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Il requisito obbligatorio per l’esercizio della professione sanitaria infermieristica nel SSN e in regime libero professionale, sia in Italia che nei Paesi UE che è l’iscrizione alla FNC IPASVI (Ministero salute) di cui gli infermieri militari sono sprovvisti.
Gli infermieri della Marina militate non possono operare all’interno delle strutture del S.S.N. perché non sono iscritti alla Federazione nazionale dei Collegi Infermieri IPASVI. Sarebbe questa la causa del possibile fallimento degli accordi stipulati già il 14 agosto 2013 dall’Ammiraglio di Squadra Andrea Toscano, Comandante del Dipartimento Militare Marittimo dell’Alto Tirreno, e il Dottor Gianfranco Conzi, Direttore Generale dell’ Azienda Sanitaria Locale n° 5 di La Spezia nell’ambito di un progetto di scambio reciproco di professionalità per il miglioramento dell’erogazione di servizi sanitari a favore del personale militare e della popolazione civile. La Difesa era, ed è, convinta che mettere a disposizione dei civili le eccellenti professionalita della sanità militare sia una scelta logica e razionale. Infatti, iniziative “dual use” come quella appena citata si registrano ormai in ogni parte d’Italia. Ma siamo sicuri che stia andando tutto bene? Da quell’agosto 2013 è passato più di un anno e mezzo e domandarsi che fine abbia fatto l’ambizioso progetto per una sanità militare condivisa e fruibile anche dai cittadini di La Spezia è naturale in un Paese, il nostro, dove le iniziative meritorie come questa spesso finiscono con l’essere abbandonate a causa dell’incompletezza o contradditorietà delle norme, troppo spesso oggetto delle libere interpretazioni “pro domo sua” da chi ha il compito di renderle operative. Furono stipulati due documenti: un “Atto di permuta beni e servizi” e una “Convenzione per l’uso dei locali”. Nello specifico, la permuta avrebbe dovuto dare vita alla collaborazione del personale sanitario dell’Amministrazione della difesa con quello del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.), in uno scambio reciproco di professionalità con integrale compensazione delle spese tra le parti. Grazie a quegli sarebbe stato anche possibile per gli utenti civili accedere all’uso della Camera Iperbarica collocata presso la sede COMSUBIN, con spese sempre compensate. Non tutte le ciambelle riescono col buco. Il progetto della Marina militare del “dual use”, che sembrava destinato a navigare a gonfie vele, oggi rischia di naufragare proprio per l’impossibilità del personale infermieristico di poter operare persso le strutture sanitarie pubbliche. Il problema – se così lo vogliamo definire – ovviamente non riguarda i medici con le stellette. Loro, pur essendo alle dipendenze dell’amministrazione militare possono liberamente esercitare la professione anche fuori dalle mura delle caserme. Alla base dell’accordo tra la Marina militare e la ASL n° 5 di La Spezia per far fronte ad una integrale compensazione delle spese, i militari avrebbero garantito, nel reciproco scambio di servizi, la presenza di personale infermieristico da destinare, per tre ore al giorno, dal lunedì al sabato, presso i neonati ambulatori della ASL, all’interno del comprensorio dell’ex ospedale militare B. Falcomatà di La Spezia. Ad oggi però negli ambulatori non si è vista neanche l’ombra di un infermiere militare. Per comprendere il motivo di questa “assenza”, che rischia di far fallire i progetti della Difesa sulla sanità pubblica si rende necessario fare alcune precisazioni. Dal punto di vista normativo e leggendo le molte pronunce dei giudici sull’esclusività del rapporto di impiego dei dipendenti pubblici appare assai difficile che la Marina militare, ma in casi simili anche le altre forze armate, possa imporre (obbligare) al proprio personale militare di prestare servizio “part time” presso una differente amministrazione per fini non attinenti all’assolvimento dei compiti istituzionali della forza armata. Un aspetto che i vertici della Marina militare conoscono perfettamente. Il requisito obbligatorio per l’esercizio della professione sanitaria infermieristica all’interno delle strutture del S.S.N. nonché in regime libero professionale, sia in Italia che nei Paesi UE che è proprio quell’iscrizione alla FNC IPASVI (Ministero salute) di cui gli infermieri militari sono sprovvisti. A tal proposito la Direzione Generale del personale militare con la circolare n. 013/0004870 del 31/03/2011, stabilì che l’obbligo di iscrizione alla Federazione IPASVI non era da ritenersi obbligatoria. La circolare, trasmessa allo Stato maggiore marina ed all’Ispettorato di sanità della marina militare, fu diramata a tutti i comandi e ai loro enti militari dipendenti, con l’effetto che gli infermieri militari non si sono mai iscritti alla Federazione. In altre parole gli infermieri militari non possono svolgere la loro professione al di fuori dell’ambito strettamente militare! Si badi bene, né in Italia né in Europa! Quindi, gli unici che potrebbero svolgere realmente la professione infermieristica sarebbero solo quelli iscritti all’IPASVI. Il caso di La Spezia è sicuramente destinato a fare rumore. Non resta che attendere e vedere se ci saranno effetti anche sulle altre realtà sparse per la penisola dove simili convenzioni sono già operanti: apparentemente senza alcun problema
Fonte : http://thedailynurse.eu/