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Negli ultimi decenni, il contesto socio-economico è profondamente cambiato e la pubblica amministrazione italiana è chiamata ad adeguarsi. Deve mutare pelle e passare da ammortizzatore sociale, spesa incontrollata, burocrazia ed inefficienza a risorsa per la competitività e la crescita dell’intero sistema Paese.
E’ necessario passare da una P.A. autoreferenziale e autoritaria con al centro l’apparato ad una P.A. orientata verso il risultato con al centro il cittadino-cliente.
Non sarà un processo né facile, né rapido ma è un processo inevitabileche nessun comparto, sicurezza compresa, deve e può eludere.
Il futuro è trasparenza, misurazione delle performance, valutazione e contabilità economica. Il passato è opacità, assenza di misurazione delle performance e contabilità meramente finanziaria basata sulla spesa storica.
Il futuro è monitoraggio finanziario (Conto Annuale RGS e NoiPA), omogeneizzazione ed eliminazione delle contabilità speciali (riduzione dei comparti). Il passato è spesa incontrollata a contabilità particolari(specificità).
Il futuro è carriera basata su concorsi trasparenti con requisiti di accesso legati ad adeguati e reali titoli di studio e professionali. Il passato è concorsi “per nome e cognome” legati a logiche di fedeltà o relazioni, è concorsi per soli titoli o promozioni generalizzate legati alla mera anzianità.
Il futuro è contrattazione di I livello per disciplinare le materie comuni e contrattazione di II livello per disciplinare le particolarità di ogni singola amministrazione. Il passato è un solo rigido livello di contrattazione che costringe tutti ad indossare uno stesso identico vestito, per giunta della stessa taglia.
Il futuro è retribuzione di produttività e fondi efficienza. Il passato è retribuzione fissa legata a promozioni automatiche e gradi privi di sostanza funzionale e scollegati da reali responsabilità.
Il futuro è premiare chi merita e produce. Il passato è trattare tutti allo stesso modo, tollerando o peggio “parcheggiando” inefficienze, zavorre e furbi.
Certo che cambiare costa fatica e presuppone consapevolezza (analisi del contesto), coraggio (rischio impopolarità) e visione (obiettivi e piani pluriennali di riforma e processi di gestione del cambiamento).
Tutte qualità che ancora sembrano latitare nel comparto sicurezza. Infatti, mentre il resto del pubblico impiego, seppur con molta fatica ed in maniera non omogenea, si muove verso il futuro, il comparto sicurezza guarda al passato, impantanato dalla paura del cambiamento e rintanato dietro il pretesto della “specificità”.
Il tutto si traduce in proposte di riordino anacronistiche, pensate principalmente come meri ed automatici incrementi stipendiali. Mancano proposte utili a rivedere le piatte strutture della retribuzione e delle carriere. Mancano proposte utili a superare il rigido modello di contrattazione ed a garantire la necessaria flessibilità alle singole Forze di Polizia. Mancano proposte tese a sburocratizzare e semplificare le procedure. Mancano proposte utili a ridurre i livelli gerarchici, ad implementare la trasparenza, ad adeguare i metodi di selezione e formazione del personale, ad adeguare il modelli di governance, ecc..
Una situazione che rischia di far tornare indietro di decenni l’intero comparto sicurezza e rischia di essere addirittura letale per la Guardia di Finanza, ovvero l’amministrazione del comparto che paradossalmente è più avanti in termini di moderna cultura organizzativa. In quanto, la Guardia di Finanza:
svolge una funzione diversa e particolare rispetto a quella di difesa svolta dalle Forze Armate e di sicurezza pubblica svolta dalle Forze di Polizia, che presuppone esigenze e professionalità diverse;
si trova a confrontarsi con competitor istituzionali come le Agenzie Fiscali che da anni si muovono verso logiche di gestione più moderne;
ha bisogno di risorse umane più “qualificate” e più numerose nei ruoli direttivi e meno nei ruoli esecutivi;
ha maggiore necessità di adeguare ordinamento e organizzazione al nuovo contesto socio-economico;
già utilizza la logica “management by objectives”, seppure nella sola fase operativa;
già adotta una contabilità economica di rilevazione degli effettivi impieghi delle risorse umane (Si.RiS).
Se le riforme del comparto sicurezza saranno ancora una volta pensate per le sole esigenze ed elaborate con la sola tradizionale cultura della Difesa (CC) e dell’Interno (PS), la Guardia di Finanza si troverà presto a gestire una complicata contraddizione tra quello che deve (sicurezza economico-finanziaria) ed intende fare (obiettivi, qualità, ecc.) e la sua struttura organizzativa (contrattazione rigida, carriere e retribuzione piatte, deficienza di professionalità, ecc.). C’è il serio rischio che la polizia economico finanziaria rimanga un progetto inattuato.
Francesco Zavattolo - Segretario Generale Ficiesse.