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Cosa cambia con la rivalutazione. Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 novembre

Aumentano gli importi delle pensioni dal 1 gennaio 2022. E' l'effetto dell’adeguamento all’inflazione prevista nel 2021. Viene abbandonato il meccanismo di rivalutazione utilizzato negli ultimi dieci anni per tornare a un meccanismo più semplice, a fasce. In altre parole,  in assenza di correttivi futuri sempre impossibili da escludere, si torna ai tre "scaglioni Prodi", un po' più ricchi per i pensionati rispetto alle rivalutazioni degli ultimi anni. Senza troppi tecnicismi, basti sapere che con questo meccanismo si attua una rivalutazione piena al 100% per le persone fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.062 euro lordi), al 90% sulla quota di pensione tra quattro e cinque volte il minimo (fascia tra 2.062 e 2.577,90 euro) e del 75% sulle pensioni oltre cinque volte la quota minima. Per la fascia con indice di perequazione al 90% la rivalutazione effettiva sarà dell'1,5% circa, mentre per chi ha una pensione superiore ai 2577,90 euro il coefficiente scenderà all'1,275%.

 

Con il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 novembre, si specifica che il tasso provvisorio da applicare l'anno prossimo per adeguare le pensioni all'inflazione è dell’1,7 per cento. Ma numeri precisi non possono ancora esserci: è un dato provvisorio in quanto calcolato sui mesi gennaio-settembre, e per ottobre-dicembre c'è solo una stima. A inizio 2023 si applicherà il valore definitivo, che potrà essere uguale, più alto o più basso con contestuale conguaglio a favore o sfavore dei pensionati. Per quel che riguarda i calcoli sul 2020 non ci saranno conguagli a gennaio 2022 sulle pensioni. Infatti - come nota oggi il Sole 24 Ore - "la variazione dell’indice di riferimento calcolato dall’Istat è -0,3%, ma l’adeguamento non può essere negativo e quindi è stato portato a zero (per la terza volta dal 2016 a oggi)".

 

Quindi tutte le pensioni saranno aumentate dell'1,7 per cento? No.

Si procede per fasce, dopo che dal 2012 a oggi la percentuale di rivalutazione era stata applicata a tutto l'importo con aliquote inversamente proporzionali all’ammontare dell'assegno. L'aumento pieno sarà riconosciuto fino a 2.062,32 euro attualmente pagati. Chi prende pensioni più alte, avrà l’eccedenza rivalutata dell’1,530% fino a 2.577,90 euro, e l’eventuale quota ulteriore sarà rivalutata dell’1,275%.

Una pensione di 2.500 euro lordi mensili con le regole attuali sarebbe rivalutata dell’1,309% (il 77% di 1,7) e arriverebbe a 2.532,73 euro. Con il meccanismo a fasce aumenterà a 2.541,76.

Cambia anche la pensione minima: si va dagli attuali 515,58 euro mensili a 524,34 euro. L'assegno sociale passerà da 460,28 a 468.

Cambiano pure i valori soglia minimi per le pensioni contributive. La pensione di vecchiaia non può essere sotto di 1,5 volte all’assegno sociale (controvalore pari a 702,16 euro mensili) mentre la pensione anticipata non dovrà essere inferiore a 1.310,69 euro mensili. Le pensioni ai superstiti non subiranno tagli se il reddito del percipiente sarà inferiore a 20.449,45 euro. Altrimenti, a salire, il taglio sarà del 25, 40 o 50 per cento. (https://www.today.it/economia)

 

Argomento: 
Attualità e Politica