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Se l'imputazione dalla quale viene prosciolto il dipendente della Pa non riguardava fatti inerenti lo svolgimento della funzione pubblica, non scatta l'obbligo dell'amministrazione di appartenenza di rimborsare le spese legali sostenute per la difesa nel processo. Così la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 2366/16 .Il ricorso per cassazione contrastava la sentenza della corte d'Appello - che al contario del primo grado di giudizio - aveva confermato la legittimità del provvedimento dell'Agenzia delle entrate di rigetto della richiesta di rimborso presentata dal dipendente a seguito della propria assoluzione.
Nel caso affrontato dalla Cassazione viene confermata la tesi dei giudici di secondo grado che intravedevano la legittimazione dell'amministrazione a contribuire alla difesa di un proprio dipendente in sede penale sempre che sussista un interesse specifico al riguardo, il quale va individuato nell'imputabilità dei fatti contestati all'attività connessa a raggiungere il fine pubblico.
I fatti
Il ricorrente pretendeva la restituzione delle spese sostenute nel processo dove era stato accusato per falso materiale, falso ideologico e truffa. Era stato accertato che il dipendente aveva cercato di realizzare un illecito utile privato, a vantaggio anche di soggetti terzi, falsificando i modelli contenenti i dati sulle ore di alcune attività lavorative che determinavano l'entità della retribuzione e di connesse indennità. Circostanze che hanno fatto individuare, al contrario, un conflitto tra dipendente e amministrazione per il danno emergente verso quest'ultima.
Il ragionamento dei giudici
Per i giudici, che confermavano il diniego del rimborso, il comportamento ritenuto penalmente rilevante - prima del proscioglimento - non era stato compiuto per conto, nel nome e nell'interesse dell'amministrazione. Ma il rapporto di lavoro pubblico che legava il ricorrente all'amministrazione era stato solo l'occasione del suo agire, addirittura a detrimento del proprio datore di lavoro. Non si trattava quindi di comportamenti conformi ai doveri del dipendente pubblico, cioè dovuti in adempimento al vincolo verso l'amministrazione.
Perciò la Pa nulla doveva restituire al dipendente, che aveva sostenuto spese processuali per difendersi da un'accusa fondata su azioni che esulavano dal raggiungimento di un fine pubblico.
Ragionano i giudici, sottolineando che il rapporto che obbliga la Pa al rimborso delle spese legali è quello che deriva dalla figura civilistica del mandato e che obbliga il mandante (la Pa) al rimborso verso il mandatario (il dipendente pubblico) quando quest'ultimo ha agito a vantaggio e non in danno del mandante.