Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Il 21 aprile scorso il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha presentato al presidente della Repubblica Mattarella e al Consiglio Supremo di Difesa – che ne ha approvato i contenuti – il Nuovo Libro Bianco della Difesa.

Il libro bianco “impatta”  in un contesto in cui lo strumento militare ha “subìto” già diversi interventi di revisione ordinativa ed organica, a partire dagli interventi legislativi di inizio secolo che hanno sancito il passaggio ad un esercito di tipo professionale (190.000 unità), per passare attraverso una  spending review (modello a 170.000) ed infine per arrivare ai numeri previsti dalla cosiddetta “Riforma Di Paola” –  Legge 244/2012,  (150 mila militari entro il 2024)....

Abbiamo chiesto al Ten. Col. Guido Bottacchiari – vice presidente del Cocer Aeronautica - di esprimere alcune valutazioni sui contenuti 

Ad una prima lettura del testo, emergono  dubbi, lacune ed una buona dose di ermeticità soprattutto per quanto riguarda il capitolo del personale, fatto principale su cui si incentrano le considerazioni di Bottacchiari che si dice: "Preoccupato per l’ampliato quadro di precarizzazione per i militari di domani e per il non definito processo di “esodo” per quelli di oggi..."

Di fronte ai futurubili scenari prefigurati nel Libro bianco "permangono e si amplificano tutte le  perplessità  in ordine alle procedure per arrivare al modello a 150.000 ovvero come accompagniamo il personale oggi in servizio alla agognata pensione? 

Nel libro bianco troviamo: finte carriere aperte, forte classismo, precariato esponenziale. Carriere a compartimenti stagni.... Non c’è più  l'ascensore sociale perchè non si prevede il passaggio alla carriera di Ufficiale, le carriere sono rallentate e ipermeritocratiche anche per gli addetti a compiti esecutivi, si parla di revisione delle retribuzioni senza mai dire se con maggiori risorse...

Insomma tutti aspetti molto “urticanti” per il personale....

Ma più in generale si nota una tendenza a considerare il personale militare fuori dal contesto dell’ordinamento democratico e civile".. E  quale ruolo avranno in tale processo il Parlamento e le Rappresentanze Militari (mai citate nel testo)?

Quest’ultime in particolare rischiano di subire ancora una volta dall’alto una riforma che impatterà violentemente sulla condizione professionale e sociale del personale che (non) sono evidentemente in grado di rappresentare.

Insomma,  ulteriore riforma epocale scritta e dibattuta da poche menti, considerando che nello sviluppare gli indirizzi politici e di politica militare, si lascia poi  a successive Commissioni di alto livello tecnico-giuridico e allo Stato Maggiore Difesa, (con un “comitato guida” già all’opera) la messa a punto di una serie di documenti più tecnici e dettagliati sui singoli aspetti e iniziative che sviluppino gli indirizzi contenuti nel documento del ministro Pinotti ..."


 

NGM – Col. Bottacchiari, ma c’era proprio bisogno di un  nuovo libro Bianco a distanza di così poco tempo dal varo della riforma dello strumento militare voluta dall’ex ministro di Paola?

Bottacchiari - Guardi, certamente gli scenari internazionali in rapido e continuo mutamento esigono da un lato una aggiornata e continua analisi geo-strategica dei contesti di interesse del Paese (in particolare area Euro-Atlantica ed Euro-Mediterranea) in conseguenza della quale l’adeguamento di una struttura come quella delle Forze Armate pare ineludibile. Esse debbono infatti costantemente interrogarsi su cosa fare, come e con modello per i prossimi 15/20 anni e ciò  anche alla luce delle ridotte risorse che il Paese può allocare per tali esigenze.

Inoltre pare avvertita forte l’esigenza da parte della autorità politica, di avere un “maggiore peso con piena autonomia e adeguati strumenti di azione, sia per l’esercizio della funzione di indirizzo politico-amministrativo, sia per la verifica dei risultati delle azioni amministrative e di gestione”.

Una riforma quindi complessiva nelle quattro aree delineate dal Libro Bianco:

Governance, Modello Operativo, Politica del Personale e  Politica Industriale, di ricerca e innovazione scientifica.

Detto questo però, ad una prima lettura del testo, emergono  dubbi, lacune ed una buona dose di ermeticità soprattutto per quanto riguarda il capitolo del personale,fatto principale su cui incentrerò queste mie considerazioni.

Si parla infatti genericamente di  “elemento umano che è e rimarrà centrale in ogni soluzione potenzialmente individuabile al fine di rendere pienamente efficace il modello valoriale ed operativo che sarà definito ….di nuova filosofia che deve sottendere l’evoluzione delle retribuzioni, di utile opportunità di formazione lavorativa, di giusti riconoscimenti per la specificità… ma nei fatti il progetto resta alquanto fumoso, e tenta di “scimmiottare”  modelli altrove esistenti (Francia-USA).

Più in generale si nota una tendenza a considerare il personale militare fuori dal contesto dell’ordinamento democratico e civile.

Altro aspetto che fa sorgere perplessità è che, a fronte  del compito che si sono dati gli estensori del libro bianco, nello sviluppare gli indirizzi politici e di politica militare, si lascia poi  a successive Commissioni di alto livello tecnico-giuridico e allo Stato Maggiore Difesa, (con un “comitato guida” già all’opera) la messa a punto di una serie di documenti più tecnici e dettagliati sui singoli aspetti e iniziative che sviluppino gli indirizzi contenuti nel documento del ministro Pinotti che assume nei fatti la valenza di una direttiva ministeriale.

Ad esempio per quanto attiene al modello operativo ed al personale, nel termine di sei mesi, il Capo di Stato Maggiore della Difesa e il Segretario Generale della Difesa, predisporranno i necessari approfondimenti per una nuova struttura organizzativa della Difesa, per la struttura delle forze, per l’operatività e per la strategia industriale; stessa procedura verrà attuata anche in tema di personale per tutto ciò che concerne la selezione, l’avanzamento, l’impiego, l’arruolamento e trattenimento in servizio del personale militare e civile, la costituzione di una Riserva, la  gestione del cosiddetto “regime transitorio etc. etc.

Tutto ciò  porta ad interrogarsi su quale ruolo avranno in tale processo il Parlamento e le Rappresentanze Militari (mai citate nel testo).

Quest’ultime in particolare rischiano di subire ancora una volta dall’alto una riforma che impatterà violentemente sulla condizione professionale e sociale del personale che (non) sono evidentemente in grado di rappresentare.

Concludendo una ulteriore riforma epocale scritta e dibattuta da poche menti.

In definitiva sono molto preoccupato per l’ampliato quadro di precarizzazione per i militari di domani e per il non definito processo di “esodo” per quelli di oggi – speriamo bene!.

NGM - In altre parole, a suo giudizio,  verrà ridiscusso l’impianto delle riforme già adottate?

Bottacchiari – La Legge 244/2012 (cd Legge di Paola) ed i Decreti Legislativi 7 e 8 del 2014 sono nei fatti “carte vecchie”.

Il libro bianco “impatta”  in un contesto in cui lo strumento militare ha “subìto” già diversi interventi di revisione ordinativa ed organica, a partire dagli interventi legislativi di inizio secolo che hanno sancito il passaggio ad un esercito di tipo professionale (190.000 unità), per passare attraverso una  spending review (modello a 170.000) ed infine per arrivare ai numeri previsti dalla cosiddetta “Riforma Di Paola” –  Legge 244/2012,  (150 mila militari entro il 2024).

Ora il libro bianco prefigura uno scenario che detta come principi informativi per le politiche del personale (pag. 39 e 40 cp. 169):

  • Consistenza FF.AA. sempre a 150.000 unità ma con costi inferiori rispetto all’attuale modello;
  • Personale più giovane rispetto all’attuale età media;
  • Uno strumento militare flessibile ed adattabile ovvero una struttura che permetta di “aggiustare rapidamente la consistenza complessiva delle Forze Armate al mutare  dall’esigenze……una struttura più giovane e “operativa” pari tendenzialmente a 2/3 della consistenza organica (domanda: come si fa? Di certo  non con personale in servizio permanente!)
  • Delle Forze Armate compenetrate  con le società civile ………….omississ………….che raggiungano a regime , un bilanciamento tra personale in “Servizio Permanente” e a “Tempo Determinato” tendenzialmente pari al 50% , (oggi 88% “SPE”  e 12% “Tempo Determinato”).

Peraltro rispetto a questo fatidico e futuribile scenario, permangono e si amplificano tutte le  perplessità – già espresse ai precedenti governi  dalla rappresentanza militare - in particolare durante il governo Monti, in ordine alle procedure per arrivare al modello a 150.000 ovvero come accompagniamo il personale oggi in servizio alla agognata pensione?

 

NGM - E’ forse il caso di ribadirle…

Bottacchiari - Le risorse  risparmiate dalla prevista ristrutturazione “DI PAOLA” nel periodo 2016-2024,  saranno pari circa ad un miliardo e 200 milioni di Euro.

L’ulteriore risparmio a regime dal 2025 è stimato in circa 1 Mld di Euro annui.

Le risorse così economicizzate però non vengono neanche in parte utilizzate per favorire l'esodo del personale e, quindi,  per facilitare il raggiungimento del modello a 150.000.

Ciò potrà comportare  due conseguenze: la prima è che non si raggiungerà l’obiettivo previsto entro il 2024, (ipotesi non mia ma contemplata nella relazione ministeriale agli atti del Parlamento) ovvero che lo si intenda raggiungere mettendo in atto  procedure di esodo forzoso come il ricollocamento presso altre amministrazioni, o con la messa  in congedo del personale.

Per questi motivi noi  del Co.Ce.R. sin dall'inizio della riforma “DI PAOLA”  avevamo chiesto che almeno le risorse recuperate nel “transitorio”, fossero destinate ad incentivare l’esodo del personale “in esubero”.

Su questo il governo Monti ha fatto orecchie da mercante, il governo Letta  non ha proprio affrontato il tema e mi sembra che il governo Renzi continui sulla stessa strada..…pur essendo pienamente consapevole della questione.

Del resto è proprio nel libro bianco che leggiamo….. “ a causa della forte contrazione numerica della dimensione complessiva dello Strumento militare avvenuta negli ultimi venti anni, non mitigata nel tempo da un’efficace e concomitante opera di adeguamento che contemplasse, ad esempio, forme di esodo anticipato anche in deroga alle normali dinamiche per il collocamento in quiescenza, si sono determinati significativi sbilanciamenti nella ripartizione tra gradi e categorie del personale…”

Ho ribadito questi concetti anche nel corso del recente incontro avuto con il Sottosegretario alla Difesa On.le Domenico Rossi, non trascurando di sottolineare come il tema dello sbilanciamento delle spese (personale – funzionamento – investimento)– tanto usato e di cui si è abusato durante l’approvazione della riforma “Di Paola”, e ripreso anche nel libro bianco - nei fatti non esiste perché, per l’investimento oltre alle risorse previste nel bilancio della Difesa, ci sono oltre 2 miliardi e mezzo annui allocati presso il MISE.

Pertanto le spese  per investimento superano ampiamente i 6 miliardi annui.

Ben oltre la quota ideale del 25% del budget destinato alla funzione Difesa.

Sorge spontaneo un  interrogativo:

la compressione delle risorse per l'esercizio attuata nell’ultimo decennio e la conseguente “avvertita” necessità di ridurre le spese per il personale è stata una scelta di natura politico-strategica o fatta per favorire il settore industriale degli armamenti?

NGM – Il Libro Bianco come abbiamo visto, conferma i numeri previsti dalla cosiddetta “Riforma Di Paola” basata su 150 mila militari nel 2024,  ma spinge su provvedimenti idonei a reclutare più giovani con contratti a tempo determinato. Come giudica questo obiettivo?

Bottacchiari –  Direi che sono fortissimamente preoccupato, per il modo in cui si affronta il tema del “ringiovanimento” delle Forze Armate rifacendosi a modelli  professionali di altri Paesi Europei senza prevedere allo stesso tempo “concrete” soluzioni adeguate al contesto sociale, culturale ed economico del nostro Paese.

Peraltro quando si parla con troppa enfasi di bilanciamento delle spese tra personale ed investimento ( armi) e di forza combattente e di necessità del suo “ fattore gioventù” mi tornano in mente le parole sì profetiche di un pericolosissimo pacifista : Napoleone Bonaparte .

Egli affermava : “ in guerra la metà di tutto è la fortuna “ e ancora “ alla lunga , la spada viene vinta dallo spirito ” .

Giusto per imporre una riflessione sulla utilità di investire su maggiori armamenti (spada) e sulla  necessità di  sola freschezza (gioventù) dei militari magari a scapito di professionalità e dato esperenziale (spirito).

NGM – Si riferisce alla proposta di una ferma ventennale ?

Bottacchiari – Si, anche,  e  mi chiedo: quali saranno le prospettive lavorative dei cittadini che decidessero di arruolarsi?

Chi sceglierebbe, infatti, di fare il militare con la prospettiva di interrompere improvvisamente il rapporto di lavoro senza che lo Stato garantisca nulla di concreto sul piano lavorativo futuro?

Ricordo a tutti la pubblicità ingannevole per reclutare i volontari delle FF.AA. di ieri e di oggi.

Un principio quello della “meglio gioventù” che sembra tener conto dell’esigenza di operatività dello strumento militare ma che nello stesso tempo manca di una risposta ad una domanda fondamentale: cosa faremo fare  ai nostri militari dopo venti anni di servizio ?

Si sarà disposti a riconoscere realmente la “peculiarità dello status” come avviene in molti Paesi Europei garantendo al personale – ad esempio –una pensione minima e la ricollocazione in altre mansioni pubbliche o sarà semplicemente collocato in congedo ?

Faccio un esempio:

nel testo a pag. 49 punto 216, si parla di reclutamento di  giovani donne e uomini nel numero necessario e di elevata qualità offrendo una non meglio precisata "retribuzione adeguata, incentivi motivazionali, (?) una proposta lavorativa attraente e dinamica e un credibile sistema di reinserimento nel mondo del lavoro, assicurando loro una piena parità di opportunità di lavoro e di carriera….”

Mina canterebbe a questo punto: “parole, parole, parole”.

Ma di che parliamo concretamente?  Mi sembra  tanto di assistere alla vendita di un pacchetto benessere in qualche Resort di lusso…

Ed ancora: nel libro bianco troviamo: finte carriere aperte, forte classismo, precariato esponenziale.

Carriere a compartimenti stagni. Suddivisione “feroce” tra Ufficiali dei ruoli normali e quelli destinati a compiti complementari e di supporto.

Non c’è più  l'ascensore sociale perchè non si prevede il passaggio alla carriera di Ufficiale, le carriere sono rallentate e ipermeritocratiche anche per gli addetti a compiti esecutivi, si parla di revisione delle retribuzioni senza mai dire se con maggiori risorse, si istituisce una riserva selezionata, si aumenta il numero degli Ufficiali a scapito dei Marescialli.

Insomma tutti aspetti molto “urticanti” per il personale senza “pedigree”!.

Quando poi si  afferma che verranno introdotte specifiche norme relative al reinserimento nel mondo del lavoro del personale che presterà servizio  con ferma pluriennale, vorrei proprio capire come si pensa di far funzionare questo modello, nel nostro Paese.

Basterebbe qualche esempio, anche recente, come  quello degli esodati …A distanza di alcuni anni ancora stiamo discutendo come collocarli!

Altro  esempio: Finmeccanica circa un anno fa ha previsto l’assunzione di 1000/1500 giovani. Ebbene, nessuna aliquota è stata  riservata  per i volontari delle FF.AA.  e parliamo di una azienda a capitale pubblico che trae il 50% del suo fatturato dalla Difesa.

Per non parlare delle fabbriche che de localizzano e licenziano…o della recente stabilizzazione dei precari impiegati da oltre tre anni nel pubblico impiego …….chiaramente escluso la Difesa ed i suoi volontari precari sino a 11 anni.

Insomma, mi sembra che  nel libro bianco si ipotizzino soluzioni - in modo particolare l’ampliamento fortissimo dell’arruolamento di volontari in ferma prefissata e l’istituzione di una Riserva Operativa – scelte che richiederanno risorse importanti , assetti di garanzia sociale ed occupazionale che fatico a vedere .

Dico di più: proposte forse improbabili in un contesto socio-economico come quello attuale .

C’è poi un altro aspetto che suscita qualche interrogativo soprattutto rispetto all’operatività delle FF.AA.

Mi riferisco ad alcuni dati che nella versione definitiva del Libro Bianco sono spariti ma che erano presenti nelle bozze di lavoro circolate.

Parliamo di numeri: partendo dalla cifra di 150.000 unità, nelle versioni in bozza del Libro Bianco veniva introdotta una  ripartizione che prevedeva a regime 20.700 Ufficiali con aumento circa di 2.400 unità, 11.000 marescialli a fronte dei 18500 previsti,  quindi 7500 in meno..

E 118.300  sergenti e graduati di truppa (dati desunti dal Libro Bianco e confrontati con la Riforma “DI PAOLA” Legge 244/2012)..

Se pensiamo che attualmente la sola Aeronautica Militare ha 20.000 marescialli, mi  pongo qualche interrogativo rispetto al bilanciamento futuro delle forze armate.

In altre parole, se forze ipertecnologiche come l'Aeronautica o la Marina hanno sinora alimentato  il loro personale  specialistico dal ruolo marescialli ed in futuro si prevede una loro contrazione sino a 11.000 unità, è o non è legittimo domandarsi  se i volumi organici delle singole Forze Armate stabiliti dalla legge 244/2012  rimarranno gli stessi.

Ovvero l'AM avrà ancora 33.800 unità e  la Marina  24.000 o forse ci sarà uno sbilanciamento numerico a favore di  un’altra forza armata? E se si sulla base di quale concetto strategico?

Non era un caso che nella legge 244/2012 fossero invece indicati  i volumi  organici degli ufficiali, sottufficiali , sergenti e  graduati ma anche la ripartizione numerica delle forze per singola FA.

Sussiste quindi la preoccupazione che le  forze più tecnologiche sconteranno questa minore  professionalizzazione.

In definitiva la domanda delle cento pistole: un libro bianco o di diverso colore??

Obiezioni e perplessività che a quanto mi risulta sono state espresse anche da autorevoli generali.

NGM - Timori espressi anche in un’intervista al secolo XIX dell’ex capo di SMD ammiraglio Luigi Binelli Mantelli che,  nel sottolineare di non essere stato coinvolto né interpellato per la stesura del Libro Bianco, lamenta l’emarginazione di Marina e Aeronautica da un nuovo corso che avvantaggerebbe l’Esercito. Di fatto Marina e Aeronautica potrebbero temere di vedere ulteriormente ridotte, almeno sul breve periodo, le loro forze e le nuove acquisizioni a causa del ridimensionamento delle ambizioni nazionali e della “supremazia” espressa dall’Esercito.

Bottacchiari – Beh, come si dice…a pensar male…

E comunque, visto che siamo davanti ad indirizzi politici e che si lascia allo Stato Maggiore della Difesa la messa a punto entro l’anno di un documento più tecnico e dettagliato sui singoli aspetti del libro bianco, vedremo se queste preoccupazioni troveranno conferma….

Mi auguro comunque che in Parlamento si apra una discussione approfondita e che il tutto non si esaurisca con una analisi superficiale, anche considerando che  la stesura del testo è stata messa nero su bianco dal solo staff del ministro Pinotti e da non meglio precisati e conosciuti esperti.

NGM – Eppure nel comunicato diramato al termine del CSM del 21 aprile scorso si legge che : “ Il nuovo Libro Bianco della difesa …è stato elaborato in circa un anno di lavoro, dopo un'ampia consultazione pubblica in cui sono state ascoltate per la prima volta, oltre ai rappresentanti delle forze armate, delle industrie del settore difesa, di accademici ed esperti di relazioni internazionali, anche le associazioni pacifiste…”

Bottacchiari – Forse mi sarò distratto ma al di la di una o due “pubbliche” (si fa per dire) occasioni in cui si è dibattuto della questione non ricordo altri momenti “open” di discussione.

Ritengo quindi che il Libro Bianco sia stato elaborato da una cerchia ristretta di “pensatori”, seguendo un metodo di lavoro molto diverso da quello applicato nei maggiori Paesi Europei.

In Francia, per esempio, per la stesura del Libro Bianco della Difesa avviata nel 2013 per realizzare un modello di difesa valido fino al 2025  è stata istituita una Commissione composta da 3 deputati (Presidente della Commissione Difesa e due membri della stessa) e 3 senatori (Presidente e due vicepresidenti della Commissione Esteri), responsabili delle amministrazioni della Difesa, degli Affari Esteri, dell’Economia e finanze, dello Sviluppo produttivo, dell’Interno, della Ricerca, nonché numerose personalità qualificate  del mondo scientifico (come la Direttrice dell’EDA omologo francese del CNR), dell’Università, Consiglieri di Stato e della Corte dei Conti. Inoltre ne hanno fatto parte anche  un rappresentante della Germania e uno del Regno Unito, per sottolineare l’apertura dei lavori ad una piena dimensione europea ed internazionale.

Inoltre, il Ministero della Difesa francese ha dato ampia voce al proprio personale aprendo nella rete Intranet (Intradef) un sito dedicato alla riflessione sul Libro Bianco consentendo  al personale civile e militare della Difesa, di seguire i lavori ed esprimere pareri, anche sotto pseudonimo. Contributi di pensiero, soprattutto in materia di risorse umane, raccolti e consegnati alla Commissione che le ha recepiti ed inseriti nel Libro Bianco.

Da noi, di certo il percorso non è stato così “open” come dai cugini transalpini. Ad esempio la rappresentanza del personale è stata sino ad ora completamente e credo volutamente ignorata.

NGM – A proposito di rappresentanza militare, nel libro bianco non vi è alcun riferimento su come si intenda rivitalizzare e gestire il ruolo di una futura rappresentanza militare.

Bottacchiari – Di più se mi consente.

Vi sono due aspetti che preoccupano nel fronte ampio del riconoscimento dei diritti ai militari e della “democraticizzazione” dell’istituzione militare attraverso un ulteriore avvicinamento alla società “civile”. Sul primo punto, a pag 38 cap 168, si stigmatizza il fatto che al personale militare si applichino norme e regole vigenti per il pubblico impiego considerate non idonee a rappresentare le peculiarità della condizione militare.

Pensiero arcaico ma purtroppo ricorrente.

Come se ad esempio fatti naturali e sociali come maternità, malattia, assistenza ai portatori di handicap ed impegni in campo politico – amministrativo e istituti giuridici correlati a tali condizioni debbano essere preclusi ai militari quali cittadini di serie “B”.

Sul fronte dell’avvicinamento dell’Istituzione Militare alla società civile, al di la di della petizione di principio: “le Forze Armate non debbono essere concepite quale corpo separato rispetto alla società civile”,  non vi è nulla di concreto tanto da non riservare una sola parola alla necessità di rispettare le recenti sentenze della CEDU in tema di apertura ai diritti sindacali ed associativi ai militari.

Qui il  “# cambia verso” non funziona!

Nel libro bianco si parla  di “ capitale umano come  fattore strategico per una organizzazione complessa come la Difesa, nella quale moltissimo è richiesto in termini di senso del dovere, sacrificio personale e professionalità”.

Concetti ermetici che tutto dicono ma ben poco o nulla  specificano sul diritto dei militari di poter avere una rappresentanza adeguata, disattendendo un aspetto importante della futura riorganizzazione delle FFAA  in una moderna democrazia.

Tutto ciò,  nonostante i diritti sindacali rappresentino una legittimità costituzionale anche per i militari e nonostante i citati pronunciamenti della Corte Europea dei diritti umani che ha recentemente depositato alcune sentenze affermando la violazione dell’Articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da parte degli Stati che vietano la costituzione di sindacati o di associazioni professionali tra i militari.

NGM – Ma il ministro della Difesa Pinotti ha affermato che su questo aspetto il governo non intende intervenire e che  la parola spetta al Parlamento dove – presso la Commissione Difesa della Camera – si stanno discutendo alcuni progetti di riforma.

Bottacchiari – Si, così ha detto il Ministro, ma siamo proprio certi che la sen. Pinotti riesca  a tenere a bada i Suoi generali che, a quanto mi risulta, vengono invitati (a sua insaputa?) in Commissione Difesa nell’ambito delle audizioni che la stessa commissione sta portando avanti con esperti del mondo accademico e giuridico, proprio sull’applicazione delle sentenze della CEDU in tema di Riforma del Modello di Rappresentanza?

Vorrei ricordare che al punto 68 delle Linee Guida per il Libro Bianco si esprimeva, un concetto arcaico e pericoloso laddove trattando  il riconoscimento della peculiarità militare, si affermava…  “Riconoscendo a tale condizione (militare) una differenza tanto  marcata dal pubblico impiego da superare il rapporto di genere e specie che fino ad ora ha condizionato entrambi i domini”.

Anche se non ritroviamo questo passaggio nella stesura finale del libro bianco, si può intuire analogo concetto laddove a pag. 57 al punto 251 (cittadini e Forze armate) si legge:”

L’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183 ha introdotto nell’ordinamento, per il comparto difesa e sicurezza, il concetto di “specificità” in ragione dei peculiari compiti assegnati al relativo personale e degli obblighi imposti per il loro assolvimento. E’ il riconoscimento di una “speciale condizione” di cui tener conto nella regolamentazione dei fondamentali aspetti del rapporto di lavoro instaurato con la Pubblica Amministrazione. In tale ottica, ad esempio, s’inserisce anche il complesso tema della Rappresentanza Militare, che tuttavia non sarà affrontato in questa sede essendo prerogativa dell’azione del Parlamento””.

Una dichiarazione da cui traspare l’impropria ed intempestiva intenzione di “collegare” il tema della rappresentanza alla specificità di status delimitando e limitando il perimetro entro cui regolamentare gli aspetti del rapporto di lavoro militare.

Uno spazio angusto ben separato dal mondo civile e distante dai principi costituzionali ed Europei.

Confido invece in un corretto approfondimento in Parlamento dove, allo stato, giacciono una serie di proposte di legge assai diversificate ma la cui sintesi non potrà non tener conto  di come si sta posizionando la giustizia europea sul tema dei diritti sindacali per gli appartenenti alle forze armate.

Anche perché francamente non se ne può più di ascoltare “appelli” all’unità e alla coesione delle Forze Armate e di timori su una presunta politicizzazione delle stesse che potrebbe derivare dalla costituzione di liberi sindacati!

Volgere lo sguardo all’Europa………no? Vedere i sindacati/associazioni nelle FF.AA. Tedesche, Olandesi, Spagnole, Portoghesi, Svedesi…..etc., (si al Sindacato in 28 stati aderenti al Consiglio d’Europa).

Prender nota infine che i colleghi Britannici sono con la tessera del Sindacato Generale in tasca invece di star qui a discutere di “specialità”.

Sul tema ho avuto modo di ribadire recentemente in  Commissione Difesa che la politica potrà anche scegliere di non adeguarsi alle indicazioni cogenti che provengono oggi dalla Corte Europea dei Diritti  dell’Uomo, ma in questo caso dovrà essere messa in conto una condanna del nostro Stato al pari di quello francese, considerato che a breve saranno esaminati due ricorsi, sul divieto di associazione sindacale per i militari italiani, uno presentato dalla Associazione Assodipro che contiene anche la mia firma, e l’altro, da un gruppo di 500 finanzieri italiani .

Quel giorno, sarò ben lieto di guardare in faccia chi oggi ha assunto, in Parlamento e fuori, posizioni  di retroguardia e autoreferenziali che si scontrano con i reali  interessi del personale.

In conclusione se volessi trovare un motto per il Libro Bianco potrei dire con l’enfasi dovuta (e se mi si consente con un pizzico di ironia):

”VIVA L’ITALIA, VIVA LE FORZE ARMATE, VIVA IL PRECARIATO!!!.