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Da qualche settimana ha preso il via l’operazione “TRITON”, condotta dall’Agenzia Frontex con la partecipazione di personale e mezzi navali e aerei di diversi paesi dell’Unione Europea.
Assistiamo con stupore e non poca preoccupazione alle inopportune pressioni che sta ponendo in essere lo Stato Maggiore della Marina Militare per cercare di assumere il coordinamento della missione che, come avviene da almeno sette anni per tutte le operazioni Frontex condotte nel nostro Paese, è stato assegnato al Comando Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Pratica di Mare.
Frontex (Agenzia Europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea) è un’Agenzia che ha come finalità il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri dei Paesi membri dell’Unione Europea.
Le operazioni condotte sul campo hanno finalità di polizia marittima, aerea o terrestre a seconda dei casi, con il coinvolgimento di varie istituzioni e Corpi di Polizia di frontiera europei, tra i quali la Guardia di Finanza, da sempre in prima linea nel controllo delle frontiere, di terra o di mare che siano.
Tra i compiti istituzionali del Corpo spiccano infatti il contrasto ai traffici illeciti via mare, la polizia economico finanziaria in mare, la polizia marittima in generale ed il controllo delle frontiere.
Orbene, non è dato comprendere secondo quale logica il coordinamento di un’operazione europea di polizia debba essere affidato ad una Forza Armata che polizia non è, continuando ad alimentare l’endemica confusione tipicamente italiana tra sicurezza e difesa, tra Forze di Polizia e Forze Armate.
L’argomento non è affatto nuovo, ma viene ora riproposto con disinvolta inopportunità da chi non esita ad esorbitare dalle proprie attribuzioni e compiti, confondendo le mire espansive di funzioni e ruoli, con gli interessi generali nazionali e dell’Unione Europea.
Secca è stata la risposta di Frontex: nessun cambio di guida, la Marina Militare potrà dare eventualmente il suo apporto alle operazioni, ma il coordinamento rimane della Guardia di Finanza, con la supervisione del Ministero dell’Interno.
L’insistenza – che emergerebbe da alcuni articoli stampa – da parte della Marina Militare ad ottenere il comando dell’operazione “TRITON” richiama alla mente l’analogo “pressing” che la Capitaneria di Porto-Guardia Costiera da anni fa sull’Autorità di Governo, sul Parlamento e sull’opinione pubblica, per diventare l’unica forza di polizia operante in mare, previa “abolizione” per legge di tutte le forze di polizia vere e proprie operanti in mare, prima fra tutte la Guardia di Finanza.
Anche in questo caso troneggia l’equivoco italiano: perché un’istituzione che non è di polizia (la Capitaneria di Porto-Guardia Costiera) e che è parte integrante di una forza armata (la Marina Militare) rivendica la necessità di diventare “unica” forza di polizia in mare?
Perché mai un’istituzione che non è di polizia, anche se svolge alcune funzioni di polizia nei porti, in mare ed in alcuni settori specifici, dovrebbe sostituire un Corpo che da sempre è di “polizia”, come la Guardia di Finanza?
In nome di una generica razionalizzazione ed economicità, diventerebbe “polizia” a tutto campo chi no lo è e non lo è mai stato, a dispetto di chi lo è da almeno 150 anni.
La Guardia di Finanza, nel corso della sua storia, ha scritto pagine gloriose nella diuturna sorveglianza e difesa dei compiti, di terra e di mare, versando un alto contributo di sangue.
Tutti ricordano l’immagine del finanziere Zara riverso a terra sotto l’aereo sequestrato dai terroristi arabi all’aeroporto di Fiumicino, vittima del dovere nell’estremo tentativo di contrastare i sequestratori.
Così come le decine di Fiamme Gialle che hanno dato la vita nella lotta al terrorismo transfrontaliero alto-atesino negli anni 60, sino ai finanzieri Zoccola, De Rosa, De Falco, Sottile, caduti negli anni del contrabbando via mare nel basso Adriatico.
Se non il dovere di osservanza dei compiti istituzionali di ciascuno, se non la necessità di separazione tra difesa e sicurezza, tra Polizia e Forze Armate, almeno il riconoscimento per il valore dimostrato sul campo ed il rispetto per i caduti in servizio nell’attività di controllo delle frontiere, da sempre “zoccolo duro” dell’attività operativa della Guardia di Finanza, avrebbe dovuto consigliare ben altro atteggiamento ai dirigenti della Marina Militare.
Chi ritiene di poter dare un contributo ad altri Enti ed Istituzioni lo faccia, con spirito di dedizione e lealtà, senza assumere posizioni che appaiono invasive di compiti e prerogative altrui.
Recentemente è apparso su un quotidiano una precisazione della Marina Militare, in cui ha dichiarato di non aver avanzato nessuna richiesta a Frontex, ma di aver semplicemente offerto ai Ministeri interessati, la disponibilità all’utilizzo della propria centrale operativa, in uno spirito di collaborazione per il coordinamento e la pianificazione dei mezzi sulla scena d’azione. Seppur tale precisazione giunga tardiva, restano le perplessità sinora espresse.
Se poi dovessimo rendicontare l’enorme differenza di costi per le finanze pubbliche derivanti dall’impiego di navi militari rispetto ad imbarcazioni più propriamente di polizia marittima, quali quelle della Guardia di Finanza, il confronto è impari ed imporrebbe una seria riflessione in un momento di crisi economica come quella che stiamo attraversando, oltre all’evidente contraddizione rispetto agli invocati risparmi di spesa.
L’Europa, tramite Frontex, ha già dato una sua risposta netta al riguardo, confermando il coordinamento dell’operazione di TRITON in capo alla Guardia di Finanza.
Auspichiamo che analoga ferma posizione sia, nei fatti, assunta anche dal Governo italiano.
Guglielmo Picciuto
Delegato Co.Ce.R. G. di F