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Come va impostato il contenzioso se si ritiene di aver ricevuto danni da una condotta illecita della PA.
Il problema della giurisdizione
In primo luogo bisogna porsi, e risolvere, il problema della giurisdizione: la domanda va proposta davanti il Giudice Ordinario oppure avanti il Giudice Amministrativo?
La risposta non è semplice, ma possiamo subito dire che nel nostro Ordinamento non è stato fissato un principio assoluto di devoluzione al giudice ordinario delle controversie in materia di diritti fondamentali della persona.
In effetti l'amministrazione potrebbe arrecare danni violando precisi obblighi contrattuali, ad esempio quello di preservare la salute del dipendente dai rischi connessi al lavoro svolto, oppure potrebbe violare il principio neminem laedere.
Più che ricercare ed inquadrare la natura contrattuale o extracontrattuale dell'azione (e di conseguenza fa ricadere la scelta sul Tribunale Amministrativo o sul Tribunale Ordinario), sarà bene quindi per il difensore indagare su di un "criterio distintivo" previa osservazione dei caratteri che connotano la condotta lesiva che si attribuisce all'Amministrazione, per cui: se questa condotta appare riconducibile direttamente agli obblighi del datore di lavoro, la sua responsabilità sarà contrattuale, mentre se il rapporto di lavoro ha un nesso meramente occasionale con la condotta della P.A., la quale ha leso un suo dipendente così come avrebbe potuto ledere un qualsiasi cittadino, sarà riconducibile al principio del neminem laedere e la responsabilità e l'azione avranno natura extracontrattuale (Cass. SU 12103/13, Cass. SU 9666/14).
La prescrizione del diritto al risarcimento richiesto dall'amministratore di sostegno.
Nell'ipotesi in cui la causa venga proposta, in proprio e in veste di amministratote di sostegno, dal fratello del soggetto invalido a causa di servizio (nella vicenda portata all'attenzione del Tribunale civile di Firenze e conclusasi con la sentenza n. 928 del 19 marzo 2015, emerge come un dipendente della Polizia di Stato viene ripetutamente impiegato in pattugliamenti, posti di blocco, ordine pubblico alle manifestazioni studentesche e sportive, quindi massivamente impiegato nella vigilanza antiterroristica notturna, tanto da sviluppare nel tempo una grave condizione di affaticamento e stress, così importanti da innescare una reazione psico-fisica e una seria patologia psichica, poi culminata nella riforma dal servizio), occorre prestare particolare attenzione ai termini quinquennali di prescrizione del diritto al risarcimento.
La domanda svolta in proprio dal fratello ha infatti natura extracontrattuale, non avendo egli alcun rapporto di lavoro con il Ministero dell'Interno, trovando quindi applicazione il disposto di cui all'art. 2947 c.c. (prescrizione del diritto in cinque anni).
Bisogna capire quindi, il momento nel quale si sono manifestati gli effetti negativi a carico dell'attore in proprio e sull'epoca in cui egli può aver acquisito la consapevolezza della loro indiretta dipendenza da condotte illecite attribuibili al Ministero dell'Interno.
Ebbene, tale consapevolezza può dirsi senz'altro acquisita nel momento in cui l'amministratore di sostengo inizia a seguire le vicende del fratello invalido: se tale momento rientra nel termine di cui all'art. 2947 c.c., la domanda non potrà considerarsi prescritta.
Conclusioni
Intentare una causa di questo tipo significa interpretare e risolvere problemi giuridici non semplici: importante sarà organizzare cronologicamente il fatto e la vicenda dal punto di vista medico clinico, il tutto preceduto dall'accurata analisi della giurisdizione e della prevenzione delle eccezioni di controparte.
Per contattare l'avv. Francesco Pandolfi
Fonte:
(www.StudioCataldi.it)