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A ben quattro anni dalla sentenza della Corte Costituzionale, il Parlamento ha approvato definitivamente la legge che disciplina l’esercizio dell’attività sindacale per i militari delle FF.AA. e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonche' delega al Governo per il coordinamento normativo. I voti favorevoli sono stati 282, nessun voto contrario, 130 gli astenuti (i deputati di Lega e FdI).
Siamo di fronte ad un provvedimento carente e decisamente inadeguato rispetto alle aspettative dei cittadini con le stellette, che rivendicano da anni una rappresentanza sindacale libera a tutela dei propri diritti, nel solco dei principi costituzionali e degli orientamenti espressi dagli organismi internazionali (CEDU e Comitato europeo per i diritti sociali).
Ma ciò che lascia interdetti è la lettura dei primi commenti politici.
Per l’on. Rizzo Pres. della Commissione difesa della camera: “La lunga marcia dei diritti sindacali dei lavoratori e delle lavoratrici con le stellette taglia oggi un traguardo storico con la prima legge che garantisce questa libertà fondamentale... Oggi è un bel giorno per la democrazia.”
Ed ancora, il relatore del provvedimento on. Aresta: “Con il voto odierno acquisiamo nel nostro ordinamento una conquista di civiltà: la libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia a ordinamento militare. Questa conquista rende più forte la nostra democrazia e colma la disparità tra i diritti dei professionisti con le stellette e quelli degli altri lavoratori, pur confermando e garantendo la tipicità dello status militare nel contesto dell’amministrazione pubblica”.
E c'è chi ha dichiarato apertamente che: "All’interno delle Forze armate ci sono state molte perplessità e che la discussione tra le varie forze politiche ha portato questa proposta ad essere per certi versi digeribile, limata e diluita anche per chi forse era un po’ più avverso all’impianto stesso". (Deputato Giorgio Stilli di Coraggio Italia).
Ma piu’ sconcertante, è forse la “consapevolezza" collettiva di aver licenziato un testo frutto di “compromessi per tenere insieme una maggioranza parlamentare molto variegata”.
Testuali parole del relatore.
In altre parole, il diritto, sacrificato per garantire la sopravvivenza di una maggioranza traballante? Di un Parlamento ormai fantasma, e marginale? In cui il compromesso diventa una sorta di baratto politico, un "do ut des" che nulla ha a che fare con la dialettica delle alleanze.
Ma nel nostro caso c’è di piu’. Perché c’è compromesso e compromesso.
Una legge che deve attuare un indirizzo Costituzionale e normative internazionali chiare, non può diventare una zona franca in cui a prevalere sono pregiudizi ideologici o, peggio, condizionamenti esterni da parte di soggetti e apparati che obbediscono a logiche di pura “conservazione” del potere.
In questo caso il compromesso non è la ricerca della soluzione migliore, quanto meno quella meno distante dalle esigenze dei cittadini nella consapevolezza che questi ultimi valgono molto di più degli interessi di partito e delle convenienze.
E’ la sconfitta della democrazia. (a.m.)
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Di seguito le dichiarazioni integrali di voto dei singoli gruppi parlamentari sul provvedimento:
Dichiarazioni di Voto sulla Seguito della discussione della proposta di legge: Corda ed altri: Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 875-B). (Dichiarazioni di voto finale - A.C. 875-B)
SALVATORE DEIDDA (FDI). Io qui annuncio il voto di astensione di Fratelli d’Italia e lo voglio motivare, perché su questo provvedimento si è fatta molta demagogia e molta propaganda. Questo articolo tratta praticamente delle cariche elettive delle associazioni sindacali. Ebbene, è stato introdotto in Senato un principio: quello della parità di genere nelle Forze armate. E non lo dico perché sono contrario, ovviamente; anzi, sono felice del contributo e di come stia andando. Abbiamo festeggiato, per esempio, la prima donna entrata nei Comsubin: è un processo che veramente sta andando molto bene.
Ma introdurre adesso un obbligo di parità di genere in una Forza, in un organismo dove c’è una disparità di numeri, renderà complicata la vita. Tuttavia, non è questo che voglio dire. Noi in questo provvedimento abbiamo introdotto il divieto di iscrizione addirittura anche per i militari congedati. Cioè, quei militari che sono in congedo e che ancora oggi si sentono parte delle Forze armate non potranno far parte di queste associazioni e, secondo noi, è un’esclusione immotivata. È un’esclusione ingiusta, perché è quasi eludere un problema: cioè, chi è stato militare e va in congedo non deve più partecipare alla vita della Forza armata. Invece, sarebbe stato un contributo prezioso: chi ha questa grande esperienza può contribuire al bene delle Forze armate. Inoltre, c’è un atteggiamento verso le associazioni d’arma, come per esempio l’Associazione Alpini che viene sfrattata dalla propria sede in quel di Roma, sua sede storica da anni, che è ingiusto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia). Allora, vorremmo capire perché, purtroppo, in questa legge c’è una certa ostilità verso i militari in congedo
EMANUELA CORDA (MISTO-A). Grazie, Presidente. Potrei dire che questo è un momento storico, perché finalmente approviamo una legge da lungo attesa nel comparto militare e non solo in quel comparto, perché qui parliamo di diritti e, nello specifico, dei diritti dei militari. Qualcosa si era mosso già con una sentenza che aveva influito nell’ordinamento francese, perché vi erano stati dei ricorsi di alcuni militari che chiedevano proprio che fosse riconosciuto il diritto a costituirsi in sindacati e allora la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva dato ragione a questi militari. Tutto ciò è accaduto in Francia, però ciò ha avuto degli effetti poi anche negli altri ordinamenti nazionali ed è da lì che è partita una battaglia che è durata anni. Devo dire che mi sono occupata di questa materia già nella scorsa legislatura.
Con i colleghi del MoVimento 5 Stelle avevamo presentato un testo di legge che veniva incontro a quelle che erano le esigenze del comparto e a quella che era l’esigenza di riconoscere finalmente un diritto che era stato da sempre negato, anche perché nel codice dell’ordinamento militare tutto ciò era precisato in un articolo che poi è stato invece eliminato da una sentenza della Corte Costituzionale di qualche anno fa, una sentenza che ha messo una pietra tombale su una questione che - ripeto - in tanti hanno ignorato per troppo tempo. Prima sentivo il collega di Fratelli d’Italia Deidda, che stimo, che parlava di propaganda, una propaganda che sarebbe stata fatta attorno all’iter di questa legge. Io ovviamente non condivido questa tesi, perché quella che lui chiama propaganda è stata una battaglia importante che abbiamo fatto negli anni passati - e io lo dico anche con affetto - con i colleghi del MoVimento 5 Stelle in Commissione difesa. Noi allora eravamo all’opposizione e poi quando la legge è arrivata - anche in questa legislatura sono stati presentati diversi testi - noi abbiamo comunque convintamente riportato quelle disposizioni che ritenevamo preziose per portare avanti una legge così complessa che andava a modificare e a ridisciplinare una materia molto, molto complessa, andando incontro evidentemente a quella sentenza, la n. 120 della Corte costituzionale, che finalmente aveva riconosciuto il diritto anche per i militari di costituirsi in associazioni sindacali. Quindi, chiaramente non posso rinnegare nulla di ciò che ho fatto con i colleghi del MoVimento 5 Stelle sia nella scorsa legislatura sia nella prima parte di questa legislatura, perché noi veramente le abbiamo tentate tutte. Abbiamo fatto una battaglia incredibile. Ricordo la battaglia sul giudice ordinario, che poi ha ceduto il posto, invece, alla scelta del giudice amministrativo, perché lì noi eravamo in assoluta minoranza rispetto a tutto l’arco parlamentare. Queste cose vanno dette, perché se non vengono dette adesso poi si corre il rischio di far passare delle verità che verità non sono. Quindi, io a questo giochino non ci sto, anche perché sono la prima firmataria di questa legge. Mi rendo conto che, con tutte le modifiche che sono state fatte, la legge, ahimè, non è perfetta e non è certamente la legge che avremmo auspicato o che avremmo voluto, ma è certamente un passo in avanti importante, anche perché va a superare un istituto che noi consideriamo ormai obsoleto, la rappresentanza militare, seppure nel rispetto di coloro che hanno portato avanti il loro compito nell’ambito di questo istituto e che ancora lo fanno con grande dignità. Però, proprio in ossequio alle sentenze, al diritto e al fatto che vanno riconosciuti dei diritti sacrosanti anche ai nostri uomini e alle nostre donne in divisa, era necessario che questa legge venisse licenziata. Lo abbiamo capito arrivati ad un certo punto, quando tutti i nostri emendamenti venivano osteggiati e quando non trovavamo un accordo neppure con i nostri precedenti alleati di maggioranza, cioè con la Lega; era impossibile: avevamo sempre tutti contro e mi riferisco ai tempi in cui ero ancora nel MoVimento 5 Stelle. Quindi, oggi nessuno può parlare - ripeto - né di propaganda né del fatto che qualcuno qui si sia arreso. Io in primis non mi sono assolutamente arresa, anzi mi sono resa conto, ad un certo punto in questa battaglia, che c’era qualcuno che non gradiva che la legge andasse avanti nonostante tutti gli sforzi che erano stati fatti. Prima ho citato proprio la problematica del giudice ordinario.
Io ricordo il lavoro immenso del collega Giovanni Luca Aresta, che stava veramente diventando pazzo per trovare una soluzione che potesse trovare il famoso punto di caduta e che potesse, tra virgolette, andare incontro alle esigenze dei militari, quindi di tutelare un diritto, e al contempo trovare un accordo a livello parlamentare. Se nessuno avesse fatto questo lavoro, a quest’ora questa legge non sarebbe mai arrivata, nel suo iter, al passo finale. Noi non saremmo qui a discutere questa legge e a votarla nel suo passaggio definitivo, perché chiaramente qualcuno aveva deciso che si stava meglio nel vulnus legislativo, quindi addirittura con la rappresentanza militare ancora in piedi e i sindacati militari allo stesso tempo a fare concorrenza, però - attenzione! - senza nessun potere di concertazione (non dico di contrattazione; di concertazione). Infatti, una cosa molto importante che introduce questa legge, a dispetto di tutte le critiche, è proprio la contrattazione, che prima non esisteva. Quindi, io credo che questo sia un passo in avanti importante. Personalmente - ripeto - ho deciso di mantenere la prima firma, nonostante le critiche e il fatto che qualcuno mi dicesse: “Guarda che la legge all’inizio era profondamente diversa e adesso state approvando un testo che non viene incontro alle esigenze di tutti”, ma io sfido chiunque ad approvare, in questa legislatura, non dico un testo che vada incontro alle esigenze di tutti ma addirittura una legge, una legge di fonte parlamentare, che è già un miracolo di per sé. Quindi, io ringrazio tutti i miei colleghi per il lavoro che è stato fatto. Ripeto: mi spiace se qualcuno ancora ricorda le liti nelle Commissioni.
RINA DE LORENZO (LEU). La proposta di legge recante norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di Polizia ritorna oggi alla Camera dopo alcune modifiche approvate dal Senato. Si tratta di un provvedimento che si è reso necessario dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2018, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’articolo 1475 del codice dell’ordinamento militare nella parte in cui dispone che i militari non possano costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali. Una novità di portata storica per un comparto che vede la presenza di oltre 300 mila lavoratori dell’amministrazione pubblica e che fino ad oggi non ha mai riconosciuto le relazioni sindacali e il diritto di concorrere a definire i contenuti del rapporto di pubblico impiego e tutto ciò che concerne le condizioni di lavoro. Una legge che rappresenta una conquista di civiltà e rafforza la nostra democrazia, pur garantendo la tipicità dello status militare nel contesto della pubblica amministrazione. Un punto di partenza sicuramente nel nostro panorama ordinamentale, che dovrà essere corredato dei decreti attuativi del Governo, su cui il Parlamento eserciterà un’azione di vigilanza. In quella circostanza sicuramente il testo potrà essere ulteriormente migliorato affinché l’esercizio del diritto sindacale possa essere svolto in modo pieno e compiuto nel rispetto della Carta costituzionale. Il disegno di legge stabilisce principi e modalità, attraverso i quali potranno essere costituite le associazioni sindacali delle Forze armate, con obbligo di deposito dello statuto al Ministero della Difesa o a quello dell’Economia e delle finanze, nel rispetto dei principi democratici e della Repubblica. Evidentemente per il ruolo e la funzione svolta dagli appartenenti ai vari corpi armati, è posto il divieto di sciopero, dovendo essere assicurata l’attività di controllo e di presidio del territorio, come quella di repressione dei reati. Una modifica introdotta in Senato riguarda la disposizione contenuta nell’articolo 2, nella parte in cui è stato precisato che gli statuti istitutivi delle associazioni devono essere orientati al rafforzamento della partecipazione femminile e alla trasparenza del sistema di finanziamento. Il testo modificato dal Senato ha normato anche i requisiti minimi di rappresentatività (al 3 per cento se appartenenti a due o a più Forze armate, al 4 per cento se ad una sola forza) e ciò al fine di evitare la polverizzazione della rappresentanza sindacale, che ne minerebbe non soltanto il prestigio, ma anche la forza contrattuale al tavolo con i Ministeri nella fase di negoziazione dei contratti. È stato inoltre aggiunto un nuovo comma, volto a specificare che l’attività sindacale è diretta alla tutela degli interessi collettivi degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare e che tale attività non può in alcun caso interferire con lo svolgimento di compiti operativi o con la direzione dei servizi. È una legge attesa, che garantisce tutela all’interesse collettivo degli associati e alla libertà di associazione, una legge attesa da decenni. Il giuslavorista e accademico Giuseppe Federico Mancini, in un breve saggio dalla rara capacità visionaria, aveva sostenuto l’abrogazione tacita del divieto di associazionismo sindacale, in virtù della ratifica di una convenzione OIL, la n. 87 del 1948, bollando come figlio del conservatorismo e della chiusura provinciale della cultura giuridica italiana un simile divieto. Noi siamo arrivati molti anni dopo, molti decenni dopo, a cancellare questo divieto. In linea con la successiva giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, si collocano anche le raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia di libertà sindacale, affinché le Forze armate non vengano considerate un corpo separato dallo Stato, ma sperimentino al loro interno, attraverso proprio l’esercizio dei diritti sindacali, la democrazia che esse stesse proteggono quotidianamente nell’esercizio della loro funzione. L’attività del sindacato è uno strumento irrinunciabile di partecipazione alla vita democratica del Paese e ai corpi intermedi la Costituzione assegna il ruolo di presidio democratico di tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori tutti, ivi compresi quelli in divisa, che riconoscono nel sindacato il luogo per la completa affermazione dei diritti costituzionali anche in ambito militare. È per queste ragioni e in considerazione del prevalere di una visione costituzionalmente orientata del provvedimento in esame, che esprimo il voto favorevole del gruppo di Liberi e Uguali al provvedimento.
GIORGIO SILLI (CI). Quando - oramai molti mesi fa, anni - questa proposta di legge fu presentata, io quasi balzai su una sedia. Infatti, mi domandai come fosse possibile introdurre lo strumento sindacale all’interno delle Forze armate. Quindi, quando fu proposta all’inizio, effettivamente io rimasi abbastanza impietrito. Devo dire la verità che anche all’interno delle Forze armate ci sono state molte perplessità all’inizio. La collega Corda, che mi ha preceduto, ha detto molto chiaramente una cosa che io condivido, ovvero che, rispetto all’impianto iniziale della proposta, il lungo iter all’interno della Commissione e la discussione tra le varie forze politiche di destra, di sinistra, di centro e via dicendo, ha portato questa proposta ad essere per certi versi digeribile, anche per chi forse era un po’ più avverso all’impianto stesso. È stata limata, è stata per certi versi diluita, mentre alcuni articoli sono stati fissati molto bene. È stato trovato, a mio avviso, quello che la democrazia dovrebbe celebrare ogni giorno, cioè un equilibrio tra le varie forze politiche, in modo da rendere questa legge digeribile e metabolizzabile - mi passi questo termine, signor Presidente - nei due rami del Parlamento. È indubbio che, quando si ha l’opportunità di parlare in Aula di Forze armate, in questo momento storico, pizzicano un po’ le mani, perché noi vediamo che cosa sta succedendo a poche centinaia di chilometri da noi: abbiamo una guerra molto vicina e molto spesso non ci rendiamo conto del valore che le Forze armate hanno per un Paese. Spesso si sente parlare di pace. Si sente parlare di pace molto a vanvera ultimamente, come se la pace fosse un qualcosa che arriva solo per opera dello Spirito Santo. Dico “solo”, perché sono un cattolico e sicuramente, se arriva la pace, c’è anche l’opera dello Spirito Santo; ma, senza preparare il terreno per questa pace, è difficile che si possa difendere un Paese. Il nostro Ministero si chiama “Ministero della Difesa” e, come ho sempre detto, tutto ciò che è difesa può essere positivo o negativo. Tutto ciò che è armamento è un oggetto: sei tu che lo fai diventare buono o cattivo, in base all’uso che ne fai. Un’arma usata per offendere è un’arma cattiva; un’arma usata per difendere il tuo Paese, la tua famiglia, i tuoi cari, può essere un’arma buona. Dico questo, perché spettacoli come abbiamo visto sui social, quando una delle nostre navi militari stava rientrando in porto e i nostri ragazzi sono stati fischiati e offesi da sedicenti pacifisti, sono un qualcosa che fa ribollire il sangue (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d’Italia), soprattutto in un momento come questo, in cui vediamo in televisione che soldati di entrambe le parti, russi e ucraini, muoiono sul campo di battaglia in virtù di un ideale, in virtù di un senso di appartenenza, in virtù di un seguire gli ordini senza battere ciglio. Quindi, cogliendo l’occasione, proprio perché stiamo parlando di Forze armate, ribadisco: guai! Guai a vituperare le nostre Forze armate (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia)! Perché le nostre Forze armate non sono solamente lì per spalare il fango, quando ci sono le alluvioni, o per dare una mano quando siamo in pieno lockdown. Che poi, se non ci fossero state le nostre Forze armate, avrei voluto vedere che cosa sarebbe successo! Quindi, signor Presidente, io annuncio il voto favorevole del nostro gruppo di Coraggio Italia. Lo faccio non a malincuore, ma in maniera soddisfatta, perché, come ho detto poc’anzi, siamo riusciti a raggiungere un equilibrio che può essere condivisibile da tutte le forze politiche. Chiedo scusa, signor Presidente, se mi sono permesso di uscire un po’ dal seminato, ma troppo spesso ci dimentichiamo di quanto siano importanti certe parole, come “dignità”, come “onore” e come “rispetto”, rispetto per le nostre Forze armate, perché io spero mai. ma potrebbero davvero servire a tutti noi. Allora anche chi le offende sarà costretto a ringraziarle (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).
GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie Presidente, sottosegretario, è stato già detto: oggi, finalmente, vede la luce un provvedimento tanto atteso dal comparto delle Forze armate. Lo si può definire, come è stato già fatto, un cambio di passo epocale per il comparto della difesa e della sicurezza, un giorno nuovo, l’alba di una nuova condizione per le nostre donne e uomini in uniforme, quindi, ne siamo lieti e, da subito, preannunzio il voto favorevole di Italia Viva su questo provvedimento. Voglio ringraziare anche il lavoro importante che è stato fatto dai colleghi in Commissione difesa, lavoro di cerniera tra la concezione costituzionalmente orientata delle Forze armate e l’estensibilità dei diritti fondamentali al personale militare. Certamente, questo lavoro, dal punto di vista normativo, è risultato assai complesso e lo è stato perché, di fatto, si è cercato una sintesi tra l’esigenza di tutela i diritti delle donne e degli uomini in uniforme e i doveri connaturati allo status di militare, così come previsto e garantito dalla Costituzione, sempre salvaguardando i capisaldi dell’ordinamento militare, la coesione interna, la neutralità, l’output operativo, la prontezza operativa, e non perdendo di vista le attribuzioni fondamentali che i comandanti dei vari livelli devono avere, proprio nell’ottica di garantire quell’operatività tipica delle Forze armate necessaria per le nostre Forze armate, che ringrazio particolarmente - credo sia un ringraziamento corale da parte di quest’Aula (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) - per l’impegno che, ogni giorno, profondono nei teatri operativi per garantire la sicurezza dei nostri confini nazionali e internazionali e che rappresentano il nostro corpo, il corpo fisico della nostra Italia. Infatti - anche questo è stato già detto; lo abbiamo ribadito anche in discussione generale -, la democrazia e la libertà dei nostri Paesi non sono un destino, ma rappresentano una scelta che ogni giorno va difesa e tutelata attraverso il loro prezioso lavoro che dobbiamo rendere efficiente ed efficace. Ma le Forze armate non sono solo un corpo; rappresentano anche persone, perché hanno un’anima ed è per questo che è importante questa proposta di legge oggi in esame, che raccoglie l’aspetto umano e personale che si deve collocare al centro di ogni processo decisionale che riguarda chiaramente le Forze armate. Dunque, abbiamo cercato di fare un lavoro di bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti nella disciplina delle associazioni professionali a carattere sindacale ed è stato un progetto che ha tratteggiato la disciplina delle associazioni professionali, considerando e valorizzando i beni costituzionalmente protetti, proprio nell’obiettivo di massimizzare i diritti degli appartenenti alle Forze armate, senza che vi fossero lesioni ad altre posizioni parimenti garantite. In fondo, il confronto costruttivo tra i comandanti e il personale militare di ogni ordine, grado e livello ha sempre avuto un’attenzione particolare da parte del comparto della difesa e, quindi, anche del Parlamento e aveva trovato uno strumento indicativo nella legge del 1978, con la rappresentanza militare che era, comunque, trasversalmente gradita a tutte le forze militari, ma che però poi si è manifestata inadeguata e che, comunque - lo voglio sottolineare - è stata un’importante parentesi di un ciclo di democraticità per cui è stato necessario passare attraverso la sindacale per arrivare oggi a questa proposta di legge. Tale proposta, come è stato già detto, nasce anche su spinta della ormai famosa sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 2018. Poi lo voglio dire: i sindacati fin dal dopoguerra, in fondo, rappresentano la parte integrante della vita democratica dei Paesi più sviluppati. Ecco, dunque, che, finalmente, siamo giunti all’approvazione di questo provvedimento. Con grande orgoglio, quindi, consegno il voto favorevole del gruppo di Italia Viva, perché la tutela collettiva dei diritti, nel rispetto delle specificità delle Forze armate, è fondamentale, soprattutto in questo momento; è un segnale di attenzione particolare da parte di questo Parlamento e c’è la vicinanza di tutti quanti noi, con la necessaria tutela e garanzia dell’unicità di comando, della prontezza operativa rispetto ai vari pericoli, purtroppo, oggi così attuali.
SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente, come Fratelli d’Italia annuncio già da ora il voto di astensione. Non le nascondo che, per certi versi, avremmo voluto e avremmo dovuto votare contro, e le spiego perché: sarebbe stato difficile, poi, dimostrare il voto contrario al personale che si sta impegnando nelle associazioni sindacali. Noi avremmo dovuto votare contro per l’iter di questa legge, sia nel metodo che nel contenuto. Io spiego ai miei militanti come sia sbagliato, da movimento di opposizione, passare alla maggioranza e riproporre gli stessi provvedimenti con riferimento ai quali, quando si era all’opposizione, a chi ascoltava si prometteva cento, la luna. Questo è accaduto con questo provvedimento: nella prima parte della legislatura, c’era il Ministro Trenta alla Difesa, c’era Emanuela Corda, capogruppo del MoVimento 5 Stelle, e sui giornali e in Aula, promettevano la rivoluzione nelle Forze armate. Mi ricordo un articolo del Ministro Trenta che diceva che, finalmente, era giunto il momento della rivoluzione, alla ricerca poi, nel loro dialogo, del nemico da abbattere; era la rappresentanza militare, quella che succhiava i soldi per rappresentare i militari, erano i capi di stato maggiore, erano gli ufficiali, che erano un corpo staccato dalle Forze armate e, ovviamente, si dimenticavano che facevano parte di quel grande e delicato strumento che sono le Forze armate; uno non può prescindere dall’altro, ma era sempre uno slogan continuo. Noi ci siamo passati, come Fratelli d’Italia, poi considerati colpevoli di aver aperto al nostro interno un dibattito alla luce del sole tra chi era fortemente contrario e chi era possibilista. Quello chiedevamo anche in Commissione ma, come si è visto, nonostante le diverse proposte di legge sul tema, questa legge è quella base, quella dell’onorevole Corda, del MoVimento 5 Stelle, con il piccolo particolare che il Ministro Trenta non è più Ministro - il MoVimento 5 Stelle l’ha mandata a casa e lei si è fatta un altro movimento -, la proponente, prima firmataria, non è più del MoVimento 5 Stelle, ma è all’opposizione e ha fatto un altro partito. Questa legge è stata in gran parte modificata, a seconda delle varie maggioranze; prima, quando vi era l’alleanza con il PD, esisteva un certo dialogo; poi, con questa “maggioranza Draghi”, è approdata e si è sbloccata al Senato con altre modifiche che non ci hanno trovato d’accordo. Ovviamente, le associazioni sindacali, nate con questa legge, nelle audizioni che abbiamo svolto, erano tutte nettamente contrarie al testo oggi in discussione. Allora, come si spiega? Le associazioni, nate dalla volontà della proponente di quel movimento, dicevano che questa proposta di legge non andava bene, perché era stato promesso tanto, troppo, e si continuava nell’errore di promettere tanto e troppo, nonostante si fosse al Governo.
Abbiamo provato a far capire che si doveva aprire un dialogo, abbassando i toni, ma anche Fratelli d’Italia veniva accusata di essere contro i sindacati. Peccato che noi, personalmente e anche con tutti i colleghi, siamo andati a spiegare, passo per passo, a tutte le associazioni sindacali che una riforma come questa, che tocca le Forze armate, bisognava farla dialogando con tutte le parti in causa: potere politico, capi di stato maggiore, ufficiali e graduati; tutti dovevamo assimilare questa modifica e questa modalità. Poi cosa è successo? E’ stato propagandato che questa legge fosse a costo zero; si sarebbero risparmiati soldi per la rappresentanza. Bene! Infatti, è rimasta bloccata al Senato, perché, prevedendo i distacchi sindacali, questa legge non poteva essere a costo zero. Ecco la demagogia, ecco il grande errore. Quei soldi erano necessari per far funzionare un’associazione sindacale. Si escludono i militari congedati, ma perché? Perché i militari congedati non possono più appartenere e partecipare alla vita sindacale, alla vita delle Forze armate se è la loro vita e sono sempre stati legati a quella vita? Capisco non metterli nel ruolo direttivo, ma che male fa farli partecipare alle attività? Abbiamo provato a spiegare che bisognava fare una grande assemblea dove mettere tutti d’accordo e, soprattutto, abbiamo spiegato il primato della politica. Se nella Difesa qualcosa non ha funzionato, dobbiamo dire a chiare lettere che non è stato per volontà dei capi di stato maggiore o di qualche ufficiale. Certo che ci sono quelli meno bravi, quelli più bravi e quelli più sensibili, ma è sempre stata la politica che ha deciso di tagliare i costi alla Difesa e se ci sono 5 mila alloggi che non vengono assegnati ai militari è colpa della politica che ha continuato a fare dei tagli indiscriminati. E’ emerso chiaramente che c’è bisogno di ringiovanire le truppe. Abbiamo dei militari che hanno 45-50 anni (anziché 20, 25 o 30 anni, come altre nazioni) e ancora oggi vanno al fronte. E chi osa, anche nel Governo, dire che bisogna approvare dei provvedimenti a favore dei militari viene tacciato di militarismo o si evoca addirittura la crisi di Governo. Accettiamo questa legge e noi ci asterremo proprio per dimostrare che c’è la volontà, ma toccherà a noi, quando Fratelli d’Italia sarà al Governo, fare una riforma veramente compiuta, fare veramente rappresentanza, risolvendo i problemi con il dialogo, non cacciando le streghe o dicendo che siamo tutti uguali. No, invece c’è una gerarchia in ogni partito, in ogni movimento, in ogni associazione: c’è chi decide e c’è chi a volte deve agire. Non c’è niente di male. Poi, al Senato, questa modifica della parità di genere. Ma scusate, se c’è un rapporto di 1 a 10 o di 1 a 100, un’associazione sindacale come fa ad avere la parità negli organi di comando? Ma la vedete la demagogia? Io lo dico con pieno rispetto, il presidente del mio partito è una donna che si è fatta eleggere e si è imposta per la bravura. Ho delle colleghe che si impongono per la bravura e si fanno eleggere per la bravura, ma non ci può essere l’obbligo in una Forza armata dove c’è disparità. Le vogliamo far funzionare queste associazioni o stiamo facendo di tutto per boicottarle? Questa è la verità, si è promesso tanto e poi, viste le difficoltà, si sono abbandonate le associazioni, non si va più neanche alle assemblee di queste associazioni. Invito a testimoniare i rappresentanti sindacali: chi va sempre alle loro assemblee, mettendoci la faccia, sono i rappresentanti di Fratelli d’Italia che non hanno paura di esprimere le loro opinioni e non dicono sempre “signorsì”, né dicono “sì” per vendersi qualcosa che non possiamo dare e non è nelle nostre corde. Noi rivendichiamo con orgoglio che chiediamo di investire nella difesa, l’abbiamo sempre fatto, l’abbiamo fatto nel 2018 e non lo facciamo solo oggi con la guerra alle porte di casa. Siamo andati in giro per le caserme a vedere come vivono i militari: certo che, se le forze politiche che compongono questa maggioranza continueranno a negargli i fondi necessari. Continuiamo a dirlo: i fondi necessari per l’arruolamento, i fondi necessari per gli alloggi, i fondi - come previsto nel testo unico, su cui attendiamo il parere e che dovrà essere esaminato alla Camera - per dare dignità ai salari di chi è graduato ed entra per la prima volta nelle Forze armate, da precario. Fratelli d’Italia rivendica che questa deve essere la politica, così le associazioni sindacali non hanno motivo di protestare, non hanno motivo di rivendicare, ma anzi faranno comunicati per rivendicare con orgoglio che finalmente è la direzione giusta. Avete visto in questa guerra i chilometri di carri armati? Ma chiediamoci quanti carri armati abbiamo: no, non servono, viviamo in pace e andiamo con i gessetti colorati! Io sono orgoglioso che i nostri militari vadano in giro per il mondo e vi sono testimonianze che, dall’Afghanistan al Libano, in qualunque teatro del mondo, nonostante la loro età, non si sono mai tirati indietro nel combattere per difendere i bambini, le donne, gli uomini, di fronte ai terroristi e a chi voleva fargli del male. A loro va, dunque, un grande “grazie”. Pensateci quando si parla di fondi della Difesa, e non riempitevi la bocca di demagogia, perché non servono solo per le armi - anche quelle sono necessarie -, ma servono per fare i ricongiungimenti familiari, perché un militare ha diritto ad avere una famiglia e a vivere vicino alla propria moglie e ai propri bambini, e dobbiamo garantirglielo. Il gruppo Fratelli d’Italia si asterrà
MARIA TRIPODI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Mule’, dopo quarant’anni di attesa e una sentenza della Corte costituzionale del luglio 2018 con la quale si esortava il Parlamento a sanare il vulnus normativo in atto, finalmente, oggi, quest’Aula si appresta ad approvare in via definitiva la legge sui sindacati militari. Colleghi, oggi non è una giornata qualsiasi per questo Parlamento, scriviamo una pagina epocale per le nostre Forze armate ed è un fatto, al netto delle differenze di posizioni e della demagogia che viene usata un tanto al chilo. Forza Italia, signor Presidente, attraverso la mia proposta di legge atto Camera n. 1060, presentata proprio all’indomani della sentenza della Consulta, ha contribuito in maniera efficace a un provvedimento fondamentale, che vede riconoscere un giusto diritto al personale militare, quel personale militare, sottosegretario, che desidero ringraziare una volta di più in quest’Aula per il sacrificio, l’abnegazione e lo spirito con il quale si spende, da sempre, a tutela della nostra sicurezza, della nostra libertà e di quella pace, così tanto invocata e ricercata in tutti gli scenari di crisi globale. E mi consentirà, signor Presidente, se proprio oggi in quest’Aula voglio rivolgere un pensiero particolarmente affettuoso a tutti i militari in special modo dell’Aeronautica, impiegati nel fianco Sud a tutela dell’Alleanza in questo periodo, drammatico, di guerra del conflitto russo-ucraino. Presidente, il provvedimento è il frutto di un serrato confronto trasversale svoltosi, in quattro anni di lavoro, tra tutte le forze politiche, le costituende associazioni, l’attuale rappresentanza Cocer, che ringrazio per quanto fatto fino a oggi, un lavoro che ha sancito un punto di equilibrio tra il tetto di rappresentanza, la conciliazione, la giurisdizione e la tutela dello strumento militare che, consentitemi, onorevoli colleghi, tengo a sottolineare non viene inficiato in alcun modo. Presidente, siamo riusciti a raggiungere questo punto di equilibrio con buon senso che tutte le forze politiche hanno dimostrato, perché ciascuna di esse ha mostrato anche una profonda libertà, e non demagogia, e personalmente mi sono trovata molto bene a lavorare con i colleghi della Commissione proprio perché sono stata anche educata dal mio presidente, dal presidente Berlusconi, a far prevalere, in ogni sede, l’interesse generale e mai l’interesse di parte, soprattutto quando si parla di Paese e soprattutto quando si parla di Forze armate e, quindi, di Italia. Non voglio dilungarmi oltre, ma considero necessario fare un ringraziamento e rivolgere veramente un plauso alla collega Corda, al Presidente della IV Commissione, Gianluca Rizzo, al relatore Aresta e a tutti i colleghi, anche quelli di opposizione, per il proficuo contributo che hanno dato e che è stato fondamentale per far sì che oggi questo Parlamento rimettesse l’Italia finalmente al passo con gli altri Paesi europei. Onorevoli colleghi, Aristotele asseriva che la legge è ordine e una buona legge è un buon ordine. Mi sia consentito dire che, in questo caso, è anche un mattone aggiuntivo a quella grande casa che è la difesa del nostro Paese, un patrimonio amato e straordinariamente apprezzato in Italia e all’estero da quanti amano la libertà; e l’ammirazione, Presidente, l’ammirazione sconfinata che possiamo avere verso i nostri militari è senza dubbio alta, come è stato senza dubbio necessario scrivere, con questa legge, una pagina che migliorerà la loro vita quotidiana. Per tutte queste ragioni, Forza Italia voterà favorevolmente (
ANDREA FRAILIS (PD). Grazie, Presidente. Grazie, signor sottosegretario, colleghe e colleghi. Siamo chiamati, oggi, a esprimerci con un voto su un provvedimento molto delicato, un provvedimento che introduce nella realtà delle nostre Forze armate e in quelle della Polizia a ordinamento militare, il diritto di associazione a carattere sindacale. È un provvedimento all’esame di quest’Aula, lo ricordate, per la terza volta. La prima fu nel maggio 2019, e decidemmo di rinviarlo in Commissione. La seconda nel luglio 2020; lo approvammo, dopo uno scrupoloso lavoro in Commissione, un lavoro fatto con audizioni soprattutto di esperti, di giuslavoristi e degli eletti nei consigli di rappresentanza, un lavoro di approfondimento che ha prodotto un testo molto diverso da quello iniziale, che appunto approvammo inviandolo al Senato e che ora torna all’attenzione di quest’Aula con una serie di modifiche introdotte da quel ramo del Parlamento, modifiche sottolineate anche dagli interventi di altri colleghi. Questo percorso, che ho appena ricordato, colleghi, è sufficientemente indicativo della difficoltà che oggettivamente esiste quando si tratta di conciliare l’esercizio delle libertà sindacali, libertà sindacali che nel mondo del lavoro, più che essere regolamentate dalla legge, sono affidate a norme che potremmo definire di autodisciplina; la difficoltà era conciliarle, quindi con gli elementi fondanti di ogni organizzazione militare, che sono il principio di gerarchia e il concetto di disciplina. Il richiamo verso l’obbligo di conciliare in maniera equilibrata queste due esigenze ci viene direttamente dalla Corte costituzionale, che ha reso esplicita la necessità di una legislazione particolare nella stessa sentenza con cui, nel 2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1475, comma 2 del decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, ossia il codice dell’ordinamento militare, in quanto questo prevede che i militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali, invece di prevedere che i militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale, alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge, ma non possono aderire ad altre associazioni sindacali. Con questa sentenza, la Suprema Corte adegua il nostro ordinamento militare ai principi democratici della Repubblica e chiama in causa direttamente il legislatore, per definirne i confini, con l’autorevolezza che proviene dalla legge. Sarebbe presunzione, colleghi, da parte nostra, pensare di aver realizzato questo compito in maniera perfetta, in maniera inappuntabile e, quindi, di trovarci norme anch’esse perfette, mentre sarà la stessa esperienza pratica a dirci e a indicarci se e come queste norme potranno essere migliorate. Questo senso del limite deve riguardare tutti i protagonisti della vicenda, ossia i vertici militari, le costituende associazioni sindacali e il personale militare tutto, senso del limite che ancora risulta accresciuto dal particolare momento che viviamo tutti noi e, in particolare, vive il mondo militare. Anche noi del gruppo del Partito Democratico ringraziamo tutti gli appartenenti alle Forze dell’ordine, per quanto fanno quotidianamente. C’è una guerra in atto nel cuore dell’Europa, che pensavamo pacificata per sempre. In un momento così difficile, le nostre Forze armate, le nostre donne e i nostri uomini hanno diritto a un surplus di attenzione, ma anche a una maggior quota di serenità. Negli ultimi quarant’anni, la tutela del personale è stata affidata a organismi di rappresentanza eletti da tutto il personale militare, nei quali hanno operato semplici graduati ma anche alti ufficiali. Comunque la si voglia giudicare, questa esperienza ha scritto una pagina democratica nel vissuto delle nostre Forze armate. In questo periodo, i delegati eletti si sono confrontati con Ministri e Presidenti del Consiglio, ai quali sono riusciti a rappresentare la specificità e la peculiarità della condizione militare. Attraverso il confronto con le autorità di Governo, confronto che si è sviluppato con una procedura definita di concertazione, sono state definite nuove condizioni di stato giuridico e il trattamento economico dei militari, condizioni che nella sostanza equivalgono a quelle ottenute dalle Forze di Polizia a ordinamento civile con le procedure di contrattazione che sono state sviluppate dai loro sindacati. Ora i rappresentanti sindacali con le stellette avranno a disposizione anche loro lo strumento della contrattazione e quindi il tavolo sul quale avviare il confronto con il Governo. Lo faranno, non più a nome di tutti, ma ciascuno in rappresentanza dei propri iscritti. Si tratta, colleghi, di un passaggio non di poco conto che può dare più concretezza e più forza ai più deboli ma che può anche appannare l’interesse generale. Ci auguriamo che questo non avvenga, che questo rischio non si concretizzi e che rimanga ben chiara la differenza che esiste tra una corporazione e un soggetto sindacale. Vorrei però, colleghi, anche aggiungere che nel provvedimento che stiamo approvando ci sono alcuni aspetti che appaiono a noi fin d’ora discutibili. Mi riferisco in particolare alla norma che impedisce o, nel migliore dei casi, rende difficile e poco trasparente il rapporto con le organizzazioni sindacali e gli altri lavoratori, come se il mondo del lavoro, fatte salve le peculiarità di ciascuno, non avesse problemi in comune. Altrettante perplessità suscitano le norme che rendono difficili i rapporti tra le articolazioni periferiche e quelle centrali anche all’interno della stessa associazione sindacale. Il testo che stiamo approvando rimanda a diversi decreti attuativi e regolamenti specifici, aspetti questi non secondari per un corretto svolgimento dell’attività sindacale. Si tratta di norme che, benché di rango secondario, avranno un peso specifico particolare nel dare concreta effettività alla legge stessa. Nel momento in cui dichiaro il voto favorevole del mio gruppo a questo provvedimento, mi sento di rivolgere un appello alle autorità di Governo che quelle norme dovranno emanare e ai vertici delle amministrazioni coinvolte: nella elaborazione di queste norme si avvalgano di un confronto sereno e costruttivo con le associazioni a carattere sindacale, i cui statuti sono già stati approvati dal Ministero della Difesa, e con le rappresentanze militari che restano in carica fino all’entrata in vigore degli stessi decreti attuativi, come prevede la legge stessa. È un appello, colleghi, che vuole essere innanzitutto un augurio di buon lavoro in un clima di collaborazione costruttiva tra tutti i soggetti protagonisti di questa esperienza, nell’interesse delle nostre Forze armate il cui ordinamento, come dice l’articolo 52 della Costituzione, si informa allo spirito democratico della nostra Repubblica. Infine, come preannunciato poco fa, dichiaro il voto favorevole del gruppo Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico.
FABIO MASSIMO BONIARDI (LEGA). Presidente, il provvedimento che torna al nostro esame ha avuto un iter complesso e tale circostanza non deve meravigliarci, dal momento che si tratta sicuramente di un intervento normativo di grande importanza. Fu infatti nel maggio 2019, dopo un lungo lavoro condotto in Commissione difesa e una mediazione raggiunta tra gli allora partner del Governo, che la proposta di legge approdò la prima volta in Aula, seppur per rimanervi pochissimo. La relatrice, nonostante fosse stata portata in Aula, decise rapidamente il rinvio in Commissione nella convinzione che un ulteriore passaggio fosse indispensabile per migliorare il testo. Dopo un altro anno di lavoro, il 22 luglio 2020, in dichiarazione di voto, la Lega, nel frattempo passata all’opposizione, si astenne, sottolineando come con questo provvedimento si stesse non soltanto riconoscendo il diritto all’associazionismo sindacale nelle Forze armate ma anche tentando di trovare il modo di contemplarlo per garantire allo strumento militare la necessaria coesione interna, neutralità ed efficacia. Il contributo maggiore del nostro gruppo è stato quello dato alla definizione di alcuni aspetti del testo, in particolare quelli relativi all’applicazione della giurisdizione amministrativa agli eventuali contenziosi e al contenimento delle misure nell’ambito del dettato costituzionale. Il provvedimento, tornato dal Senato dopo quasi sedici mesi, è stato incardinato in Commissione - lo ricordiamo - il 1° dicembre scorso. Ciò premesso, ci pare evidente come sia ormai giunto il momento di approvare in via definitiva il provvedimento stesso anche per dare alle associazioni sindacali, nel frattempo costituitesi, e riconoscere nel Dicastero quella agibilità di cui hanno bisogno per esercitare quei diritti che sono stati riconosciuti dalla sentenza della Corte costituzionale del 2018. Proprio da quel pronunciamento della nostra massima magistratura, tra l’altro, ha preso le mosse il processo che speriamo possa finalmente concludersi oggi. Abbiamo di fronte a noi una riforma di valenza sistemica. In estrema sintesi, la proposta di legge al nostro vaglio prevede che i militari possano costituire associazioni professionali a carattere sindacale, seppure entro precisi limiti e rispettando alcune condizioni, circostanza che rappresenta, in ogni caso, una svolta storica. Siamo chiamati a esprimere un nuovo voto, a causa delle modifiche introdotte dal Senato nell’iter svoltosi a Palazzo Madama. Gli interventi sono stati pochi ma significativi, e ne richiamiamo alcuni. È stato modificato l’articolo 1 per individuare, con un riferimento del codice dell’ordinamento militare, il personale che non può aderire alle associazioni sindacali limitatamente alla categoria degli allievi. Nell’articolo 2, riguardante i principi generali che regolano le associazioni sindacali tra i militari, è stato precisato che i relativi statuti dovranno essere orientati al rafforzamento della partecipazione femminile alla trasparenza del sistema di finanziamento. È stato inoltre aggiunto un nuovo comma, per specificare che l’attività sindacale è diretta alla tutela degli interessi collettivi degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di Polizia a ordinamento militare e che tale attività non può interferire con lo svolgimento dei compiti operativi. La permanenza dei requisiti di legge richiesti alle associazioni sindacali militari dovrà altresì essere verificata ogni tre anni, invece di essere acquisita per sempre. Nell’articolo 4 è stata inserita una disposizione che vieterà ai sindacati militari di aderire, federarsi, affiliare o avere altre relazioni di carattere organizzativo convenzionale, anche per tramite di altri enti o organizzazioni, con associazioni sindacali diverse da quelle costituite ai sensi della legge. Anche l’articolo 5, riguardante le competenze dei sindacati militari, è stato emendato per escludere dalle competenze delle associazioni la tutela individuale degli iscritti, confermando quindi che vi rientra solo la tutela collettiva dei diritti e degli interessi dei propri rappresentati. Ancora, l’articolo 7 è stato modificato per chiarire che le associazioni sindacali militari, anche ai fini del loro finanziamento, potranno svolgere attività di assistenza fiscale e consulenza relativamente alle prestazioni previdenziali e assistenziali a favore dei propri iscritti, di fatto dandosi dei CAF ma senza potersi convenzionare con sindacati non militari. A Palazzo Madama si è intervenuti anche sui criteri di ineleggibilità e incompatibilità delle cariche nei sindacati militari. Tra gli esclusi figurano, chiaramente, gli ufficiali che rivestono l’incarico di comandante di Corpo. Il Senato ha inoltre inserito l’articolo 10, che regola il diritto di assemblea e introduce disposizioni che prevedono che i comandanti e i responsabili di unità favoriscano l’esercizio delle attività delle associazioni sindacali militari. A Palazzo Madama è stato inoltre modificato l’articolo 13, intervenendo sulle soglie di rappresentatività a regime. Nell’articolo 14 è stato emendato il comma 1, per limitare i diritti e le tutele previste al solo personale militare che ricopra cariche elettive nelle associazioni rappresentative a livello nazionale. Dopo il passaggio a Palazzo Madama, l’articolo 16 attribuisce al Governo la delega per il coordinamento normativo e il regolamento di attuazione. Inoltre, sempre al Senato, è stata prevista l’istituzione di un’area negoziale per il personale dirigente delle Forze armate e delle Forze di Polizia a ordinamento militare, nel rispetto del principio di equiordinazione con le Forze di Polizia a ordinamento civile. Ancora, è stato emendato l’articolo 19, per prevedere che le norme di rappresentanza militare vengano abrogate, non al momento dell’entrata in vigore della legge, ma al momento dell’entrata in vigore del decreto del Ministero della Pubblica amministrazione che determinerà permessi e distacchi, prorogando di fatto i Cocer. In conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, si tratta di precisazioni e modifiche sulle quali sarebbe probabilmente dannoso intervenire ulteriormente, poiché si correrebbe il rischio di vanificare tutto il lavoro che è stato fatto finora, peraltro non per un capriccio politico ma per onorare le indicazioni date dalla Corte costituzionale. Avremmo voluto incidere maggiormente e migliorare il testo vigente, ma l’urgenza dell’approvazione ci ha impedito questa possibilità. Nonostante non sia la legge migliore, auguriamo alle associazioni un proficuo lavoro per la tutela dei diritti, garantendo comunque l’efficacia dello strumento delle Forze armate. Ringraziamo tutti i sottosegretari che hanno lavorato per questo testo; ricordiamo il sottosegretario Volpi, il sottosegretario Calvisi, il sottosegretario Mule’ che, nella loro diversità, comunque hanno contribuito alla formulazione del testo finale. Per tutte queste motivazioni, annuncio l’astensione del gruppo Lega-Salvini Premier
ROBERTO ROSSINI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario, oggi finalmente si vota la proposta di legge sui sindacati militari, una riforma epocale, un passaggio storico per il mondo della Difesa, così come lo era stato, a suo tempo, per le Forze di polizia a ordinamento civile. Oggi, finalmente, chiudiamo un cerchio iniziato nel 2018, ma che parte da molto lontano; è un passaggio storico, perché si avvia, per la prima volta nella nostra storia, un processo di sindacalizzazione delle Forze armate, nel solco di quello che è scritto nella nostra Costituzione e che finora non aveva trovato applicazione. L’articolo 18 della Carta fondamentale, infatti, prevede che i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente e l’articolo 39 stabilisce che l’organizzazione sindacale è libera e che ai sindacati non può essere imposto altro obbligo, se non la loro registrazione, mentre l’articolo 52 specifica che l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. Da decenni aspettiamo una riforma in tal senso, da quando fu tracciata la strada con la legge sulla disciplina militare, del 1978. Per cinque legislature, cinque consecutive, il Parlamento ha provato a mettere mano alla riforma della rappresentanza militare per superare il meccanismo della concertazione ed estendere al personale militare il diritto, sancito dalla Costituzione, a organizzarsi in sindacati, ma senza mai riuscirci: troppe le resistenze, sia da parte del mondo militare, sia da parte della politica, resistenze che si sono sciolte solo di recente, in questa legislatura, quando la Corte costituzionale, con la sentenza n. 120 del 2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma del codice dell’ordinamento militare che stabiliva il divieto, per i militari, di costituire associazioni professionali a carattere sindacale. L’etimologia della parola sindacato è illuminante, Presidente: è il composto di syn, ossia con, insieme, e dike, con cui gli antichi greci intendevano la giustizia, quindi parliamo di uno sforzo collettivo, alla ricerca di un traguardo di giustizia che, se rapportato alle Forze armate rende tale operazione ancora più emblematica, Presidente. Ma, nel riconoscere l’incostituzionalità del divieto e la legittimità di associazioni sindacali, la Corte ha sottolineato la necessità di una regolamentazione puntuale della materia e, infatti, la Commissione difesa si è mossa subito; l’iter è stato lungo e complesso, ma una riforma così importante, su una materia così delicata, Presidente, richiede un’ampia condivisione a livello parlamentare e trovare il giusto compromesso all’inizio sembrava molto difficile, con visioni e sensibilità assai diverse tra loro. Il testo è stato depositato alla Camera nel 2018; è stato approvato solo a luglio del 2020 per essere trasmesso e modificato al Senato; è poi tornato nuovamente alla Camera, a novembre 2021, per il suo esame e l’approvazione definitiva, per cui siamo qui, adesso. Non posso, ora, Presidente, non sottolineare la grande importanza che rivestono le Forze armate e di polizia per il nostro Paese. La sicurezza dell’Italia e dei cittadini italiani deve essere messa al primo posto e tutti abbiamo il dovere di riconoscere e ringraziare le donne e gli uomini che ogni giorno compiono il loro servizio, nel solco della Costituzione, per difenderci. La sicurezza è fondamentale per mantenere viva la nostra libertà e la democrazia, valori acquisiti nel tempo. E quando parliamo di Forze armate, parliamo di professionisti di altissimo valore, ai quali affidiamo la nostra difesa, la nostra sicurezza, la sicurezza interna e quella delle nostre città, la tutela della legalità, dell’ordine pubblico e della convivenza pacifica, per non parlare del contributo alla protezione civile durante le calamità e le emergenze, e il COVID ne è un esempio, o gli impegni nelle missioni internazionali. Attualmente, tra Forze armate e Forze di polizia ad ordinamento militare, contiamo complessivamente circa 350 mila, tra uomini e donne, una parte particolarmente cospicua e rilevante della nostra pubblica amministrazione e tutte le forze oggi presenti in Parlamento hanno il dovere, politico e morale, di condividere una battaglia funzionale alla tutela del personale militare. Ora abbiamo conformato i loro diritti a quelli degli altri lavoratori, in modo da concorrere a definire le proprie condizioni di lavoro. Non mi soffermerò nel merito del provvedimento, perché già ampiamente illustrato durante la discussione generale, ma mi limiterò a ricordarne gli elementi più significativi. Prima di tutto, il passaggio dalla concertazione alla contrattazione, con cui, oltre al confronto, si stabiliranno, ora, avendo forza di legge, i parametri e le regole fondamentali tra le parti. Reputo, poi, molto importante la disposizione che vieta ai vertici militari di aderire ad associazioni; l’associazione non può essere un trampolino di lancio per i carrieristi, ma nemmeno uno strumento di pressione. I rapporti tra l’amministrazione e i sindacati militari devono essere improntati alla trasparenza e alla lealtà. Un punto di compromesso, invece, riguarda la tutela giudiziaria, affidata in questo caso al giudice amministrativo, mentre noi del MoVimento 5 Stelle avremmo preferito sicuramente che fosse confermata la giurisdizione del giudice ordinario, ma, nel ripetere che il testo che stiamo per votare è frutto di un equilibrio tra sensibilità politiche differenti, e quindi una sintesi condivisa, è evidente che viene lasciato al confronto con le neonate associazioni sindacali l’onere di stabilire quegli avanzamenti di fatto che solo, come detto, la contrattazione collettiva può far maturare. Vi sarà, quindi, spazio in futuro per effettuare miglioramenti e correzioni con la pratica dell’esercizio del diritto sindacale. A noi era richiesto di fare questo passo decisivo e legiferare su un diritto ormai maturo nella nostra società; un primo importante passo sulla strada del riconoscimento dei diritti del personale militare e del valore della libertà sindacale. Ci tengo, Presidente, a sottolineare all’Aula e ai cittadini il confronto positivo con le altre forze politiche, alle volte sicuramente anche molto aspro, ma sempre collaborativo. Tutti hanno portato contributi volti a migliorare il testo iniziale, approvato in entrambi i rami del Parlamento a larga maggioranza. Esprimo, quindi, un sincero ringraziamento a tutti, al relatore, il collega Aresta, che si è messo sempre a disposizione nella ricerca del miglior compromesso che salvaguardasse i diritti dei nostri professionisti con le stellette, al presidente della Commissione Rizzo per aver consentito un confronto altamente positivo e sereno in Commissione, ai capigruppo e a tutti i colleghi commissari che hanno lavorato diligentemente e con spirito di collaborazione. Infine, un doveroso ringraziamento a tutte le donne e gli uomini delle nostre Forze armate per il loro impegno quotidiano al servizio del Paese e dei cittadini, per la loro passione, dedizione e amore per la Patria, con cui rendono l’Italia un Paese sicuro, a maggior ragione dopo due anni di emergenza pandemica e ora con una guerra alle porte dell’Europa. Concludo, Presidente: oggi è un giorno storico, una conquista di civiltà che rende più forte la nostra democrazia e rende affini a quelli degli altri lavoratori i diritti degli operatori delle nostre Forze armate, pur confermando e garantendo l’atipicità dello status militare nel contesto della pubblica amministrazione. Oggi abbattiamo un muro che separa i lavoratori in divisa dagli altri cittadini, Presidente; estendiamo un diritto, una conquista sociale per tutti. Forze armate sempre più allineate ai valori della Costituzione equivale a maggiore libertà e sicurezza, ma anche a più democrazia nella nostra società, e di questo dobbiamo essere orgogliosi, Presidente. Quindi, sulla base di quanto appena esposto, annuncio con convinzione il mio voto favorevole e quello del MoVimento 5 Stelle