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La storia mediatica dell’uranio impoverito è paragonabile al flusso delle maree, ci sono stati momenti di particolare contingenza politica che l’hanno portato sulla cresta dell’onda, additandolo spesso come unico responsabile di inspiegabili sindromi, e altri lunghi momenti di bassa marea, durante i quali l’argomento sembra scomparire nei più profondi abissi. A livello nazionale, una delle regioni più colpite dal problema uranio impoverito è la Sardegna, che da sola ospita più del 60% delle servitù militari nazionali, per un totale di circa 35.000 ettari adibiti ad uso addestrativo, 437 km di coste in cui si proibisce balneazione e pesca perché situate in zone militari o industriali (su un totale di 2001 km di costa -il 21,8%), per una superficie totale di 350 km quadrati.
Il Pisq, Poligono Interforze Salto di Quirra, situato nella costa sud orientale della Sardegna, è il poligono sperimentale più grande d’Europa ed è una struttura strategicamente indispensabile a livello internazionale, tale da renderla irrinunciabile per le Forze Armate italiane. Le attività addestrative svolte al suo interno, dal 1956 ad oggi, vanno dai lanci di missili aria-terra, terra-mare fino a sperimentazioni di vario genere svolte sia dagli eserciti di Paesi alleati che da aziende produttrici di armi, come ad esempio la Oerlikon Contraves, l’Aermacchi e Aeritalia. Nei periodi dell’anno in cui si svolgono esercitazioni navali e aeree, la parte di Mediterraneo interdetta al volo e alla navigazione è grande quasi quanto l’intera Sardegna. Il Pisq ha anche un’altra particolarità, che lo rende unico nel suo genere: è l’unico poligono al mondo dove allevatori, pastori e popolazione locale vivono quotidianamente a stretto contatto con esercitazioni militari e test di armamenti bellici di ogni genere. Ed è proprio a causa di questa convivenza forzata che hanno iniziato a manifestarsi sintomi anomali nei pastori, negli abitanti e negli animali che svolgono la loro vita a ridosso della base. In un’area ristretta come quella di Quirra, su una popolazione di 150 abitanti collocati intorno alla base di Capo San Lorenzo, sono stati diagnosticati 13 casi di tumori del sistema emolinfatico, dato che allarma il mondo scientifico poiché di gran lunga superiore alla media indicata dalle statistiche in riferimento ad un numero di abitanti così esiguo. Sintomi che hanno portato a riunire le varie patologie sotto il nome di Sindrome di Quirra, appellativo che ricorda la tristemente nota Sindrome dei Balcani che, per la prima volta, individua un responsabile ben preciso: l’uranio impoverito.
A tal proposito si prenda in considerazione il parere e il contributo di Massimo Zucchetti, professore presso il Dipartimento energia del Politecnico di Torino chiamato ad esprimersi nell’ambito della Commissione di inchiesta parlamentare del 2006, guidata dall’allora Senatore Rosario Costa, in relazione alle analisi effettuate sulle ossa di un agnello nato malformato: «con ogni probabilità, le ossa dell’agnello hanno visto una parziale contaminazione con uranio impoverito. I riscontri effettuati forniscono un dato statisticamente significativo di deviazione dalla presenza di uranio naturale. Il che indica una presenza di uranio nelle ossa non compatibile con la presenza di uranio naturale», da cui si deduce la «probabile contaminazione da uranio impoverito». Questo quanto si legge nel resoconto del documento titolato ‘Misurazioni di uranio condotte su campioni provenienti dalla Sardegna‘. Zucchetti, durante un’intervista a ‘Rai24‘, aveva inoltre dichiarato di aver consegnato al Procuratore Domenico Fiordalisi le prove prodotte nel laboratorio di Bologna, l’unico a livello nazionale in grado di effettuare tali misurazioni in modo attendibile, circa il ritrovamento di uranio impoverito nelle ossa dell’agnello malformato. Prove che saranno tenute in considerazione nel corso del processo sul disastro ambientale del Pisq che vede imputati diversi ex comandanti del poligono. E’ anche sulla base delle precedenti dichiarazioni del professor Zucchetti che la Commissione parlamentare di inchiesta del 2013 ha operato un mutamento di prospettiva, invertendo l’onere della prova. Dato che le ricerche e i dati disponibili non consentono di confermare, ma nemmeno di escludere, un possibile legame tra le patologie oggetto dell’inchiesta e l’esposizione all’uranio impoverito o ad altri agenti nocivi, la Commissione ha sostituito al nesso di causalità, il criterio di probabilità: il fatto stesso che l’evento patogeno si sia verificato costituisce di per sé, a prescindere cioè dalla dimostrazione del nesso diretto, motivo sufficiente per il ricorso agli strumenti risarcitori.
In relazione alla situazione in Sardegna Luigi Mantelli, Capo di Stato Maggiore della Difesa fino al febbraio 2015, ha dichiarato, in occasione delle scorse esercitazioni Nato in corso nella costa sud occidentale della Sardegna, che i poligoni sardi sono intoccabili perché assolutamente strategici. Affermazione che non trova d’accordo Gian Piero Scanu, capogruppo PD (Partito Democratico) nella Commissione Difesa di Montecitorio: «La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’esposizione a possibili fattori patogeni, con particolare riferimento all’uso dell’uranio impoverito, in conclusione della sua attività nella scorsa legislatura ha deliberato, all’unanimità, la riconversione del poligono di Quirra e la chiusura graduale ma definitiva dei poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca. Siamo pronti ad impegnarci nella direzione sostenuta dall’intero popolo sardo: la liberazione della Sardegna dalla vergognosa occupazione delle servitù militari. Fu proprio questa commissione qualche mese fa, con voto unanime di tutti i partiti politici, a stabilire che per il poligono di Quirra si sarebbe dovuta attuare subito una riconversione per un utilizzo non più militare e per Capo Frasca e Teulada una progressiva riduzione sino alla loro chiusura definitiva». Nel settembre dello scorso anno, comitati di cittadini avevano chiesto la dismissione totale delle servitù militari e l’avvio di bonifiche dei territori interessati.
Tutto è, però, caduto nel vuoto. Il Ministro della Difesa e quello dell’Economia hanno steso un velo di silenzio sulla relazione della Commissione sull’uranio impoverito. Risultato: non solo non si parla più delle dismissioni, ma neppure delle bonifiche dei siti militari «Le forze politiche hanno deciso che queste iniziative siano tutte realizzate, non era la solita dichiarazione d’intenti ma un vero e proprio mandato ad agire che il Governo s’è guardato bene dal rispettare», conclude Scanu.
A mettere i punti sull’operato delle Commissioni anche Falco Accame, Ammiraglio e Presidente dell’Associazione nazionale Assistenza alle vittime arruolate nelle Forze Armate e alle famiglie dei caduti: «Non sono stati uditi dalla Commissione i Comandanti delle missioni all’estero. Teatri dove sono state impiegate armi all’uranio impoverito oltreché armi convenzionali di metalli pesanti, e dove sono mancate le misure di protezione. Deposizioni che sarebbero state utili per scoprire se tali Comandanti fossero stati edotti o meno dei pericoli. Gli Stati Uniti avevano già adottato misure di protezione in Somalia dal 14 ottobre 1993. Non stati uditi dalla Commissione tutti quei generali che avevano sostenuto la pericolosità dell’uranio impoverito, come il Gen. Osvaldo Bizzari, il Gen. Fernando Termentini, il Gen. Ottogalli e non sono stati ascoltati tutti i professori di medicina che si sono pronunciati circa la pericolosità dell’uranio impoverito, come risulta da numerose sentenze emanate da Tribunali civili e da dichiarazioni pubbliche». Accame e la sua associazione esprimono profondo sconcerto per il contenuto della relazione finale e suggeriscono che i dati emersi durante l’attività delle Commissioni avrebbero dovuto portare a conclusioni differenti se non opposte.
Mentre il processo del tribunale di Lanusei è stato sospeso dal giudice Nicola Caschili, arriva un’altra sentenza a mettere un punto fermo sulla questione Uranio. È quella della Corte d’Appello del Tribunale di Roma, che condanna in secondo grado il Ministero della Difesa a risarcire 1 milione e 300mila euro alla famiglia di un sottufficiale deceduto per un tumore contratto durante una missione in Kosovo tra il 2002 e 2003, attestando che «esiste, in termini di inequivoca certezza, un nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale». Precedente importante che potrebbe rappresentare uno spartiacque nell’approccio giuridico al problema.
La nuova Commissione di inchiesta parlamentare, che ha ricevuto il sì del Senato il 14 aprile 2015, estenderà, inoltre, l’indagine all’incidenza epidemiologica nella popolazione civile residente in prossimità dei poligoni e verranno analizzate specifiche zone della Sardegna, come ad esempio la zona di Quirra, dove il 65% dei pastori della zona intorno al poligono ha riscontrato patologie tumorali. Dal 1956, anno in cui sono stati insediati la maggior parte dei poligoni di tiro sul territorio nazionale, ad oggi i tempi sono certamente mutati, così come sono cambiate le esigenze strategiche e geopolitica dell’Italia e degli alleati della Nato. Oggi il principale alleato e ‘inquilino’ delle basi, gli Stati Uniti d’America, volge il suo interesse verso le coste del Pacifico e l’Italia dovrebbe ripensare le sue priorità all’interno di un contesto di difesa fortemente mutato, tenendo più in considerazione il carissimo prezzo che i militari e i cittadini italiani sono stati e sono tutt’ora chiamati a pagare, spesso inconsapevolmente. L’ammiraglio Accame paragona la situazione dei soldati esposti all’uranio impoverito a quella dei militari italiani mandati a combattere nell’Epiro con le scarpe dal fondo di cartone «quando venne la neve, i soldati rimasero con i piedi congelati». Data la probabile contaminazione di numerosi territori nazionali possiamo dedurre che un gran numero di italiani ha ai piedi scarpe con la suola di cartone.