anni, ottengano in ritardo la risposta dall'amministrazione di appartenenza, cioè si va oltre il termine di 30 giorni previsto dalla disposizione, oppure non ottengono alcuna risposta stante il silenzio protratto a piacimento dell'Ente.

Cosa fare in questi casi? Come muoversi?

Istanza assegnazione temporanea con domanda di risarcimento

Ebbene, nel caso in cui il militare dovesse decidere di presentare il ricorso amministrativo, potrà inserire all'interno dello stesso una specifica domanda di risarcimento del danno da ritardo nella risposta.

Vediamo la questione più da vicino, prendendo spunto da un'interessante e recente sentenza di primo grado.

L'articolo 42 bis citato prevede, tra l'altro, che l'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.

In pratica: decorsi trenta giorni dalla domanda matura il colpevole ritardo dell'amministrazione che non ha rispettato un preciso obbligo di legge posto, in questo caso, a garanzia di un diritto di rilievo costituzionale, visto che si tratta di un istituto a tutela della maternità e dei figli di età inferiore a tre anni.

Ora, se il ricorrente (poniamo sia un militare avente funzioni fungibili) dimostra il pregiudizio subito, ad esempio perché ha dovuto usufruire della licenza straordinaria con conseguente riduzione stipendiale proprio per sopperire alle esigenze cui è preordinato l'art. 42 bis del D.lgs. 151/2001, in un determinato periodo di tempo, può quantificare questa perdita economica, chiederne l'accertamento al giudice e la conseguente liquidazione all'amministrazione.

Per restare sull'esempio della licenza fatto sopra, l'Amministrazione dovrà corrispondere al militare una somma a titolo di risarcimento danni, pari alle differenze retributive tra quanto effettivamente percepito e quanto sarebbe spettato qualora egli avesse prestato servizio nella sede richiesta a seguito dell'assegnazione temporanea.

La procedura per il risarcimento

In sintesi, lo schema di massima da tenere presente per questo tipo di azione e per l'ottenimento del risarcimento è il seguente:

Il ritardo nella risposta

Accertarsi che l'amministrazione militare è effettivamente in ritardo sulla risposta, oppure non ha risposto all'istanza di assegnazione temporanea e che, quindi, il termine di 30 giorni è stato superato;

Il ricorso e il rito speciale

Presentare il ricorso al Tar competente utilizzando il rito speciale ex art. 117 c.p.a. (ricorso avverso il silenzio), con lo scopo di ottenere la declaratoria dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere sull'istanza presentata di assegnazione temporanea ex art. 42 bis d. lgs. n. 151/01 a seguito della nascita del proprio figlio, nonché per il risarcimento dei danni conseguenti all'inerzia stessa;

Il merito

Presentare poi il ricorso nel merito nel caso in cui, successivamente all'innesco del rito speciale ex art. 117 c.p.a., l'Ente abbia provveduto con un diniego espresso (v. Tar Lombardia Milano, Sezione 3, sentenza n. 9 del 4 gennaio 2019).

 

Avv. Pandolfi - Fonte Studio Cataldi

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