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BRUXELLES – Bene che vada, l’Europa tornerà ad armarsi. Il tema è quello dell’esercito europeo.Esercito che, come più o meno tutte le cose ‘europee’, di davvero europeo ha in realtà ben poco. Ci sono infatti gli eserciti di Gran Bretagna, Francia ed Italia (e pochi altri a dire il vero) ma, in questo caso, non basta la somma a fare l’unione. I vari eserciti dei paesi dell’Ue hanno comandi diversi, armi diverse, tecnologie diverse. Tutto evidentemente diverso e per niente integrato tranne, forse, lo stato poco invidiabile degli armamenti. Va così da almeno 25 anni, e cioè dalla caduta del muro di Berlino e dalla pressoché contemporanea frenata negli investimenti militari dei governi. Non necessariamente un male, se vivessimo in un mondo ideale. Ma l’esuberanze putiniane ad est e lo spettro dell’Isis a portata di gommone sono ottimi argomenti per chiedersi se vada davvero bene così.
Andrea Tarquini su Repubblica racconta come certamente se lo sia chiesto la Germania che, attenta alle spese, ha capito che dal punto di vista economico è certo più conveniente – almeno sul lungo periodo – puntare su una forza comune. E questo per un’evidente questione di economia di scala. Forte di questa premessa Berlino ha dunque investito della cosa Jean-Claude Junker, presidente della Commissione europea, che si sarebbe fatto carico di sondare i vari stati membri.
A favore della creazione di un esercito europeo, anche una serie di abbastanza evidenti ragioni non solo economiche. Le forze armate dei vari paesi – e a proposito, nell’unione degli oltre 20 stati gli eserciti ritenuti affidabili sono solo quelli di Italia, Francia, Germania, Polonia, Olanda, Belgio e le neutrali Svezia e Finlandia, più ovviamente la Gran Bretagna – operano già oggi spesso insieme. Peccato però che i comandi parlino lingue differenti e persino che le tecnologie non siano sempre compatibili tra loro, creando così non poca confusione.
E ancora, anche dal punto di vista ‘politico’ la creazione di un esercito continentale è assolutamente vantaggiosa. Come ha infelicemente dimostrato la vicenda ucraina, l’Europa è sullo scacchiere internazionale assolutamente impotente e irrilevante, e questo anche a causa della pochezza militare che le è propria. Al confronto degli eserciti di Russia, Usa e Cina, la somma delle armate europee è pressoché risibile. Ecco perché un esercito competitivo darebbe un maggiore credibilità politica all’Ue. (Parimenti è vero anche una politica degli esteri comune, un sistema di tassazione comprensibile, un’economia integrata e comune renderebbero più credibile e più forte l’Unione, ma non si può avere tutto).
Di contro, al netto delle obiezioni pacifiste aprioristicamente, c’è ovviamente il costo: la creazione di un esercito comune prevede ovviamente investimenti. Ma non è questo l’elemento più ‘quotato’ per mandare a monte questo progetto, se davvero dovesse vedere diventare cosa concreta, ben più potrebbe infatti la gelosia dei singoli stati. Oggi ogni paese ha un suo tipo di fucile, di aereo, di nave, di munizione perché in ogni paese c’è la fabbrica locale che produce il fucile, l’aereo e via dicendo. Con la creazione di un esercito unico questo evidentemente finirebbe perché sarebbe adottato un aereo per tutti etc etc. E nella gelosia rientra anche la parte immateriale della definizione, perché è altrettanto facile prevedere la gioia dei vari paesi, e dei vari titolari degli incarichi, nel veder scomparire posizione e sedie. Esercito unico vuol dire anche comando unico, un ‘capo’ e non venti e passa.
Della creazione di una simile forza militare non è la prima volta che si parla, e già sessant’anni fa fu la Francia, storicamente particolarmente gelosa della sua indipendenza, a bloccarne la nascita. Da allora però molte cose sono cambiate, e anche Parigi che ha la sua nave ammiraglia più spesso in riparazione che in missione, e che ha anche 300 bombe atomiche ormai obsolete, beneficerebbe di un esercito comune. Al di là però delle questioni dei singoli paesi, sulla strada delle forze armate europee, molto più possono incidere le recenti cronache europee e libiche.
O forse potrebbero, dovrebbero incidere le condizioni reali della forza armate dei singoli paesi europei: carri armati ridotti a poche centinaia di numero e spesso in panne, caccia che decollano uno su tre perché gli altri sono in riparazione, coperture radar qua e là sovrapposte e qua e là con “buchi”, marine orgogliose quanto obsolete. Insomma una parata, una sfilata di nani militari. Che avrebbero il bisogno, l’urgenza, la convenienza di mettersi insieme in un solo e vero esercito. Ma non lo faranno e continueranno a fa finta di avercelo ciascuno un esercito vero e continueranno a raccontarlo alla gente d’Europa che crede di esercito di averne già troppo e non ne ha quasi nessuno.