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Di Gianluca Taccalozzi - Una recentissima interrogazione parlamentare del M5S ha evidenziato l’irragionevolezza della c.d. “omogeneizzazione stipendiale” dei ruoli direttivi delle Forze Armate e delle Forze di Polizia. Contemporaneamente la RGS ha accordato l’esclusione “ex post” dal blocco stipendiale delle indennità “perequativa” e di “posizione” del personale dirigenziale ed il conseguente riconoscimento dei relativi arretrati a far data dal 01.01.2011.
Aldilà del facile populismo che impera in rete, queste due circostanze evidenziano quanto sia necessario ed urgente rivedere l’intera struttura retributiva del comparto sicurezza e difesa. Una struttura anacronistica e disallineata rispetto al resto del pubblico impiego e del lavoro privato, che mortifica chi merita (“fesso”) e premia chi “campa di rendita” (“furbo”).
Partiamo dalla questione “omogeneizzazione”. L’istituto riconosce al personale della categoria “Ufficiali” il trattamento economico dirigenziale dopo una certa anzianità, a prescindere dalla posizione ricoperta e dalle funzione svolta. La logica di fondo è: “anche se non sei stato promosso (perché non possiamo promuovere tutti) ti retribuisco come se lo fossi stato”. Una logica “irragionevole” che si rinviene anche nella struttura retributiva dei ruoli non direttivi, sotto forma di assegni parametrali legati all’anzianità e scollegati dal grado: App. sc. + 8, Brig Capo + 8, Mar. Capo + 10, ecc., Mar. A. + 8. Non si tratta, quindi, di un privilegio o di una prerogativa del ruolo “Ufficiali”, ma di una criticità che investe l’intero sistema retributivo del comparto.
Passiamo alla questione “perequativa/posizione”. Queste tipologie di indennità sono state riconosciute al personale dirigente del comparto alla fine degli anni novanta, con l’obiettivo perequare il loro trattamento economico a quello del resto della dirigenza del pubblico impiego (nel frattempo esploso a seguito della c.d. “privatizzazione”). Esse rappresentano, di fatto, il paradigma delle c.d. “indennità di sedia” del pubblico impiego privatizzato e premiano la funzione (sostanza) e non il grado (forma).
Ebbene, nel pubblico impiego privatizzato questo tipo di indennità (essendo correlate alla funzione) non sono mai state assoggettate al blocco stipendiale. La sentenza della Corte Costituzionale 304 del 2013 ha chiarito che le indennità in questione non erano da considerare incluse nel blocco stipendiale di cui al d.l. n. 78/2010. Da qui lo sblocco e gli arretrati.
Ora. Si può considerare intempestivo e contraddittorio l’atteggiamento delle amministrazioni del comparto. Si può considerare un’ingiustizia il fatto che per tre anni queste indennità sono state parzialmente ristorate utilizzando fondi destinati al riordino dei ruoli non dirigenziali. Si può criticare il fatto che non sia stato ricompreso nello sblocco anche l’assegno di valorizzazione dirigenziale di Maggiori/Ten Col.. Si può concordare sul fatto che le amministrazioni abbiano seguito la vicenda con un’attenzione ed un’intensità “particolare”. Si fa però fatica ad affermare che la soluzione sia illegittima o forzata. Una soluzione che dimostra, una volta di più, come le indennità correlate alla funzione sono oggi molto più “spendibili” rispetto a quelle legate alla mera anzianità.
Non a caso, anche per quanto attiene al personale non dirigente, l’unica forma di retribuzione esclusa dal blocco è stata quella legata ai c.d. “fondi efficienza”.
Gianluca Taccalozzi
Delegato Cocer Guardia di Finanza.
Fonte: Ficiesse.it