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Con la Circolare n. 169 dello scorso 15 novembre l’INPS ha operato una quanto mai opportuna marcia indietro rispetto alla circolare n. 94 dello scorso 31 maggio, ritendendo l’art. 31 della legge n. 610/1952 applicabile al personale CTPS (Cassa Trattamento Pensionistici dei dipendenti dello Stato) e quindi anche al personale del comparto sicurezza e difesa e spostando dal 31.12.2017 ad una data non anteriore all’01.01.2019 il primo termine di prescrizione dei contributi previdenziali.
Questa nuova interpretazione mette al riparo dalla prescrizione gli assegni di pensione (in quanto saranno comunque calcolati tenendo in considerazione anche gli eventuali contributi mancanti) e addebita i relativi oneri alle amministrazioni e non più all’Ente previdenziale.
La prescrizione dei contributi pubblici, unitamente alla strettamente correlata inaffidabilità delle banche dati ex INPDAP, è da tempo all’esame dell’INPS.
La stragrande maggioranza dei c.d. “estratti conto contributivi” del personale pubblico è infatti incompleta, inesatta o errata, mentre la prescrizione dei contributi non è stata mai fatta concretamente valere da parte dell’INPDAP[1].
Anche se spesso si tratta di errori di carattere formale (un esempio per tutti: l’imponibile pensionistico di tutti i finanzieri riferito all’anno 2001 risulta più o meno la metà di quello indicato nel CUD per via di una doppia conversione da lire ad euro) la questione è di fondamentale importanza.
L’inattendibilità delle banche dati contributive, connessa alla citata allegra gestione della prescrizione da parte dell’ex INPDAP, infatti:
impedisce al personale di avere un quadro preciso della situazione contributiva e quindi di calcolare con una certa attendibilità la proiezione dell’assegno di pensione, con conseguente difficoltà ad operare per tempo scelte produttive in termini di trattamento previdenziale;
non consente di calcolare il trattamento di quiescenza sulla base di quei dati, tanto che poco prima del diritto a pensione (ovvero quando si ha diritto al c.d. “estratto conto certificato”) l’INPS è costretta a chiedere i dati reali ed aggiornati alle amministrazioni e sulla base degli stessi calcola l’assegno di pensione;
produce danni economici all’INPS che da un lato è costretta a riconoscere assegni di pensione più alti e dall’altro non ha diritto da alcun ristoro economico in ordine ai contributi non versati.
E’ quindi è assolutamente necessario ed urgente aggiornare le banche dati contributive dell’INPS ed arrivare alla certificazione dell’estratto conto contributivo.
In questo senso la circolare n. 169 induce le amministrazioni ad aggiornare e comunicare all’INPS i dati contributivi entro il 31.12.2018, pena il pagamento della provvista necessaria (c.d. riscatto) a garantire il trattamento previdenziale eventualmente prescritto. Dal 01.01.2019, infatti, se i dati e/o i relativi versamenti contributivi presenti nelle banche dati INPS non sono corretti ed il termine per sanarli risulta prescritto, al personale sarà comunque riconosciuta la pensione senza alcuna decurtazione ma le amministrazioni dovranno pagare obbligatoriamente e per intero il riscatto dei contributi mancanti.
Speriamo che l’”invito” sia accettato dalle amministrazioni e produca effetti nei tempi previsti (2 anni), anche se quel “non anteriore”indicato nella circolare prima del 01.01.2019 non è molto rassicurante.
Gianluca Taccalozzi - Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza
[1] emblematico il principio base sancito dal parere n. 65 del 28 gennaio 2009 della Sezione Regionale Lombardia della Corte dei Conti ed utilizzato dall’INPDAP, secondo il quale la prescrizione non aveva effetto per il dipendente ma aveva effetto per le amministrazioni nei confronti dell’Ente.