Periodico di informazione delle Forze Armate, Forze di Polizia e Pubblico Impiego

Roma, 6 ott – Ancora tagli in vista per la Difesa: il dicastero del ministro Padoan prevede un ulteriore decurtamento del bilancio delle Forze Armate per fare fronte ad un buco di 4/5 miliardi delle coperture della Legge di Stabilità.

Come riportava ieri “La Repubblica” si tratterebbe di un taglio previsto di circa il 3% del bilancio del comparto Difesa, pari a 478 milioni. Una parte, circa una settantina di milioni, andrebbe a incidere sull’Arma dei Carabinieri, in particolare sul parco auto. Ma il colpo di scure più pesante verrebbe inflitto sui finanziamenti per l’ammodernamento dei sistemi d’arma, ovvero sugli investimenti dei nuovi programmi volti a rendere moderne le nostre Forze Armate.

La notizia, trapelata nella giornata di ieri, che era di dominio pubblico in Parlamento ma soprattutto tra gli ambienti militari, ha fatto andare su tutte le furie i generali, che esprimono la propria seria preoccupazione sull’esito che questi tagli potrebbero avere considerando la situazione internazionale: non solo l’IS alle porte, ma anche la ventilata possibilità di un conflitto che ci vedrebbe coinvolti.

Contro l’ipotesi del Tesoro di tagliare risorse agli armamenti si schiera il sottosegretario alla DifesaDomenico Rossi (eletto alla Camera con Scelta Civica, ora in “Per l’Italia”), ex Generale di corpo d’armata, è stato Sottocapo di Stato maggiore della Difesa, e presidente del Cocer interforze: “Esprimo la mia profonda preoccupazione per la prossima legge di Stabilità perché non vi sono più margini di riduzione delle risorse disponibili senza rischiare di incidere direttamente sull’efficienza delle forze armate, specie in un momento di massima esigenza di sicurezza”.

“Le riduzioni, infatti – prosegue Rossi – andrebbero ormai ad incidere in modo non assorbibile proprio sull’addestramento del personale, sul mantenimento e ammodernamento dei mezzi, sulla sicurezza e protezione dei militari, sulle loro condizioni di vita. La Difesa si trova nell’impossibilità di ridurre ancora le spese, dopo aver già realizzato un processo di riduzione dei bilanci di una portata epica. Se fossi ancora un generale, direi, in sintesi: abbiamo già dato”.

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Sul fronte opposto Il coordinatore di Rete Disarmo Francesco Vignarca commenta così la notizia di un intervento armato dei nostri caccia in Iraq che arriva in pieno scontro tra Tesoro e Difesa per intervenire sul bilancio - 23 miliardi - del ministero: "Quale carta migliore di una ‘necessità operativa’ per difendere i fondi destinati alla spesa militare?"Quale migliore scusa per un rafforzamento, altro che tagli, del budget della Difesa di una bella eventualità di impegno diretto contro le milizie terroriste dell’Isis?”.

 

L’ipotesi di un’escalation dell’intervento militare italiano in Iraq arriva nel pieno dello scontro politico tra Difesa e Tesoro sulla richiesta di Padoan di diminuire di 4-500 milioni il budget militare annuale (23 miliardi) in quanto “non coerente con le effettive necessità”. 

Del resto, osserva ancora Vignarca, la Difesa ha avanzato “cospicue richieste di finanziamento per nuovi sistemi d’arma a partire già dal 2016”, e l’annuncio sull’Iraq è “del tutto funzionale a questa partita a scacchi sui soldi”.

 

Secondo il Corriere della Sera, i quattro Tornado italiani basati in Kuwait che da un anno svolgono in Iraq solo missioni di ricognizione e designazione obiettivi – al costo di 28mila euro all’ora per ogni aereo – effettueranno presto anche missioni di bombardamento contro lo Stato Islamico, come già fanno da tempo – con scarsissimi risultati – i cacciabombardieri di Stati Uniti,Inghilterra, Francia, Norvegia, Olanda e Danimarca. Una nota del Ministero della Difesa ha poi chiarito che al momento non è ancora stata presa una decisione in tal senso, confermando che però l’ipotesi è in fase di valutazione di concerto con gli alleati – proprio oggi la ministra Pinotti incontrava a Sigonella il nuovo capo del Pentagono Ash Carter.

Anche secondo il vicepresidente della Commissione Difesa della Camera, Massimo Artini (ex Cinquestelle, ora Alternativa Libera), “la tempistica di questa notizia influirà certamente sul dibattito intorno ai ventilati tagli alle spese militari da inserire nella prossima legge di stabilità: se andiamo a bombardare in Iraq la Difesa avrà buon gioco a rivendicare la necessità di fondi, a partire da quelli per le scorte di missili e bombe che sganceranno i nostri Tornado e che non ricrescono sugli alberi”.

“La notizia – concorda Luca Frusone (M5S) – è stata fatta trapelare non a caso in questo momento. Quando si parla di tagli alla Difesa c’è sempre un colpo di reni da parte dei militari per giustificare la necessità di finanziamenti. E’ stato sempre così: basta pensare a come la Marina ha sapientemente sfruttato l’emergenza migranti e l’operazione Mare Nostrum per ottenere più facilmente miliardi di finanziamenti per il rinnovo della flotta navale”. Non solo, secondo altri esponenti dell’opposizione, come Giulio Marcon (Sel), il momento in cui arriva questa notizia non è una coincidenza. Persino fonti del Pd sentite da ilfattoquotidiano.itritengono che nella tempistica di questo annuncio “ci sia una buona dose di marketing” legata al dibattito sul budget della Difesa.

Sui progetti interventisti della Pinotti si saprà forse qualcosa di più stasera, quando la ministra andrà in Parlamento per riferire sullo stato delle missioni militari italiane all’estero – da rifinanziare con centinaia di milioni di euro per l’ultimo trimestre dell’anno. Dopodiché, se la Difesa formalizzerà la sua decisione, sarà necessario un voto parlamentare per autorizzare i bombardamenti, che trasformano in missione di guerra quella che nell’estate 2014 il Parlamento autorizzò solo come invio di aiuti e armi ai combattentiPeshmerga curdi. Da allora, pur senza ulteriori passaggi parlamentari, la missione “Prima Parthica” ha subito una costante escalation con l’invio in Iraq, oltre ai quattro Tornado, di due droniPredator, un aerocisterna KC-767 e 530 uomini tra avieri, addestratori e consiglieri militari.

(fonte: Il fatto Quotidiano) 

 

 

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