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Le missioni internazionali dell'Onu non si possono equiparare a "campagne di guerra" per calcolare le pensioni di chi vi ha partecipato. Sulla base di questo principio, che discende da una sentenza dell'11 novembre 2016 della Corte Costituzionale, la Corte dei Conti del Piemonte ha respinto i ricorsi presentati da due militari in servizio nel 34/o gruppo Squadroni di Venaria (Torino) dell'Aviazione dell'esercito.
Il primo aveva prestato servizio fra il 1997 e il 2009 a quattro missioni in Bosnia, il secondo fra il 2006 e il 2009 a tre missioni in Libano. Entrambi chiedevano che venisse applicata una legge del 1962 e un decreto del 1973 (con i relativi benefici di "supervalutazione" ai fini previdenziali) per i militari impegnati in "zone di intervento".
La decisione dei giudici torinesi ricalca l'interpretazione della Consulta. "Il legislatore - si legge - ha sempre dimostrato di avere tenuto ben presente la distinzione fra le campagne di guerra e le missioni dell'Onu". Per i secondi, infatti, sono state individuate regole specifiche di trattamento retributivo e pensionistico, differenti da quelle riservate ai "combattenti" veri e propri.
La sentenza fa presente che, in questa materia, "buona parte dei benefici sono stati destinati esclusivamente a soggetti coinvolti nella seconda guerra mondiale", e che "solo alcuni di tali benefici sono stati successivamente estesi ai militari impiegati in missioni Onu". Si tratta di "scelte discrezionali del legislatore", che comunque, di volta in volta, stabiliva il trattamento economico "tenendo conto delle rilevanti specificità e criticità delle singole missioni".