Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Non ha rimpiazzato il suo consigliere militare. Non ha assegnato le deleghe per la delicata materia ad alcuno nella sua segreteria. Ma soprattutto siamo troppo vulnerabili sul fronte Sud minacciato dall'Isis. Alla vigilia dell'apertura dell'Anno Santo l'ex capo dell'Aeronautica non riparmia critiche al premier: "In quanto ad esperienza il governo non ci lascia tranquilli". E neanche alla Nato: "Perché hanno schierato i nostri Eurofighter nelle repubbliche Baltiche lasciando la Sicilia esposta ai rischi di un dirimpettaio fuori controllo?”

L’Anno Santo apre ufficialmente domani. Roma è blindata e anche nel resto d’Italia gli apparati di sicurezza sembrano tutti mobilitati. L’allerta attentati per le minacce del terrorismo di matrice islamica è massima. Ma il generale non è tranquillo. E collega il momento delicato del quadro interno e di quello  internazionale ai comportamenti del vertice di governo. A cominciare dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, al quale non risparmia critiche: “Sembra aver messo le esigenze della difesa nel cassetto: non ha neppure rimpiazzato la figura del suo consigliere militare, né assegnato le deleghe per la Difesa ad alcuno nella segreteria politica”. Ma soprattutto, il generale,  teme le conseguenze delle cattive scelte fatte a livello di strategia. Adesso che i seguaci dell’Isis insediatisi in Libia sembra stiano anche allenandosi sui simulatori di volo lasciati in eredità dalle forze armate di Gheddafi, magari per sferrare quell’attacco annunciato su Roma: “Perché la Nato continua ad ignorare il fronte del Mediterraneo quando fu così sollecita ad inviare i nostri Eurofighter nelle repubbliche baltiche lasciando sguarnita la Sicilia?”.

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RIVALUTAZIONE DEL MARCO Non le manda a dire il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica ed ex consigliere militare di Palazzo Chigi ai tempi delle presidenze di Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi. Con quest’ultimo si trovò ad affrontare il problema della messa in sicurezza dell’Italia dopo gli attentati dell’11 settembre del 2001 e le minacce di Al Qaeda. E proprio l’esperienza maturata in quel periodo sembrano indurlo alle sue considerazioni critiche verso il governo in carica. “Non si può liquidare sempre tutto con una battuta. Per certe cose non basta twitter”, dice il generale (riferendosi alla grande passione del premier per il social network). Che, per la gestione delicata degli avvenimenti del Giubileo, qualche aspetto positivo comunque lo vede:  “Per fortuna possiamo contare sul prefetto Franco Gabrielli e sull’esperienza operativa che il nostro Paese ha maturato negli anni bui del brigatismo e della lotta alla mafia”. E Renzi? “Per la lotta al terrorismo fuori dalle mura domestiche e per l’ipotesi che riaffiora quotidianamente di liquidare l’Isis con la forza, sembra aver messo le esigenze della difesa nel cassetto: non ha neppure rimpiazzato, come dicevo, la figura del suo consigliere militare. Quanto alla questione sicurezza in generale trovo incredibile il solo fatto  che circoli la voce che in un momento come questo si possa  pensare ad accantonare un uomo di grandissimo senso dello Stato ed esperienza come il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi, Marco Minniti”. In effetti, la voce che l’altro sottosegretario di Palazzo Chigi, Luca Lotti, punti a conquistare anche la guida dell’intelligence ha cominciato a correre. “E’ una follia”, afferma Tricarico. “Non conosco Lotti, ma mi sfugge, guardando i suoi trascorsi, quale valore aggiunto possa portare alle attività di intelligence a tutela della sicurezza del nostro Paese.”

LASCIATELI LAVORARE Intanto incombe la grande paura scatenata dall’Isis (“arriveremo a Roma”). Come la vede il generale? “La minaccia oggi è diversa rispetto al passato: i bersagli, come dimostra Parigi, sono sempre meno gli obiettivi emblematici o istituzionali e sempre più la popolazione. Per questa gente colpire Piazza San Pietro o qualunque altro luogo fuori le mura della Capitale non cambia: questi nuclei di terroristi più o meno organizzati hanno come obiettivo indistinto gli “infedeli”. E, inevitabilmente, ciò incide profondamente sul senso di insicurezza generale. Quindi, bene twitter, ma lasciate lavorare tranquillo chi sa farlo anche perchè la compagine guidata da Renzi è ancora in fase di consolidamento in quanto ad esperienza di governo, il che non ci fa stare tranquilli”. Prendiamo il caso della sicurezza dei cieli italiani, dei quali il generale ha grande esperienza. “A prescindere dall’eventuale possibilità di un attentato come la scoperta di simulatori di volo in zone controllate da Isis in  Libia farebbe pensare, il fianco sud dell’Italia andava rafforzato per tempo. Perché la Nato continua a sottovalutare la situazione e a privilegiare i Paesi del Nord quasi che Putin rappresentasse una minaccia per l’Alleanza? Perché hanno schierato i nostri Eurofighter per otto mesi nelle repubbliche Baltiche lasciando la Sicilia esposta ai rischi di un dirimpettaio completamente fuori controllo?” .

PARIGI BRUCIA Smagliature nella rete difensiva, dunque, anche se l’Italia non sta peggio degli altri Paesi. “Il rischio zero non esiste, ma il nostro sistema non può collassare perchè le strutture di sorveglianza e la mentalità degli addetti alla sicurezza da noi sono diversi: lo scorso anno il presidente Hollande ha varato una riforma dei servizi di informazione che potrebbe aver prodotto una riduzione significativa della capacità di individuare i rischi terroristici annidati nella società”, aggiunge. “Da noi questo non è avvenuto: oltre all’intelligence abbiamo investigatori come i Ros, l’Ucigos e i reparti speciali della Guardia di Finanza che hanno ereditato l’esperienza nel nostro Paese della lotta al terrorismo nazionale e alla mafia. Risorse preziosissime che ci tengono al riparo dagli attacchi, Giubileo o meno”.

PETALI PLANETARI Se la minaccia è liquida e lo è ormai da tempo, a livello di sicurezza internazionale e interna, per il generale è fondamentale la prevenzione. “Le stragi di Parigi hanno convinto tutti dell’utilità della schedatura Pnr (passenger name record) che era bloccata da anni per questioni legate alla privacy“, spiega. “E’ uno strumento che rende più difficile la vita ai potenziali terroristi irrobustendo i controlli alla frontiera che altrimenti resta di carta velina”. Poi c’è la questione della sicurezza dello spazio areo italiano segnata dal susseguirsi di episodi più o meno noti che hanno avuto come apice la figuraccia planetaria dei petali di rosa sparsi su Roma da un elicottero in occasione del funerale del boss dei Casamonica. Un elemento inquietante per Tricarico. “La difesa aerea ha tutta una serie di fragilità strutturali: normalmente, per esempio, non c’è modo di proibire ai velivoli a bassa quota di arrivare dove vogliono a meno di non voler creare una zona di interdizione permanente. E di non attrezzarsi con capacità di reazione fuori della norma, fuori dell’ordinaria quotidianità: provvedimenti certamente costosi e che non possono essere mantenuti per lunghi periodi; prevenzione quindi, ancora una volta, attività che più di ogni altra mette al riparo da sorprese”.

REAZIONE A CATENA Poi c’è la catena di comando. Chi dovrebbe gestire le situazioni di massima crisi, soprattutto nella malaugurata ipotesi di un attacco? Come è messa l’Italia da questo punto di vista. “L’attentato alle Torri gemelle è stato un vero spartiacque sul fronte del contrasto al terrorismo che ci ha lasciato in eredità un modello organizzativo per far fronte ai grandi eventi, come il Giubileo appunto, in cui vi sia una grande concentrazione di gente o di personalità istituzionali”, prosegue Tricarico. “Il ministero dell’Interno rimane l’autorità nazionale di pubblica sicurezza, ma si avvale per gestire situazioni complicate di strutture nuove o rinnovate come ad esempio il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (Casa), un tavolo in cui Servizi e Forze di Polizia si confrontano quotidianamente sotto la guida di vertice del ministero”. E Palazzo Chigi? “Nel caso  di attacchi di tipo biologico, chimico e radiologico il Presidente del Consiglio, il Consiglio dei Ministri e il Comitato Politico Strategico (CPS) sono gli organismi decisionali nazionali a cui si affianca il Nucleo Interministeriale Situazione e Pianificazione, come massimo organo di coordinamento nazionale. La Commissione Interministeriale Tecnica per la Difesa Civile è l’organo di coordinamento tecnico delle attività di difesa civile che, al momento dell’emergenza, può avvalersi, per specifiche tipologie di accadimenti, di altri Dicasteri e Dipartimenti”. La risposta del sistema di difesa nazionale è modulare e comunque aperta all’integrazione di tutte le componenti che vengano ritenute utili.

SFOGLIANDO L’ALBUM “Quando c’è un allarme si apre una fase di valutazione della situazione da parte del vertice politico come è successo nel caso dell’emergenza antrace, e prima ancora in occasione del ‘millenium bug’. Ci fu massima allerta anche quando un piccolo velivolo si schiantò a Milano sul Pirellone a pochi mesi dall’attentato dell’11 settembre. Normalmente ci si riunisce in una sede distaccata e protetta della presidenza del Consiglio”, dice Tricarico sfogliando l’album dei ricordi. “In occasione del ‘millenium bug’ vennero attivate tutte le misure per diminuire il rischio che il sistema andasse in tilt. In quel caso fu indispensabile mobilitare 24 ore su 24 il vertice politico e quello tecnico, assistiti da uno stuolo di scienziati in stretta collaborazione con i gestori di rete perché potenzialmente ogni attività pubblica o privata legata ai pc teoricamente, al passaggio del secolo, avrebbe potuto collassare. Poteva essere un evento dalla portata catastrofica anche quello legato al citato rischio antrace: in quel caso divenne centrale il ruolo del ministero della Salute. Vi fu anche allora una riunione permanente delle diverse componenti e mi ricordo che, dato l’alto livello di allarme che si era diffuso, decidemmo in una notte di comprare le ultime dosi di vaccino da un istituto farmacologico svizzero. Fortunatamente non servirono, ma il sistema era pronto e i centri di riferimento nosocomiali sono ancora lì”. Si tratta dell’Ospedale Sacco di Milano, lo Spallanzani di Roma, il Policlinico di Bari e il Presidio Ascoli Tomaselli di Catania, oltre l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Foggia per il controllo analitico del materiale sospetto. Sperando naturalmente che non debbano mai servire.

Fonte il Fatto Quotidiano

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