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E’ quasi certa una nuova proroga per i delegati in carica della Rappresentanza Militare.
Ma è il caso di stracciarsi le vesti per sei mesi o un anno in più concesso ai delegati, o se la proroga sia giustificata o meno dalle trattative per i rinnovi contrattuali, per il riordino delle carriere o da chissà cos’altro?
O non abbiamo forse soltanto la conferma dello scarsissimo interesse delle forze politiche nei confronti della riforma dello strumento rappresentativo, di cui si parla ormai stancamente da diverse legislature?
Il problema vero è che, se alla soglia dei 40 anni dal varo della legge 382/78, siamo ancora alla concessione delle proroghe, ciò significa che il traguardo di una democrazia compiuta che riconosca al personale militare il diritto a forme di tutela più adeguate, è un orizzonte ancora lontano dalla visione delle forze Politiche che governano e che ci rappresentano in Parlamento.
Zero progettualità e inesistente spinta democratica, è ciò che resta di quel processo iniziato circa 40 anni fa e mai compiutamente realizzato.
Del resto, lo stanco rituale parlamentare di questi anni, dimostra il “distacco” e l’arretratezza di certe manovre legislative che hanno limitato il dibattito sul diritto di tutela del personale militare a formule assai generiche e fumose, lasciando intatti pregiudizi e conservatorismi. ( Non è da meno il lento procedere dei lavori del Comitato ristretto della Commissione Difesa della Camera e l’inadeguatezza della proposta in discussione).
Nulla si è fatto – concretamente – per far crescere una nuova cultura partecipativa tra il personale, anzi si può dire che la “complicità” di una politica disattenta, ha abbassato una sorta di saracinesca su questo tema, mentre sono in troppi ancora a non considerare – anche tra gli stessi militari - che la possibilità di migliorare la propria condizione lavorativa e di riscattare il proprio ruolo di cittadini, sta anche nella opportunità di costituire un efficace, autonomo e volontario modello di tutela..
L’unica speranza è rappresentata da ciò che si “muove” in Europa, dai cui organismi di giustizia sono giunte pronunce inequivocabili sui diritti associativi per i militari.
Questa Europa così fragile ed esposta a mutamenti politici che ne stanno minando le fondamenta, ma che nel tempo è stata capace di produrre norme significative in tema di difesa dei diritti umani e che ha saputo dotarsi di un Welfare State che garantisce a tutti un'elevata protezione sociale e diritti di cittadinanza.
Non sarà quindi una proroga ad arrestare ciò che si è messo in movimento con vari atti depositati presso gli organi internazionali.
Ciò che preoccupa è che attraverso queste decisioni, si delinea lo stato in cui versa il Parlamento, il grande ammalato delle nostre Istituzioni. Non più “luogo – officina” delle leggi discusse ed approfondite, bensì di leggi per lo più scritte sotto dettatura e con una produzione legislativa sempre più pressata dai decreti urgenti da approvare.
Si ha l’impressione di vivere in un colossale “show delle riforme” che sembrano vere ma sono virtuali.
Come stupirsi se anche nel caso della riforma della rappresentanza Militare, l’unica cosa che si sia materializzata nelle aule parlamentari, sia la proroga del mandato?
Ciò che conta è “tamponare” con la proroga, l’assenza di coraggio politico.(am)