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Atteso dalla fine dello scorso anno, il Libro Bianco della Difesa è stato presentato il 21 aprile dal ministro della Difesa Roberta Pinotti al Presidente della Repubblica e al Consiglio Supremo di Difesa che ne ha approvato i contenuti.
Di Libro Bianco si sentiva del resto il bisogno considerato che l’ultimo documento nato con aspirazioni programmatiche venne elaborato dal governo Berlusconi nel 2002 ma fallì nel suo obiettivo limitandosi, nonostante le centinaia di pagine, a costituire un utile Almanacco della Difesa che fotografava capacità e forze disponibili.
Chi si attendeva dal documento programmatico del ministro del governo Renzi indicazioni sul numero di aerei (occhi puntati sugli F-35!), navi e mezzi da acquisire è destinato a restare deluso ma del resto gli estensori del Libro Bianco, composto da appena una sessantina di pagine, si sono dati il compito di sviluppare gli indirizzi politici e di politica militare lasciando allo Stato Maggiore Difesa (SMD) la messa a punto entro quest’anno un documento più tecnico e dettagliato sui singoli aspetti e iniziative che sviluppi gli indirizzi contenuti nel documento del ministro Pinotti.
Così come dovranno essere ratificate leggi, norme e regolamenti per dare piena attuazione alle molte novità contenute nel Libro Bianco.
Il documento è infatti estremamente “politico” a cominciare dal fatto che sottolinea la supremazia della politica nelle decisioni della Difesa.
Una precisazione che può sollevare critiche ma che costituisce un forte cambiamento specie nel settore organizzativo e delle acquisizioni degli armamenti dove i governi si sono spesso limitati a ratificare e finanziare (in molti casi in modo insufficiente) decisioni assunte dagli “apparati” burocratici, militari e industriali.
Priorità euro-mediterranea
Tralasciando la lunga introduzione sul ruolo delle Forze Armate e il contesto geopolitico, il Libro Bianco pone al centro della Difesa nazionale l’area euro-mediterranea sancendo di fatto il ridimensionamento delle ambizioni militari nazionali ma adeguandolo alle ristrettezze finanziarie che caratterizzano l’attuale momento e legandolo direttamente al cuore degli interessi nazionali.
Dopo un inevitabile riferimento istituzionale alla dimensione euro-atlantica della Difesa italiana (istituzionalmente corretto ma un po’ stucchevole considerando come NATO e Ue stiano mostrando ben poca sensibilità verso i problemi e gli interessi di sicurezza italiani) il Libro Bianco sottolinea come “la zona euro-mediterranea rappresenta la principale area d’intervento nazionale”.
Il documento programmatico sembra indicare come in futuro ci saranno margini limitati per missioni in aree più lontane al seguito degli alleati.
Valutazioni che sembrano peraltro cozzare con la decisione di Matteo Renzi di rispondere positivamente alla richiesta statunitense di prolungare di alcuni mesi (forse fino alla primavera 2016) la presenza dei 700 militari ancora schierati a Herat. Una decisione annunciata durante la visita del premier a Washington e che pare però bilanciata da una non meglio precisata maggiore disponibilità della casa Bianca a sostenere l’iniziativa italiana nello scenario libico.
Tornando al Libro Bianco sembra attagliarsi proprio alla Libia la valutazione che “in taluni casi, l’Italia potrà anche assumere l’onere di guidare, in qualità di Nazione leader, tali operazioni, in particolare in quelle aree ove la conoscenza diretta delle situazioni e maggiore per vicinanza storica, sociale o culturale”.
Spinta interforze
In termini di strumento militare il Libro Bianco conferma i numeri previsti dalla cosiddetta “Riforma Di Paola” basata su 150 mila militari nel 2024 (saranno 170 mila all’inizio del 2016) ma spinge su provvedimenti idonei a reclutare più giovani con contratti a tempo determinato (Volontari a Ferma Prefissata) con maggiori tutele al momento del congedo e a istituire una vera “Riserva operativa” con il personale volontario uscito dai ranghi ma disponibile a essere richiamato.
Si tratta di “rivoluzioni” necessarie per l’apparato militare italiano che, insieme alla politica, aveva approfittato della transizione dalla leva al professionismo per importare il sistema “statale” del posto fisso a tempo indeterminato anche nelle Forze Armate. I risultati sono reggimenti di fanteria composti da 40enni e un progressivo invecchiamento delle forze armate che con la riduzione dei ranghi prevista, e ottenuta tagliando drasticamente i nuovi arruolamenti, nel 2024 saranno composte da personale che avrà un’età media compresa tra i 48 e i 50 anni.
Anche l’istituzione di una vera Riserva colma un vuoto fondamentale e garantisce anche all’Italia una reale risorsa militare rispetto all’attuale sistema che consente solo di recuperare alcune professionalità specifiche dal mondo civile.
A questo proposito il Libro Bianco parla di Capacità di Mobilitazione ove le “forze di riserva offrono la necessaria base di espansione delle forze regolari in caso di mobilitazione per fronteggiare un’emergenza di ampia portata”.
Le Forze Armate disegnate dal Libro Bianco dovranno rispondere a una maggiore integrazione interforze che si rifletterà su diversi aspetti e che dovrà costituire un bagaglio d’esperienza imprescindibile per i futuri vertici militari. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa vedrà quindi ingigantiti i suoi poteri con il comando pieno delle operazioni esercitato attraverso il Comando Operativo di Vertice interforze (COI).
Di fatto non saranno più possibili operazioni a gestione diretta degli stati maggiori di forza armata come, ad esempio, Mare Nostrum. Anche la logistica e parte della formazione dovranno essere gestite in un’ottica interforze eliminando gli sprechi e riducendo la spesa liberando (si spera) risorse da destinare all’operatività. In quest’ottica l’acquisizione di nuovi mezzi e il loro sostegno logistico al ciclo di vita in coordinamento con le aziende produttrici verrà sottratto al controllo degli stati maggiori e affidato alla Direzione Nazionale Armamenti oggi inserita nella struttura di Segredifesa.
Bilancio e Ricerca
Novità importanti anche nel settore finanziario con il bilancio della Difesa destinato a superare l’attuale suddivisione in spese per Personale, Esercizio e Investimenti per costituirne una nuova suddivisa in Personale, Operatività e Impiego.
Quest’ultima voce ingloberà i fondi attualmente stanziati dalla Presidenza del Consiglio mediamente ogni semestre per finanziare le missioni oltremare ma anche quelle sul territorio nazionale e zone limitrofe che stanno assumendo (e presumibilmente assumeranno ancor di più in futuro) un peso rilevante.
Gli investimenti, cioè i fondi per acquisire nuovi equipaggiamenti, verranno invece inseriti in leggi pluriennali (6 anni) che consentiranno di dare un maggior respiro ai singoli programmi eliminando molte lungaggini e tempi morti che finora hanno caratterizzato tutti i maggiori programmi.
La cooperazione del Ministero dell’Università e Ricerca e del Ministero dello sviluppo economico ai programmi della Difesa verrà arricchito da un piano di coordinamento interministeriale che avrà il compito di individuare e impostare le aree tecnologiche e scientifiche in cui concentrare le risorse (scarse) disponibili per la ricerca.
Il Libro Bianco, che in molti punti trae ispirazione dai documenti programmatici elaborati negli anni scorsi in Francia e soprattutto in Gran Bretagna (alcuni punti risultano estrapolati dal Defence Reform britannico del 2011, soprattutto dove si parla degli aspetti interforze), indica una strada che incontrerà non poche resistenze ma che oggi appare inevitabile percorrere se si vuole evitare la paralisi totale dello strumento militare.
Rischi e critiche
Le insidie all’applicazione del documento programmatico sono davvero molte e la sua attuazione dipende dal lavoro del Parlamento, dello Stato Maggiore Difesa e del governo, chiamato a finanziarie le “rivoluzione” messa nero su bianco dallo staff del ministro Pinotti.
Superfluo infatti sottolineare che gran parte delle misure descritte nel Libro Bianco e in modo particolare l’arruolamento di volontari in ferma prefissata e l’istituzione di una Riserva Operativa richiederanno risorse importanti. Forse improbabili in un contesto come quello attuale che vede ben il 73% per cento del bilancio della Funzione Difesa assorbito dalle spese per il personale.
Altre insidie sono rappresentate dal rischio che leggi e regolamenti non vengano armonizzati con il Libro Bianco o che il prossimo governo trovi utile per convenienza politica, ragioni ideologiche o di altra natura, riporre il documento messo a punto dallo staff del Ministro Pinotti in un cassetto per azzerarne i contenuti o per scriverne un altro.
Comprensibili le riserve emerse da molti ambienti vicini a Marina ed Aeronautica che guardano con sospetto alla spinta interforze specie dopo che la nomina del generale Claudio Graziano a capo dello Stato Maggiore Difesa ha evidenziato come la decisione politica abbia sostituito la tradizionale rotazione tra le Forze Armate nella scelta del massimo vertice militare.
Timori espressi il 21 aprile in un’intervista al secolo XIX dell’ex capo di SMD ammiraglio Luigi Binelli Mantelli (nella foto a sinistra), che ha ceduto meno di due mesi l’incarico. Binelli dichiara di non essere stato coinvolto né interpellato per la stesura del Libro Bianco lamentando l’emarginazione di Marina e Aeronautica da un nuovo corso che avvantaggerebbe l’Esercito. Critiche che certo avrebbero avuto un peso maggiore e più costruttivo se fossero state espresse dall’ammiraglio quando era ancora in servizio e durante la fase di stesura del Libro Bianco.
Tra i critici del Libro Bianco molti sostengono che il documento sia stato realizzato in buona parte dal generale dell’Esercito Rolando Mosca Moschini che a 76 anni resta al Quirinale con l’incarico di segretario del Consiglio Supremo di Difesa. Di fatto Marina e Aeronautica potrebbero temere di vedere ulteriormente ridotte, almeno sul breve periodo, le loro forze e le nuove acquisizioni a causa del ridimensionamento delle ambizioni nazionali e della “supremazia” espressa attualmente dall’Esercito.
Timori tutti da verificare ma comprensibili dal momento che tutti gli apparati interforze che dal Libro Bianco acquisiranno forza e potere (Stato Maggiore Difesa , COI e Segredifesa) sono al momento guidati da generali di corpo d’armata dell’Esercito.
Le riserve ai cambiamenti indicati dal Libro Bianco dimostrano semmai la necessità di offrire rassicurazioni ad alcune forze armate circa il loro futuro ma non devono sorprendere considerato che nell’Italia dei campanili non sono stati certo rari i casi di vertici di SMD che si sono esposti alla critica di aver guardato più agli interessi della forza armata d’appartenenza che a quelli interforze. Contese tra Forze Armate diffuse in realtà in tutto il mondo ma divenute sempre più frequenti caratterizzandosi sempre più spesso in Italia come “guerre tra poveri” con il progressivo ridursi delle risorse finanziarie disponibili.
Gianandrea Gaiani