Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Pochi processi in tempo di pace, 58 magistrati, retribuzioni fino a 150 mila euro. Li chiamano 'Casta nella Casta': il caso dei tribunali per i reati delle forze armate.

Un proprio organo di autogoverno, stipendi e status equiparati ai magistrati ordinari e una mole di lavoro che, in tempo di pace e senza leva obbligatoria, è contenuta.
È la giustizia militare, definita una “Casta nella Casta”, alle prese con un’organizzazione che la politica vorrebbe riformare, soprattutto con un ulteriore dimagrimento di spese e un maggiore avvicinamento alla giustizia ordinaria.
Motivo? Pochi procedimenti, ampie strutture.
COMPITI LIMITATI. I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge.
In tempo di pace hanno giurisdizione per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.
È quanto dispone la Costituzione per la “giustizia con le stellette”.
C’è da dire che nel tempo sono intervenute importanti riforme, nel 1981, nel 2007-2008 e nel 2010, che ne hanno modificato il volto e ridotto i numeri, ma non le attenzioni di chi vorrebbe ulteriori tagli.
IN TUTTO 58 TOGHE. I magistrati sono 58, non più con le stellette, ma togati civili, di cui 28 requirenti e 30 giudicanti.
Il numero però risente anche di eventuali posizioni “fuori ruolo” in caso di incarichi governativi o all’interno del loro “Csm” (Consiglio superiore della magistratura).
Prevista anche la presenza femminile (possibile solo dal 1990) con, per esempio, Maria Teresa Poli, magistrato militare che ha anche promosso un Comitato di pari opportunità.

Nel 2007 una sforbiciata: via sei tribunali e relative procure

 

La perdita di consistenza della mole di lavoro e le ragioni di spesa hanno portato ad alcuni interventi.
Nel 2007 una sforbiciata con il taglio di sei tribunali e relative procure (Torino, La Spezia, Padova, Cagliari, Bari e Palermo), accentrate nelle sedi di Verona, Roma e Napoli.
E quindi l’accorpamento anche delle sedi di Corte d’Appello (presente solo a Roma).
RESTANO SEDI PRESTIGIOSE. Restano però le strutture, molte delle quali di livello.
La sede più importante è Palazzo Cesi-Gaddi nella Capitale, dove l’ex procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione, Antonino Intelisano, nel 1994 ritrovò il cosiddetto «armadio della vergogna», dove erano contenuti registri sui crimini di guerra durante l’occupazione, carte da pochissimo consultabili in Rete.
Poi a Napoli c’è l’ex convento Santa Maria degli Angeli di Pizzofalcone e a Verona il Palazzo di Santa Lucia.
Tutte strutture con relativo personale militare, cancellieri, segreterie, autisti e impiegati amministrativi.

Canzio a capo del Cmm, e c'è anche il “persecutore di nazisti”

 

 

C'è anche il Consiglio della magistratura militare (Cmm), ovvero l’organo di autogoverno dei giudici militari equiparato a quello dei colleghi della ordinaria.
A capo c'è Giovanni Canzio, primo presidente della Corte di Cassazione, poi c’è un vicepresidente designato dai presidenti di Camera e Senato non appartenente alla magistratura, un componente di diritto (il procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione), due magistrati come componenti eletti e due magistrati alla segreteria.
RIVELLO ALLA PROCURA. Alla guida della procura generale della giustizia militare presso la Corte di Cassazione è stato nominato da poco Pier Paolo Rivello.
Il suo nome è legato alla vicenda dell’ex Ss Enrich Priebke, condannato per le fosse Ardeatine, del quale ha gestito la detenzione.
Per le sue attività, Rivello si è visto affibbiare il soprannome di “persecutore di nazisti”, visti anche i processi a Michael Seifert, boia del lager di Bolzano e a Theo Saevecke, capo delle Ss di Milano.

Storica resistenza alle riforme, anche a quelle di Renzi

 

La magistratura militare è nel mirino della politica da alcuni anni.
Ha schivato provvedimenti anche del governo Renzi.
Le più richieste sono l’abolizione dei tribunali militari con l’assorbimento nella giurisdizione ordinaria, la creazione di una procura militare per l’estero e la riforma del diritto militare penale.
Ma ci sono resistenze, soprattutto per le possibili riduzioni.
«MATERIA COSTITUZIONALE». Il vicepresidente del Cmm, Antonio Scaglione, all’inaugurazione dell’anno giudiziario ha spiegato: «L’abolizione degli organi giudiziari militari e la loro confluenza nella giurisdizione ordinaria, sia pure nella forma delle sezione specializzate, dovrebbe essere attuata mediante legge costituzionale».
Tradotto: non basta una semplice norma se la politica vuole metterci mano.
CI HANNO PROVATO RADICALI E PD. Nel tempo ci hanno provato in parlamento i Radicali e il Partito democratico, in particolare il magistrato, ora senatore dem, Felice Casson (che ha presentato nel 2016 un’altra interrogazione sullo stato della proposte di riforma annunciate).

Le retribuzioni dei magistrati? Fino a 150 mila euro lordi all'anno

 

Gli stipendi dei magistrati militari sono equiparati a quelli dei colleghi ordinari, con questi ultimi che variano di molto rispetto alla anzianità e alle cosiddette valutazioni professionali.
C’è da dire che la spesa per la giustizia militare è ripartita tra i ministeri della Difesa e della Giustizia.
Fino al 2013 circa un terzo dei magistrati era al grado di Cassazione e una decina di Appello, quindi nelle fasce più alte delle retribuzioni che arrivano fino a circa 150 mila euro lordi annui.
Dalle carte messe a disposizione della ministero della Difesa, i compensi per i componenti del “Csm militare” sono relativi, in parte, a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 1990.
TETTO A 240 MILA. Al vicepresidente spetta la metà della retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, prevista fino a poco tempo in circa 311 mila euro, poi scesi con il tetto degli stipendi a circa 240 mila.
Dalla lettura dei documenti del dicastero, in base a una delibera del Cmm stesso, gli altri componenti percepiscono indennità tra i 252 e i 311 euro lordi a seduta.
STIPENDI+INDENNITÀ. A ciò si sommano le indennità di seduta per le quattro commissioni, fissate in un importo lordo fisso mensile onnicomprensivo di 2.890 euro, mentre ai magistrati, dirigente e addetto della segreteria viene corrisposta una indennità onnicomprensiva per il magistrato dirigente di 1.870 euro e per il magistrato addetto di 1.312 euro.
Voci che si sommano agli stipendi.

 

 

Secondo i dati forniti a febbraio 2016, dei 1.569 procedimenti pervenuti all’Ufficio del gip o del gup, 214 sono stati definiti con decreto che dispone il giudizio, 88 con sentenza di non luogo a procedere, 54 con applicazione di pena su richiesta e 48 con giudizio abbreviato.
Resta quindi elevato il ricorso ai riti alternativi.
I tribunali militari di Napoli, Roma e Verona hanno definito 230 processi e la Corte militare di appello 155.
IN TESTA PECULATO E TRUFFA. I reati maggiormente contestati sono: peculato militare e truffa ai danni dell’Amministrazione militare, pari a circa il 28%  del totale; reati contro la disciplina militare: insubordinazione (19%), abuso di autorità (17%), disobbedienza (10,5%); reati contro il servizio militare come abbandono di posto e violata consegna (14,5%), simulazione di infermità (8,6%), diserzione (2%); reati contro la persona: diffamazione (7%), ingiuria (6%), lesione personale (2%).
60 CAUSE ALL'ANNO PER MAGISTRATO. Nel 2013 la situazione non era del tutto differente, anche se i procedimenti erano di più: la procura militare di Verona ne aveva 564 e ne aveva smaltiti 599, a Napoli ne erano sopravvenuti 985 e conclusi 1007.
Nella Capitale ne erano presenti 758 e ne erano stati esauriti 778. Numeri non proprio alti. E c’è chi ha calcolato una media di 60 cause l’anno per ogni magistrato.

Fonte: Lettera43

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